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«WILD GOD - Nick Cave» la recensione di Rockol

"Wild god", Nick Cave come non lo ascoltiamo da tempo

Iintenso, arioso, aperto, grazie al suono dei Bad Seeds

Recensione del 30 ago 2024 a cura di Gianni Sibilla

Voto 8/10

La recensione

Forse Dio manda le sue canzoni a Chris Martin, di certo non a me: così scherzava recentemente Nick Cave nei suoi Red Hand Files, in risposta ad una lettrice che gli chiedeva se le canzoni arrivano da Dio. Il suo amico cantante dei Coldplay si rivolge al cosmo, quando ha bisogno di una canzone, lui no. Non è Dio che parla con Nick Cave, è Nick Cave che parla con Dio nelle sua canzoni, ma in maniera molto terrena, affrontando la condizione umana. 

Il God che dà il titolo al nuovo album di Nick Cave è selvaggio, non benevolo o inflessibile come viene spesso rappresentato nella scritture di diverse religioni. E selvaggio è anche il fantasma di "Joy", un wild ghost che consiglia al protagonista della canzone di lasciar andare il passato, “Said, we’ve all had too much sorrow, now is the time for joy”, canta in “Joy”. È la frase centrale di “Wild god”,  l'album che segna il ritorno dei Bad Seeds. Che non sono mai andati via in questi anni, ma in studio quasi non si sentivano più: le recenti produzioni di Cave erano minimaliste, essenzialmente in duo con Warren Ellis. Ma “Wild god” è sia il disco del ritorno alla gioia sia il ritorno al suono dei Bad Seeds. Un ritorno diverso: molto piano, musica corale, ma con le chitarre, quasi del tutto assenti. Missione riuscita: è Nick Cave come non lo ascoltiamo da tempo: intenso, arioso, aperto.

I Bad Seeds in ombra (in studio)

Se dal vivo i Bad Seeds erano intensi e trascinanti come sempre, “Wild God” riporta la band di Cave fuori dall'ombra anche in studio: per esempio, sentendo il piano e le aperture di brani come “Final rescue attempt” non può tornare in mente “Let love in”. Ma è un Cave molto diverso, più maturo, che non parla più del lato oscuro dell'amore.

Oggi è piùttosto “Amazed of love and amazed of pain, Amazed to be back in the water again”, come le rane di “Frogs”: un riferimento fa venire in mente i pesci di David Foster Wallace che invece non sanno cos’è l’ambiente in cui vivono in “Questa è l’acqua”. Un Cave "Touched by the spirit and touched by the flame”, come ripete nel finale corale e travolgente di “Conversion”. La conversione è, secondo Cave, il tema centrale dell’album: non in senso strettamente religioso quanto la trasformazione, l’elevazione, la trascendenza. 

La gioia nel dolore: un grande ritorno

La prova di questa gioia, dello stupore che si prova di fronte alla vita anche nelle sue manifestazioni più dure è in “O Wow O Wow (How Wonderful She Is)”, commovente dedica ad Anita Lane, la bad girl dei tempi dei primi Bad Seeds, da poco scomparsa - uno dei tanti lutti di Cave. Una dedica tenera, tutt’altro che dolorosa, che si apre dichiarando che "She rises in advance of her panties/I can confirm that God actually exists” e si chiude con un messaggio vocale della stessa Lane in cui si ricorda il divertimento dello stare assieme.

Un grande ritorno per un artista e una band che non sono mai andati via, ma che ci riportano alla dimensione che richiediamo alla grande musica: di aiutarci a dare un senso alle cose, di trasformarci anche solo per poche decine di minuti, con parole e suoni che ti porti dietro anche dopo.

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