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Alan Parsons Project: Progressive (pop) oltre le ere

Un box set dedicato "I Robot": la storia del progetto di Alan Parsons ed Eric Woolfson
Alan Parsons Project: Progressive (pop) oltre le ere

"Quando il domani arriverà, avrà il suono di quest'album". Così recitava la pubblicità commerciale dell'Arista Records per presentare, nel 1977, l'uscita di "I Robot", il secondo album dell'Alan Parsons Project, nonché il primo a uscire per la stessa label. "I Robot" entrò nella storia della musica rock e pop vendendo milioni di copie, ed è oggi ristampato (dalla prolifica Cooking Vinyl) in formato super deluxe con quattro dischi e un book a colori contenente ricche note scritte che ne raccontano la genesi.

Per chi non lo sapesse, quella dell'Alan Parsons Project è una storia tutta a sé, che poté concretizzarsi grazie a una visione artistica particolareggiata, fatta di artwork eccezionali e di composizioni - sia strumentali sia cantate - di enorme spessore lirico e compositivo. Il contesto attraverso cui il Project poté affermarsi fu quello degli storici Abbey Road Studios di Londra. Fu lì, infatti, che avvenne il fatidico incontro fra le due menti artefici del progetto, Eric Woolfson e Alan Parsons.

Il primo, Woolfson, era pianista e compositore a contratto, già al fianco del noto Andrew Lloyd Webber; il secondo, Parsons, aveva seguito le registrazioni finali dei Beatles (lo si vede, ancora giovanissimo, nel documentario di Peter Jackson del 2021, "Get Back", indicato come tape operator) e, cosa più importante, era stato ingegnere del suono su "The Dark Side Of The Moon". Un coinvolgimento, il suo, che in quest'ultimo caso aveva contribuito a dare alla pietra miliare dei Pink Floyd la solidità uditiva per cui si continuano a spendere - in modo ormai superfluo - oceani di parole. Sua anche l'idea del famoso inizio degli orologi sul brano "Time", incluso in "Dark Side...", ma quando Gilmour e gli altri lo convocarono anche per le registrazioni di "Wish You Were Here", Parsons declinò poiché impegnato, nel frattempo, a dare un senso al suo progetto con Eric Woolfson.
Spartendosi diversi ruoli (Parsons si sarebbe occupato maggiormente della produzione, gestendo con il collega la programmazione dei brani e in prevalenza l'impiego di tastiere e sintetizzatori), il fine unico dei due sarebbe stato quello di comporre e incidere musica ad alta qualità, potendo contare sui servigi di una moltitudine di turnisti professionisti: tra questi l'arrangiatore e compositore Andrew Powell, i cantanti John Miles e Lenny Zakatek, ma anche il chitarrista Ian Bairnson, poi al fianco di Kate Bush insieme al batterista Stuart Elliott e al bassista David Paton (anch'essi al servizio di Parsons e Woolfson).

La direzione musicale dell'Alan Parsons Project

Funzionando come band da studio, escludendo aprioristicamente l'idea di eseguire concerti dal vivo (a causa dell'impossibilità di riprodurre nei live la complessità della loro musica), il Project si configurò come entità dedita alle produzioni di concept album, un "format" già molto popolare negli anni Settanta, in particolar modo presso i gruppi rock della corrente più progressive. Parsons, Woolfson e compagnia turnisti ne produssero ben dieci, di album, nell'arco di un decennio (cioè tra il 1976 e il 1987), finendo nel corso del tempo per superare la cifra di cinquantacinque milioni di album venduti in tutto il mondo. Un risultato strabiliante per un progetto musicale che mai promosse i propri album sfruttando, per l'appunto, il canale concertistico. Diversi scenari lirici espressi nei brani del Project avrebbero trovato un punto focale in Edgar Allan Poe, maestro della letteratura del brivido, in special modo per quanto riguarda il debutto "Tales Of Mistery And Imagination", uscito nel 1976 ed eccezionalmente per la casa filmica 20th Century Fox. Il lavoro, il cui titolo era lo stesso di una raccolta di romanzi di Poe, si presentava come un'opera sin troppo intricata e strutturata per essere solamente un debutto. Secondo Parsons, il disco non godette delle giuste attenzioni sia perché oscurato dal cambio di etichetta, dacché il Project trovò un sicuro rifugio nella Arista, sia perché nel frattempo sarebbe uscito "I Robot" (1977), che fu ispirato non a Poe, bensì all'opera del romanziere sci-fi Isaac Asimov.

