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Un re sul viale del tramonto: gli inediti dell’ultimo Elvis

Nel cofanetto “Sunset Boulevard” 89 brani incisi tra il ’70 e il ’75, due anni prima della morte.
Un re sul viale del tramonto: gli inediti dell’ultimo Elvis

Nel 1950 il regista statunitense Billy Wilder girò un film sulla storia di una diva del cinema muto in declino, con protagonista l’attrice Gloria Swanson. Lo intitolò “Sunset Boulevard”, in italiano “Viale del tramonto”. Quel titolo, dopo il successo mondiale del film, diventò un’espressione d’uso comune: quando qualcuno si trova in una fase di declino o di decadenza si dice che è, appunto, «sul viale del tramonto». Non è certamente un caso il fatto che gli eredi di Elvis - oggi il patrimonio del re del rock’n’roll è gestito dalla nipote Riley Keough, 36 anni, unica beneficiaria dopo la morte della madre Lisa-Marie nel 2023: si stima che le attività di Presley generino 100 milioni di dollari all’anno - e i discografici di Sony Music abbiano deciso di intitolare proprio così, “Sunset Boulevard”, il nuovo cofanetto del compianto artista. Appena uscito, il mega-box è una raccolta delle sessioni di registrazione e delle prove nei leggendari studi Rca di Los Angeles comprese in un arco temporale che va dal 1970 al 1975, gli anni forse più turbolenti della vita della rockstar, che sarebbe morta due anni dopo: riemersi dagli archivi, le tracce restituiscono quelli che erano gli umori, i malesseri, i tormenti, gli struggimenti del re sul viale del tramonto. Offrendo una prospettiva illuminante sulla produzione discografica di Elvis negli anni ’70.

All'apice della sua carriera, ma a un passo dalla fine

Gli Anni ’70 di Elvis Presley sono spesso sottovalutati. Molti fan e critici tendono a concentrarsi sulla sua carriera degli Anni ’50 e ’60, tralasciando il lavoro e le esibizioni del re negli ultimi anni di vita. In quel periodo Elvis era all’apice della sua carriera come entertainer: girava incessatemente gli Stati Uniti con un ensemble corposo e affiatato di musicisti eccezionali, arrivando a bordo del suo jet privato e incassando un milione di dollari a spettacolo. Eppure Presley si trovava a un punto di non ritorno, deriso dai più critici per aver deciso di condividere i valori dello showbiz di Las Vegas e per aver sfornato album definiti mediocri, pieni di materiale a malapena adatto al suo stellare talento. In quegli anni Elvis si ritrovò sempre più isolato, sia fisicamente (nella sua villa di Gracelanda o nelle suite degli hotel in cui si esibiva), sia emotivamente (nel 1972 si separò da Priscilla Presley, l’amore della sua vita, e l’anno seguente la coppia divorziò: secondo la leggenda, sulle scale del tribunale Elvis le dedicò quella “I will always love you” che aveva ascoltato nell’interpretazione della sua autrice, Dolly Parton, che avrebbe ricoperto d’oro pur di avere il pezzo in cambio). Il re sentiva che il suo tempo era finito, ma voleva arrendersi all’idea di essere “sorpassato”. Fu proprio attraverso la musica che Presley canalizzò la sua sofferenza emotiva e il suo disagio interiore tra il 1970 e il 1975: ballate melodrammatiche e cupe come “Always on my mind”, con testi incentrati sulla solitudine, la disillusione e la perdita, nacquero proprio in quel periodo.

La canzone più emblematica

C’è una canzone, su tutte, che suona particolarmente emblematica, di quel periodo: è “Separate ways”: nacque nel 1972 in un momento estremamente delicato della vita (e dunque della carriera) di Elvis Presley e rifletté in modo diretto e doloroso la fine del suo matrimonio con Priscilla. Il brano fu scritto da Red West, amico di lunga data di Elvis e membro della “Memphis Mafia”, e dal cantautore Richard Mainegra: entrambi conoscevano da vicino la situazione personale di Elvis e West in particolar modo aveva vissuto in prima persona la fine della relazione, a causa degli abusi del re e dei suoi continui tradimenti. «Someday when she’s older / maybe she will understand / why her mom and dad are not together», «Un giorno quando sarà più grande forse capirà perché sua mamma e suo papà non stanno più insieme», cantava Elvis, alludendo alla piccola Lisa Marie, che all’epoca della separazione di Elvis e di Priscilla (oggi ha 80 anni) aveva appena quattro anni. Il brano, che uscì nell’autunno del 1972, non fu un enorme successo commerciale negli Stati Uniti, ma divenne uno dei più significativi del repertorio Anni ’70 del re, che però non lo eseguì mai dal vivo, forse perché troppo privato e personale: la versione presente nel mega-cofanetto “Sunset Boulevard” è una rara versione alternativa in studio registrata alla Rca di Los Angeles nel marzo del 1972.

Le perle del cofanetto

“Sunset Boulevard” esce per Legacy Recordings/Sony Music in 5 cd e in formato digitale, ma c’è anche un’edizione “highlights” in doppio Lp con una selezione di brani dei primi due dischi della raccolta. Il cofanetto include anche rare fotografie d’archivio, nuove note di copertina dello storico musicale Colin Escott e un’introduzione dell’amico di lunga data Jerry Schilling. I nuovi mix, inediti, sono stati curati dal quattro volte vincitore dei Grammy Matt Ross-Spang, che ha rimosso tutti gli overdub offrendo nuove e inedite intuizioni. L’apertura con 17 classici incisi nello Studio C della RCA offre uno sguardo intimo su come la voce magnetica di Elvis interagisse con il materiale dei più grandi cantautori dell’epoca, tra cui “For the good times” di Kris Kristofferson (un lato B del 1972 pubblicato per la prima volta nel 1995), “Where do I go from here” di Paul Williams (da “Elvis” del 1973), “I can help” di Billy Swan (da “Today” del 1975) e “And I love you so” di Don McLean (anch’essa da “Today”). I mix di Ross-Spang rafforzano anche le 17 outtakes in studio che compongono la seconda parte del set. Gli ultimi tre dischi della raccolta offrono invece un prezioso sguardo dietro le quinte sulla residency storica di Elvis a Las Vegas, con prove tenute a Los Angeles nel luglio 1970 e nell’agosto 1974 insieme alla sua iconica TCB Band. In queste sessioni Elvis si dona completamente a ogni verso, con nessun altro ad ascoltare se non la sua band e l’ingegnere in sala di controllo, mostrando appieno il suo amore innato per la performance. La chimica naturale con la TCB Band è palpabile anche grazie alla decisione di registrare per la prima volta con una band da tournée in quel periodo.

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