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«ALTRO CHE NUOVO NUOVO - CCCP Fedeli alla linea» la recensione di Rockol

CCCP: fedeli alla linea e alla storia

Nel recuperato live dell’83 la band, agli inizi della carriera, è già in grado di mostrare il meglio

Recensione del 23 feb 2024 a cura di Luca Trambusti

Voto 8/10

La recensione

Un documento storico? Un piacevole riascolto? Una scoperta? Una fotografia di un tempo, di un’idea di una cultura che non c’è più? L’uscita di un vecchio live dei CCCP risponde sì a tutte queste domande.  “Altro che nuovo nuovo”, oltre che una frase del testo della canzone “CCCP”, è il titolo del disco che i CCCP Fedeli alla linea pubblicano recuperando dei vecchi nastri casualmente ritrovati. Quelle registrazioni documentano il concerto che la “giovane” band ha tenuto alla palestra del circolo ARCI Galileo Galilei di Reggio Emilia il 3 giugno 1983, il primo nella loro città (il terzo in assoluto come band).

Scrivono i CCCP – Fedeli alla Linea.

Nastro AMPEX Grand Master 3600 professional recording tape. Una scatola di cartone dai colori ora sbiaditi, al suo interno contenuto in una flangia d’epoca un nastro da ¼ di pollice. Porta una data, 3 giugno 1983, un luogo, Reggio Emilia, palestra circolo Galileo, primo concerto reggiano di CCCP – Fedeli alla Linea. Quarant’anni esatti per palesare la sua presenza all’interno dell’archivio di CCCP, riaperto e scandagliato per l’allestimento della mostra Felicitazioni!. Nessuna speranza di vita per quelle registrazioni, 40 anni sono un tempo troppo lungo per un nastro magnetico. Un primo passaggio in uno studio specializzato conferma la diagnosi: il nastro è da buttare. Pazienza. Siamo arrivati tardi. Ci viene consigliato un secondo studio, più che altro per scaramanzia e – impossibile, quasi romanzesco – il concerto ne esce intatto, fresco, potente. Tutti i grandi classici di quell’epoca e – ancora più sorprendente – addirittura brani inediti e perduti. Sorprendente anche ritrovare il volantino che annunciava il concerto, ora divenuto copertina dell’album. Sorprendente infine riesumare l’articolo uscito allora su un quotidiano locale. Il titolo della recensione è perfetto: “Concerto Punk. Unica rivolta è la cresta”. Altro che nuovo nuovo.

Il risultato di questo recupero lo si sente già al primo ascolto: ci restituisce un gruppo agli albori della sua carriera, che si presenta sul palco in una formazione differente, irripetibile e che mai tornerà nel futuro della band che negli anni successivi cristallizzerà il proprio nome nella storia del rock italiano in una veste differente. Qui c’è una ruspante band punk, che vede sul palco l’inconfondibile voce di Giovanni Lindo Ferretti, la chitarra grattugiata di Massimo Zamboni a cui si affianca la batteria di Zeo Giudici e il basso di Umberto Negri, elementi questi ultimi che non troveranno futuro nei CCCP, il primo sostituito da una drum machine e il secondo tornato ai suoi studi. Di lì a pochi mesi in formazione entreranno Annarella (sorella di Zeo) e Fatur con il loro contributo teatrale.

Questa formazione mette in campo una scaletta che già potrebbe essere un classico per la formazione, ma le canzoni (allora inedite) sono inevitabilmente espresse con arrangiamenti differenti, unici, mai più ripetuti. A brani come “Live in Punkow”, “Punk Islam”, “Emilia paranoica” inAltro che nuovo nuovo “si affiancano degli inediti: due assoluti (“non ricordavamo nemmeno di averli fatti” dice Zamboni) e uno in una versione “primigenia”. “Oi Oi Oi” e “Onde” sono i primi due mentre “Sexy Soviet” è stato modificato più volte nel corso del tempo, fino a raggiungere una forma definitiva con la pubblicazione nel 1989 come “B.B.B.” nell’album Canzoni Preghiere Danze Del IIº Millennio - Sezione Europa. Nel disco trova spazio la cover di Kebab Träume” del gruppo di Düsseldorf D.A.F., spesso proposta live dai CCCP ma mai “fermata” su un supporto discografico.