Forte di un concept altresì valevole per l'odierna attualità  - lo scontro fra l'intelligenza umana e quella artificiale -, "I Robot" era e resta un capolavoro di melodia e sperimentazione, come dimostra la qualità delle sue dieci tracce - dalla più ritmata e funky "I Wouldn't Want To Be Like You" alle più profonde "Some Other Time", "Breakdown" e "Don't Let It Show" - e non dovrebbe mai mancare nella collezione vinilica di ogni buon intenditore di musica. Parsons fu stupito dal fatto che la stampa lo considerò "prog", poiché per lui il Project afferiva maggiormente a un contesto più prettamente "pop". Non a caso, se oggi esiste un termine che ben descriva la musica del gruppo, quello è "progressive pop". Ma se indiscussa è l'importanza di un "I Robot", gli elementi che resero quel disco fondamentale furono ulteriormente potenziati nel terzo disco del Project, intitolato "Pyramid" e pubblicato un anno più tardi. L'opera rivelò picchi di enormità compositiva - si guardi ancora oggi alla meraviglia, per fare solo un esempio, di "In The Lap Of The Gods", strumentale abbellita dall'uso di un antico strumento chiamato cimbalion -, ma metteva altresì in luce, a completamento dell'opera, l'eterogeneità soft-rock già presente sull'album precedente. "Pyramid" guardava al misticismo dell'egittologia e delle piramidi, e fu un colpo messo a segno anche per il suo artwork curato da Storm Thogerson dello studio Hipgnosis (lo stesso, tanto per restare in tema, dietro al prisma triangolare rifrangente impresso sulla cover di "The Dark Side Of The Moon" - che non fu ideato dai Pink Floyd, come in molti credono erroneamente, bensì da Thogerson).

L'apice commerciale e la fase declinante

Gli anni Settanta per l'Alan Parsons Project si conclusero in forma smagliante, precisamente con "Eve", altra collezione inedita di brani intriganti - seppur meno sperimentali del solito -, il cui focus verteva stavolta sulla forza e sulle caratteristiche comportamentali e mentali delle donne (fra gli ospiti anche la Clare Torry artefice del vocalizzo improvvisato sulla floydiana "The Great Gig In The Sky"). Nel 1980, invece, il Project si concentrò sul problema del gioco d'azzardo con un altro capolavoro, "The Turn Of A Friendly Card", che avrebbe brillato particolarmente per alcuni suoi capitoli sonori quali il famoso singolo "Games People Play", la struggente ballata "Time" e l'altera suite-capolavoro omonima all'album e divisa in più parti. Commercialmente parlando, L'APP toccò la vetta realizzando nel 1982 "Eye In The Sky", rasentando livelli di pienezza non dissimili da quelli di "I Robot" o di "Pyramid". La sua potente introduzione, "Sirius", traccia fra le più abusate nei contesti sportivo e televisivo internazionali (anche l'italico Tg2 d'epoca la sfruttò come sigla della rubrica "Spazio Sette"), confluiva nelle ricche trame emotive del brano eponimo e di "Silence And I" e "Children Of The Moon", mentre "Psychobabble" e "You're Gonna Get Your Fingers Burned" evidenziavano il lato più canonico del rock FM anni Ottanta.
La capacità del Project di trasmettere un sicuro senso di equilibrio nella scrittura del materiale, sempre sorretta da una certa qual propensione progressiva negli arrangiamenti, continuò ad ammaliare i suoi fan, ma dopo "Eye In The Sky" qualcosa mutò. La propensione troppo accentuata all'orecchiabilità da parte di Parsons e Woolfson, infatti, finì per penalizzare in qualche modo la parte conclusiva della loro storia musicale. Nel 1984, la preoccupazione verso i temi dello sfruttamento ambientale fece da perno al racconto sonoro di "Ammonia Avenue", lavoro smaliziato ma nondimeno carente di quella tempra che aveva animato il Project in precedenza (il singolo strappalacrime "Don't Answer Me" arrivava addirittura a richiamare sonorità vintage alla Phil Spector), un discorso applicabile anche rispetto agli album finali, "Vulture Culture", "Stereotomy" (entrambi del 1985) e "Gaudi" (del 1987), che nondimeno continuarono a esplorare la tradizione del concept album. Il primo criticando la "cultura dell'avvoltoio" dell'era moderna; il secondo chiamando in causa la "stereotomia" indicata da Poe nei "Delitti della Rue Morgue" (testo omaggiato in precedenza dagli Iron Maiden nell'album "Killers"), mentre il terzo celebrava la figura del grande architetto catalano Antoni Gaudí.

L'eredità di Parsons e Woolfson, oggi

Il Project terminò ufficialmente nel 1990, dopo che un ipotetico undicesimo album, l'interessante "Freudiana" (in tributo alla figura di Sigmund Freud), finì col tramutarsi in un lavoro solista di Eric Woolfson (costui sarebbe poi deceduto nel dicembre 2009 per cause tumorali). Oggi il Project continua a fare proseliti e a essere apprezzato da coloro che sono soliti spendere molto tempo sulle reti sociali, dove le pagine inerenti al Project sono parecchio gettonate. Se intervistato al riguardo, Alan Parsons si esprime ancora con un certo trasporto, oggi, nel rimembrare i suoi trascorsi con Woolfson. Del resto i loro concept album sono come libri che si leggono e rileggono anche a distanza di anni dalla loro originale uscita. Motivo per il quale, fondamentalmente, continuano a essere periodicamente ristampati e rieditati nei formati più impensabili.
 

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