I Kokoroko sono gli Earth, Wind & Fire del loro (nostro) tempo?
I Kokoroko sono gli Earth, Wind & Fire del loro (nostro) tempo? Per qualcuno sarà una provocazione, ma quel qualcuno farebbe bene a mettere da parte i pregiudizi e ad ascoltare la musica dei Kokoroko. Proprio oggi esce il nuovo album della band lanciata nel 2018 dalla Brownswood, l’etichetta di Gilles Peterson, e finita sulla bocca dei critici di tutto il mondo grazie al video di “Abusey junction”, splendido mix tra jazz, afrobeat, soul e ritmi caraibici, registrato proprio nella sede della casa discografica dell’iconico dj e speaker radiofonico considerato una delle personalità più influenti del media village d’oltremanica. Il disco si intitola “Tuff times never last”, arriva a tre anni dal precedente “Could we be more” e conferma ancora una volta il valore il collettivo londinese di fuoriclasse e virtuosi fondato dalla trombettista Sheila Maurice-Grey e dal percussionista Onome Edgeworth: le undici tracce che lo compongono attingono a piene mani dall’r&b britannico degli Anni ’80, al neo-soul, alla disco music, alla bossa nova, al rock e al funk, mettendo insieme la lezione di gruppi come Sly & Robbie, i Loose Ends e gli stessi Earth, Wind & Fire, tra tastiere spaziali, chitarre elettriche ultra funky e basso e batteria a rendere i groove irresistibili.
Del resto, la loro passione per la leggendaria band capitanata da Maurice White, 6 Grammy Awards vinti, i Kokoroko l’hanno esplicitata più volte, con delle incursioni nel repertorio del gruppo di “Fantasy” che hanno lasciato a bocca aperta gli spettatori dei loro concerti: «Siamo musicisti jazz per natura, ma abbiamo cercato di non limitarci a un solo sound. Vogliamo essere il più creativi possibile, senza sentirci limitati», spiega la co-leader Sheila Maurice-Grey. Il disco è stato anticipato dal singolo “Sweetie”, una traccia dominata dai fiati e da ritmi che strizzano l’occhio all’Africa, prima di accogliere atmosfere più elettroniche e acide. Un modo per il collettivo nato come risposta «alla mancanza di rappresentanza della musica tradizionale africana che passa attraverso la lente degli africani cresciuti nel Regno Unito» per arricchire il proprio sound, ma senza snaturarsi: «Ci chiedevamo: “Come suonerebbe la nostra musica tradizionale se provenisse da Londra, dove c'è un enorme punto di fusione di culture? E come suonerebbe se provenisse dalla nostra prospettiva?”».
I brani portano la firma di tutti i componenti del collettivo, di cui oltre a Sheila Maurice-Grey (tromba, voce) e Onome Edgeworth (percussioni) fanno parte Anoushka Nanguy (trombone, voce), Chelsea Carmichael (sax), Tobi Adenaike-Johnson (chitarra), Yohan Kebede (tastiere e sintetizzatori), Duane Atherley (basso) e Ayo Salawu (batteria). “Tuff times never last” sta per “I tempi duri non finiranno mai”, ma nei brani non c’è negatività. Tutt’altro: tra reminescenze, oltre che di Earth, Wind & Fire, ancher di Stevie Wonder e Marvin Gaye, la musica dei Kokoroko è un’esplosione di gioia e positività. I temi spaziano dalla celebrazione dell’unione alla perseveranza: «Molta di quella bellezza nasce dalle sfide e dalle difficoltà. È sembrata una verità naturale che abbiamo scoperto durante la scrittura», dicono.
È nei live che i Kokoroko danno il meglio di sé. Il tour estivo che sta tenendo impegnato il collettivo sui palchi dei festival europei non prevede passaggi in Italia, ma nel Bel paese arriveranno con il tour autunnale: la data del 24 ottobre all’Alcatraz di Milano sarà un appuntamento unico, a tutti gli effetti.