Sono molteplici i valori e i piani di lettura di “Altro che nuovo nuovo”. Le registrazioni di quel concerto mostrano una band alle prese con un sanguigno e guizzante punk di chiara matrice italiana, frutto di idee chiare, “sporcato” dal muro di Berlino e poi trascinato nella “rossa” Emilia (come l’inserto di liscio in “Valium, Tavor Serenase”). Nella corretta estetica dei CCCP la musica si fa pulsante, si immerge in atmosfere che ricalcano perfettamente la loro epoca, ne mostrano il limite ma anche la potenzialità e l’originalità in relazione ai tempi.

Riascoltare quel suono, quelle canzoni, rammentare (per chi le ha vissute in diretta) quelle pulsioni, quei sogni, quelle utopie che alimentavano i primi anni ’80 è un tuffo nel passato, un qualcosa che alle giovani generazioni di oggi pare un altro mondo, un concetto arcano e inafferrabile, lontano nel tempo e nella mente. Eppure di quello ci siamo nutriti. E quando i CCCP s’immergono in queste atmosfere ne mostrano oggi i limiti ma allo stesso tempo le allora grandi potenzialità. Quando stanno a lato dell’aspetto più “politico”, dell’iconografia “sovietica” sono un grande documento di quello che è stato un vero fenomeno punk, con le chitarre acide, aspre e ruvide di Zamboni, la voce salmodiante di Ferretti, che si ferma un passo prima di entrare nell’hardcore e una pesante base ritmica.  Questi ultimi sono i CCCP ancora figli del loro tempo ma capaci di guardare oltre, di trattare temi che hanno ancora oggi una loro “presenza” e valenza e che magari vengono espressi in maniera differente.

Ma i CCCP non sono solo una di queste due cose, sono la somma e l’espressione di entrambe, quindi “il pacchetto” è da prendere nel suo intero. La parte “geopolitica” è inscindibile dall’aspetto sociale e/o sociologico. Lo era agli albori, lo è stato per tutto il loro percorso.

Ascoltare il live di Reggio Emilia del 1983, con quelle canzoni suonate in quel modo, è dunque entrare nel mondo della band emiliana dalla porta principale e da lì, un po’ come nella mostra che racconta ai loro 40 anni, ripercorrere la storia di questo formidabile quartetto. Ci si può avvicinare con l’idea del ricordo (sia politica che storica), con stupore, con interesse sociologico o musicologico o con la curiosità della scoperta. In ogni caso quello che si troverà è una band seminale, con un linguaggio diretto, perfettamente incarnato nei suoi tempi ma, in questo caso, privo di nostalgia, sentimento che non fa parte del mondo punk e tanto meno di quello dei 4 artisti che riportano alla luce e riprendono quel percorso che adesso riparte, seppure in un contesto completamente diverso.

“Guardo a quel passato non con condiscendenza ma con molto rispetto.” Massimo Zamboni

Tracklist

01. Live In Pankow - Live (03:02)
02. Punk Islam - Live (03:18)
03. Sexy Soviet - Live (02:36)
04. Militanz - Live (02:14)
05. Onde - Live (04:39)
06. Stati Di Agitazione - Live (02:12)
07. Trafitto - Live (03:02)
08. Kebab Träume - Live (02:21)
09. Manifesto - Live (05:06)
10. Valium Tavor Serenase - Live (01:27)
11. Tu Menti - Live (02:04)
12. Mi Ami? - Live (02:40)
13. Morire - Live (03:55)
14. CCCP - Live (02:32)
15. Noia - Live (04:24)
16. Sono Come Tu Mi Vuoi - Live (03:21)
17. Emilia Paranoica - Live (05:24)
18. Oi Oi Oi - Live (03:13)

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