Arisa: “Non mi sono arresa. Ho mandato un brano per Sanremo 2026”
A pensarci bene, Arisa somiglia metaforicamente a Craco, la città fantasma della sua Basilicata in cui la cantante ha scelto di girare il videoclip del suo nuovo singolo, “Nuvole”, una ballata elegante e raffinata che inaugura una nuova fase della sua carriera. «Dopo tanti terremoti, frane e smottamenti, quella città è stata abbandonata. Ma prima era un paesino pieno di vita e ricco di tradizioni. L’amore è un po’ così. Quando arriva, crea nel tuo cuore un castello fatto di fiori e promesse. Quando finisce, rimane però il vuoto», dice lei. Tra le voci in assoluto più belle e preziose della musica italiana degli ultimi vent’anni, Rosalba Pippa - questo il suo vero nome - da tempo non splende come meriterebbe. Era il 2014, più di dieci anni fa, quando vinse il Festival di Sanremo con “Controvento”. Sembrava una consacrazione. Invece in questi anni la strada di Arisa ha continuato ad essere in salita, tra dischi andati così e così (“Guardando il cielo” del 2016, “Una nuova Rosalba in città” del 2019 e “Ero romantica” del 2021), continui cambi di rotta e anche di entourage e case discografiche. Al Festival di Sanremo manca dal 2021. È lì che ora sogna di battezzare il suo nuovo progetto discografico, con un brano che ha mandato a Carlo Conti: «Cosa mi è mancato in questi anni? Ma che ne so. Non mi colpevolizzo così. Ho mandato tante canzoni sperando che potessero essere accolte (tra queste anche “La vita splendida”, scritta da Brunori Sas, scartata da Amadeus e poi incisa da Tiziano Ferro nel 2022, ndr). Probabilmente non erano all’altezza del cast di quegli anni. Non sento che ci siano state delle ingiustizie».
Però fosti proprio tu nel 2016 a sfogarti sui social, puntando il dito contro presunte ingiustizie del sistema: “Non mi faranno fare la fine di Mia Martini”. Cosa pensava Arisa in quel momento?
«Ero arrabbiata. E più giovane. Mi riferivo all’esclusione da alcuni contesti televisivi. Lottavo, sbraitavo. Pensavo non fosse giusto. Oggi ho capito che bisogna essere grati per quello che si ha, senza pretendere chissà cosa. Non sono una persona arresa, ma una persona concreta che si ritiene grata per tutto quello che le accade nella vita. La possibilità di cantare, di far uscire dei pezzi miei è una bella cosa e mi fa sentire un po’ più adulta che in passato».
È un grande insegnamento, oggi che la musica è tutta una corsa al disco di platino, all’ostentazione dei traguardi, agli stadi.
«Io non ho mai cantato per diventare famosa o per avere successo. Andai a fare SanremoLab per far sì che il mio fidanzato dell’epoca potesse trovare la sua strada come cantautore. Io canto per affetto del mio pubblico e scrivo canzoni perché penso che a volte ci sia bisogno di una direzione. E presuntuosamente faccio il mio per indicare una strada, proprio come la musica ha fatto con me tanti anni fa. Mia mamma mi dice sempre: “Ricordati da dove vieni”. Io non dimentico le radici. Ero persa in un paesino della Basilicata, mi facevo delle domande e non c’erano tante risposte: l’unica cosa alla quale potevo rivolgermi era la musica. Soprattutto quella italiana, quella che potevo capire. Mi ha insegnato tantissimo. Mi ha formata. Quando scrivo una canzone penso sempre: “A chi potrà servire? A chi dovrà arrivare?”».
Che fase della carriera è questa per te?
«Bella. Sto lavorando al nuovo disco già da un po’. Ho iniziato a scriverlo cinque anni fa. Il singolo è prodotto dai Mamakass (Fabio Dalè e Carlo Frigerio, già al fianco dei Coma Cose, ndr). Hanno una grande sensibilità. Dal materiale che gli ho portato sono riusciti a tirare fuori il meglio. “Nuvole”, per dire, nasce sul suono di un carillon. L’ho scritta immaginandomi una ballerina che roteava e cadeva, roteava e cadeva. È una canzone dolce che attraversa i momenti della storia di una donna in cammino verso la libertà».
Arisa la sua libertà l’ha raggiunta?
«Sì. E ho lavorato tanto, per costruire quella libertà. Lavoro da che avevo 13 anni. Ho fatto di tutto nella vita. Canto da quando ero piccolissima».
“E adesso non so più chi sono”, canti in “Nuvole”. Quanto è autobiografica, questa storia?
«Lo è stata. A volte mi sento delusa da me stessa. Penso che accada a tutti. La cosa importante è non arrendersi al rifiuto, neanche quando arriva da noi stessi. Non bisogna fermarsi mai, ripartire dalle ceneri, alzarsi ogni mattina con un piglio nuovo per coltivare quello che può nutrirci».
Hai dovuto combattere?
«Ho dovuto capire delle cose. La lotta la faccio contro me stessa. Non sono abituata a dare colpe agli altri, in generale. Sono una che cerca di crescere sulla base delle sue esperienze. Credo di essere stata a volte molto ansiosa e di aver fatto scelte artistiche affrettate per paura di non essere più adatta al mondo della musica».
A cosa alludi?
«"Ero romantica", ad esempio. Quell’album era in parte un esperimento. Dopo i 40 anni mi sono fatta un bell’esame di coscienza. “Nuvole” è il mio gesto d’amore per dare voce e forza a tutte le donne che pensano di non farcela e invece poi ce la fanno».
Stavolta Arisa ce la farà?
«Ma che ne so (ride). Non è che ce la devo fare. Grazie a Dio ce l’ho già fatta. Mi cerco anche attraverso le canzoni che scrivo, la vita che scorre. Capisco chi sono. Io voglio solo essere soddisfatta e contenta di quello che faccio. E ora lo sono».