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«MIRROR BALL - Neil Young» la recensione di Rockol

Quando Neil Young fece da padrino al grunge

Le nuove "Official release": il ritorno al rock e la collaborazione con i Pearl Jam degli anni '90

Recensione del 12 nov 2025 a cura di Gianni Sibilla

La recensione

Nei giorni in cui Neil Young compie 80 anni (proprio oggi, per la precisione) arrivano diverse e notevoli uscite discografiche di catalogo. Il 28 novemvre arriva una ristampa espansa di “Tonight’s the Night”, mentre è disponibile il 6° volume delle “Official Release Series Discs”, che copre 4 album dei primi anni ’90, ripubblicati in vinile e CD e riuniti in un box.

Quello tra il 1992 e il 1995 fu un periodo cruciale per Young, in cui si riprese il centro della scena: prima con il ritorno alle sonorità acustiche di “Harvest Moon” (una  sequel di "Harvest", il suo album forse più famoso e amato) e l’inevitabile “Unplugged” per MTV, in quei tempi quasi un passaggio obbligato dopo che quello di Eric Clapton arrivò a vendere decine di milioni di copie. Poi Young torna al suono elettrico  con “Sleeps With Angels” e “Mirror Ball”, di fatto reclamando il titolo che gli era stato assegnato, quello di “Godfather of Grunge”.

Il contesto storico di quegli anni era quello del ritorno del rock al successo di massa, trainato dalla scena di Seattle - che vedeva in Neil Young, nella sua libertà e nel suo suono rock grezzo (e anche nella sua estetica: ricordate le camicie di flanella?)- un modello di riferimento. Young è in studio per incidere un album quando arriva la notizia del suicidio di Kurt Cobain, che lo cita nelle sue ultime parole (“it's better to burn out than to fade away”).  Il disco di Young diventa “Sleeps With Angels”, con una dedica esplicita. Tutto questo portò a un album ancora più particolare, che uscì l’anno dopo, quando i Pearl Jam, allora una delle band più popolari al mondo, entrano in studio con lui per registrare “Mirror Ball”, pubblicato nell’estate del ’95. Nascono i "Neil Jam”, comme vennero soprannominati dai fan, che vanno in tour per una decina di date in estate. Eddie Vedder, rockstar riluttante, sceglie di restare in disparte, comparendo occasionalmente ai cori e co-firmando una canzone. Così "Mirror ball" è un disco di Young a tutti gli effetti, ma dalle stesse sessioni uscirà “Merkinball”, l’EP pubblicato dai Pearl Jam con due brani — “I Got ID” e “Long Road”.

Se quelle canzoni dei Pearl Jam sono entrate nel canone del gruppo, “Mirror Ball”, invece, è rimasto soprattutto un documento d’epoca. Riascoltato oggi, suona come un buon disco elettrico di Young, nulla di più e nulla di meno, un suono diretto e grezzo, registrato dal vivo in studio, prodotto da Brendan O’Brien (al tempo, e fino ai primi anni 2000, il produttore rock di riferimento, a cui si affiderà anche Springsteen al suo ritorno in studio con la E Street Band per “The Rising” qualche anno dopo). Un disco costruito su brani come “I’m the Ocean”, “Throw Your Hatred Down”, “Act of Love” (la canzone co-firmata da Vedder): Canzoni solide ma non classici, con l’energia dei Pearl Jam ma la scrittura e la voce inconfondibili di Young. I Pearl Jam finiscono per mimetizzarsi, suonando come una delle incarnazioni delle sue band elettriche.
Purtroppo questo box non contiene altro di nuovo, se non che quattro brani - “I’m the Ocean”, “Throw Your Hatred Down”, “Big Green Country” e “Truth Be Known” - sono stati remixati da John Hanlon e Chris Bellman ai Bernie Grundman Studios. Manca soprattutto uno dei sacri graal dei fan di Young: la registrazione professionale di uno dei concerti del tour con i Pearl Jam — quello sì leggendario. Lo show di Dublino del 26 agosto 1995  venne registrato sia in audio che in video: in passato ne sono stati condivisi degli spezzoni e pare potrebbe vedere la luce nel prossimo box degli Archives, ma in versione parziale e quasi solo con i pezzi di “Mirror Ball”.

Riascoltato oggi, “Mirror Ball” resta il documento di un momento irripetibile: Neil Young seppe riconoscere dove stava andando il rock, rendendo omaggio e suonando accanto a chi lo aveva appena reinventato. Anche senza l’album live ufficiale, la storia resta lì, incisa in un disco che ha il suono ruvido e immediato di un incontro tra maestri e discepoli.

Tracklist

01. Song X (04:40)
02. Act of Love (04:54)
03. I'm the Ocean (07:05)
04. Big Green Country (05:08)
05. Truth Be Known (04:39)
06. Downtown (05:10)
08. Peace and Love (07:02)
10. Scenery (08:50)
11. Fallen Angel (01:15)
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