Le canzoni di “Atom Heart Mother”: “Atom Heart Mother” – parte 1

Dopo aver affinato e modellato la suite che occupa la facciata A dell’album, rodata progressivamente dal vivo sin dal 17 gennaio 1970 con il titolo provvisorio “The Amazing Pudding”, i Pink Floyd entrarono in studio a marzo per inciderla su nastro usufruendo del mixer nuovo di zecca EMI TG12345, un apparecchio a otto canali che poteva gestire fino a venti microfoni. Il gruppo calcolò la lunghezza del brano tenendo conto dei limiti consentiti dalla facciata di un vinile.
Lo strumentale che la band presentò per la prima volta a Cottingham il 17 gennaio 1970 durava intorno ai quindici minuti e sembrava adatto ad accogliere un arrangiamento di tipo orchestrale. Agli inizi di marzo i Pink Floyd registrarono la sezione strumentale della suite, a cui venne dato il nome di “Untitled”: le tracce incise riguardavano batteria, basso, organo, pianoforte, chitarra elettrica e relativi assolo. L’introduzione fu realizzata con interventi di gong e piatti, mentre qua e là furono aggiunti i vocalizzi di Gilmour e Wright. Un primo inconveniente si manifestò all’ascolto della sezione ritmica, incisa da Waters e Mason in un unico respiro: l’imprecisione ritmica avrebbe creato non pochi grattacapi al momento di incidere le parti orchestrali.
Eppure la vera problematica, almeno in avvio, si trovava a monte: la band si arrese all’impossibilità di scrivere da sola le partiture per orchestra e valutò l’opportunità di ricorrere a un collaboratore esterno.
Era la prima volta che la band apriva a una collaborazione esterna; a Ron Geesin fu data una copia delle registrazioni effettuate, cioè la base strumentale di “Untitled”: la consegna avvenne dopo la seduta del 6 aprile agli studi di Abbey Road, l’ultima dei Floyd prima della partenza per gli USA. L’apporto di Geesin non fu solo l’orchestrazione del pezzo: l’eclettico musicista era anche una sorta di artigiano del nastro magnetico e i suoi insegnamenti furono fondamentali per il futuro della band.
A conferma della sicurezza acquisita negli studi di registrazione, la band si apprestò a produrre il disco senza l’ausilio di Norman Smith, relegato al ruolo di produttore esecutivo e coinvolto esclusivamente nel reclutamento dei musicisti classici.
Partiti alla volta degli States per un tour di quarantacinque giorni, i Floyd incontrarono vari contrattempi (il più importante, il furto della strumentazione) che li costrinsero a cancellare le date successive agli show di New Orleans e a tornare mestamente a casa in anticipo. Il disappunto per l’inconveniente era mitigato dalla speranza di trovare, al rientro in patria, le partiture per coro e orchestra del nuovo disco già bell’e pronte; le cose però non andarono così.
La febbrile necessità di concludere le operazioni accelerò i contatti e i confronti sul tema orchestrale: il 21 maggio 1970 Gilmour e Wright si recarono negli studi di Geesin per discutere del brano. Nel tentativo di iniziare la band alla musica sinfonica Geesin portò Wright, Mason e Gilmour a vedere il “Parsifal” di Richard Wagner al Covent Garden: l’unico risultato fu quello di vedere tutti ingloriosamente addormentati. Note di colore a parte, Richard Wright fu solerte nell’occuparsi della sezione cori della suite.
Dal 25 maggio Geesin incominciò a concretizzare le idee raccolte fino a quel momento, in vista delle registrazioni in studio dell’orchestra e del coro, previste per il 19 giugno. Si concentrò su alcune melodie che aveva tratto dal pezzo inciso dai Floyd espandendole con interventi personali e trovando nuove soluzioni: ad esempio ipotizzò un coro con parole nonsense, imprimendo alla suite il suo personalissimo stile.
I testi sono tratti dal libro di The Lunatics “Pink Floyd. Il fiume infinito”, pubblicato da Giunti, per gentile concessione degli autori e dell’editore; al libro rimandiamo per la versione integrale dei testi di presentazione delle canzoni di “Atom Heart Mother” e di tutti gli altri album del gruppo.