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«C'MON YOU KNOW - Liam Gallagher» la recensione di Rockol

Liam Gallagher fa pace con il mondo (ma non rinuncia al rock)

"C'mon you know" è il disco della svolta zen? No, ma quasi. L'ex Oasis canta la sua maturità.

Recensione del 27 mag 2022 a cura di Mattia Marzi

Voto 7.5/10

La recensione

“I’ll admit that I was angry for too long”, “Ammetto che sono stato arrabbiato per troppo tempo”: è ad un coro di voci bianche, all’inizio di “More power”, il brano stile “You can’t always get what you want” dei Rolling Stones che apre il suo nuovo disco, che Liam Gallagher affida il racconto del suo riscatto personale, se così vogliamo chiamarlo. Svolta zen, per l’ex cantante degli Oasis? Certo che no: basta ascoltare uno dopo l’altro gli altri pezzi che compongono la “C’mon you know”, terzo album da solista del più piccolo dei fratelli Gallagher dopo l’esperienza post-Oasis dei Beady Eye. Liam non rinuncia alla sua rock attitude, alla sua personalità tagliente, ma è come se, in questa fase della sua vita (alle porte dei cinquant’anni – li compirà a settembre), volesse fare pace con il mondo: “So let’s start living, be thankful and give in / we’re only here for a short while”, canta nella title track.

È un’ode alla vita, questo “C’mon you know”, che arriva a tre anni dal precedente “Why me? Why not” ed è attesissimo dai vecchi fan degli Oasis e da quelli di Liam Gallagher, che lo ha annunciato addirittura lo scorso ottobre, svelandone subito anche la copertina (bellissima: è una foto scattata sotto il palco di uno dei suoi concerti, con Liam che si confonde tra i ragazzi del pubblico). Il rocker britannico archivia rabbia e frustrazione e racconta la sua maturità, aiutato nella composizione dei brani da autori e produttori come Andrew Wyatt, l’ex leader dei Cherry Ghost Simon Aldred, Ezra Koenig dei Vampire Weekend, Anthony Rossomando e addirittura la svedese Tove Lo, già al fianco di popstar come Ellie Goulding, Katy Perry e Demi Lovato (co-firma “Better days”). L’ispirazione comincia a mancare? Forse. Ma c’è da dire che Liam Gallagher non è mai stato un vero e proprio autore di canzoni (le hit degli Oasis, come noto, portano tutte la firma di Noel), e qui si affida ad alcune delle firme più interessanti della scena rock contemporanea.

La squadra che lo ha affiancato in studio di registrazione è la stessa di “As you were” e “Why me? Why not”: oltre allo stesso Wyatt ne fa parte anche Greg Kurstin, già collaboratore di Adele, Paul McCartney e Foo Fighters (a proposito, in “Everything’s electric” c’è lo zampino di Dave Grohl, che suona naturalmente anche la batteria). Aveva anticipato che sarebbe stato un album più sperimentale rispetto ai due precedenti e l’ascolto lo conferma: è una raccolta di pezzi rock miscelati con altri generi musicali, dal blues all’elettronica (in “I’m free” ad un certo punto compare pure una cassa in quattro), e una manciata di ballate. Non mancano riferimenti ai suoi miti di sempre. “Oh sweet children” strizza l’occhio al John Lennon del periodo “Mind games”. “Better days” cita esplicitamente “Tomorrow never knows” dei Beatles, che tornano anche in “World’s in need” (con un mezzo riferimento a “Within you without you”).

E se dev’essere davvero un album per fare pace con il mondo, allora non può mancare un riferimento al fratello-coltello Noel. Liam lo cita – senza chiamarlo per nome – nell’ultima canzone del disco, “Wave”: “My brother don’t like me, he’s said it before”. Della serie: ce ne faremo una ragione.

Tracklist

01. More Power (04:23)
02. Diamond In The Dark (03:24)
03. Don’t Go Halfway (03:21)
04. C’mon You Know (05:07)
05. Too Good For Giving Up (04:03)
06. It Was Not Meant To Be (03:35)
07. Everything's Electric (03:36)
08. World’s In Need (03:36)
09. Moscow Rules (03:35)
10. I’m Free (03:00)
11. Better Days (04:19)
12. Oh Sweet Children (03:14)
13. The Joker (03:27)
14. Wave (03:16)
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