La nomea di band "maledetta" che li accompagna da sempre rischia di diventare un fardello troppo pesante per i Babyshambles, che da fenomeno musical-mediatico si stanno preparando ad immettere sul mercato il secondo album, "Shotter's nation" (vedi News), registrato sotto la supervisione del severo Stephen Street, già alla corte di Smiths e Blur. Per rompere il ghiaccio domandiamo a Mick, il chitarrista, se non malsopporti tutta questa attenzione - in Gran Bretagna addirittura morbosa - perennemente rivolta al carismatico (e tribolato) leader Pete Doherty: "No, davvero. Anzi, è quasi una fortuna per noi, perché ci permette di vivere più tranquillamente la nostra vita. Nel gruppo le cose vanno molto bene, noi andiamo d'accordo, quindi non ci sono problemi di gelosia dovuti alla maggiore o minore esposizione degli elementi della band. Certo che se ce ne fossero...". Fila tutto liscio, invece, in un quella che si candida ad essere la formazione più chiacchierata di questi anni. "Anche Pete", precisa lo stesso Mick, "è più concentrato che mai. Vuole rimanere pulito, perché sente di avere molte cose da fare. Ha voglia di suonare, di fare sentire il nuovo disco. Quando hai questo tipo di urgenze autodistruggerti non serve". Infondate, quindi, le voci riportate dai tabloid che vogliono il gruppo felice di vedere il proprio leader in clinica, per avere più tempo per divertirsi? "Sì, sono tutte balle. Alla band ci teniamo. E, cosa ancora più importante, Pete è un nostro amico. Quelli dei tabloid credono davvero che possa far piacere vedere un proprio amico stare male da morire?". Ci tengono, i Babyshambles, a farsi sentire. "Shotter's nation", album al quale il gruppo crede molto, è costato lacrime e sangue, in sede di lavorazione. "Lavorare con Stephen è stato fantastico, ha saputo centrare in pieno l'obbiettivo, soprattutto perché è entrato perfettamente in sintonia con noi. Ma le session sono state durissime. Lui è davvero riuscito a imporci una disciplina: si lavorava tutto il giorno, tutti i giorni. Non esistevano weekend, feste, o altre distrazioni. C'era solo il disco. Ma davvero ne è valsa la pena". Anche perché il nuovo nato in casa Babyshambles segna una netta evoluzione, dal puntio di vista musicale, nella carriera del gruppo. "Soprattutto per quanto riguarda le influenze", continua Mick, "Questo disco è davvero speciale. C'è molta più 'America' rispetto ai nostri passati lavori, soprattutto quella degli anni Sessanta. Chi ci conosceva già, rimarrà decisamente stupito". La band battezzerà dal vivo il nuovo album nel corso di un tour invernale che la vedrà protagonista sui palchi più prestigiosi d'oltremanica: avranno in serbo delle sorprese scenografiche, Pete e soci, per quello che si annuncia un vero e proprio "trionfo" live? "Potete scometterci. Abbiamo tantissime idee, tantissimi spunti, sia dal punto scenografico che da quello - per così dire - coreografico. Al momento ci stiamo ancora lavorando, ma vedrete, vi stupiremo". E verrete a stupire anche noi italiani? "Come no? Adoriamo l'Italia, sul serio. E, a parte i soliti complimenti sul cibo e tutto il resto, abbiamo un bellissimo ricordo dell'ultimo tour nel vostro Paese. Al momento stiamo organizzando un calendario, ma - non dubitate - verremo a trovarvi". E, tirando le somme, quali credi siano il punto più alto e quello più basso della carriera dei Babyshambles? "Quello più alto ci piace pensare di non averlo ancora raggiunto. Siamo solo al secondo disco, abbiamo voglia di crescere ancora. Per quanto riguarda invece il più basso, beh, direi l'anno scorso, quando abbiamo avuto i problemi che conoscete tutti. Non è stato affatto facile, eravamo quasi sul punto di mollare il colpo. Poi, invece, ci è tornata la voglia di darci da fare...".
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