“Wow”, quanto sono beatlesiani i Verdena

I Beatles hanno suonato in Italia per la prima e unica volta sessant’anni fa, nel 1965, in diverse città. Quello storico passaggio è stato recentemente ricordato e celebrato, e su alcuni siti di appassionati, oltre che sui social, in diversi si sono posti la domanda: ma oggi, nel nostro Paese, qual è la band più beatlesiana d’Italia? Difficile rispondere: i Beatles sono l’alfa di buona parte della musica di oggi, hanno influenzato tutto e tutti, ma c’è una formazione che ai Fab Four, non del tutto coscientemente, ha “dedicato” un doppio album che quando uscì nel 2011 fece sgranare gli occhi ai fan e agli addetti ai lavori. Si tratta di “Wow” dei Verdena, il quinto progetto della band bergamasca composto da ben ventisette tracce.
L'album è stato registrato in un ex pollaio adibito a studio di registrazione, l'HenHouse Studio, diventato un luogo di culto per gli amanti dei Verdena. Il gruppo suonava in questo spazio così particolare già dal 1992, ma solo da “Il suicidio dei samurai” in poi è stato scelto come studio di registrazione per la realizzazione dei dischi. “Wow”, per la sua psichedelia, per l’uso della voce, per le canzoni aperte e sognanti intrise di una semplicità ricercata, è considerato il capitolo più beatlesiano dei due fratelli Luca e Alberto Ferrari insieme a Roberta Sammarelli. Alberto ha sempre spiegato che, avendo ascoltato i Beatles sin da bambino, è normale che nella sua musica ci siano quegli echi, ma che non ha mai deciso a tavolino di dedicare un disco al quartetto di Liverpool. Anche perché è “Wow”, per quanto beatlesiano, con anche altri riferimenti ai Beach Boys e a Lucio Battisti, è sempre un disco dei Verdena. Quindi ammaccato, lucente, anche in bilico tra gloria e disperazione.
“Rossella Roll Over”, che richiama volontariamente nelle prime note a “Ob-La-Di, Ob-La-Da” e che dopo poco si distorce e muta in un pezzo dark, è un esempio di questo mix di mondi. Nel tour di presentazione del progetto, il pezzo “Scegli me” era anticipato al piano da alcune note di “Golden Slumbers”, ma anche in questo caso poi il brano cambiava pelle. Il titolo del pezzo "Lei disse" è una citazione dalla canzone “She Said She Said”, ovviamente sempre dei Beatles, dall'album “Revolver” del 1966. Le parole, per tutto il disco, sono stese sulle melodie e vengono utilizzate come note, non è importante il significato, ma come suonano, esattamente come prevede la scuola Verdena. “Wow”, che alcuni in modo un po’ impavido hanno voluto paragonare al “White album” dei Fab Four, è legato a un certo universo perché in modo indiretto ne riprende alcune schegge, le mastica e le sputa dando vita a un progetto simbolo della band bergamasca. “Razzi arpia inferno e fiamme”, in questo senso, è un manifesto: è un incontro, sotto acido, tra la band italiana e quella inglese. Ai tempi su Rockol gli demmo il massimo dei voti. Ancora oggi non ha perso il suo smalto ed è senz'altro uno dei migliori dischi rock italiani pubblicati negli ultimi quindici anni.