Venerus e Marco Castello: un rifugio dal tormentonificio

C’è una canzone che in queste settimane merita di essere ascoltata. Non la troverete in alta rotazione o nelle playlist che contano sulle piattaforme di streaming. Va cercata, come si cerca uno scrigno su una mappa del tesoro. È uscita senza fare troppo clamore, troppo rumore. Del resto i suoi autori - e interpreti - non sono propriamente due artisti con il phisique du role delle popstar: al campionato del mainstream hanno preferito, per attitudine e vocazione, quello della ricerca musicale e della sperimentazione, conquistando in questi anni, con i rispettivi lavori, il consenso della critica e quello di una nicchia piuttosto ampia di appassionati. Loro sono Venerus e Marco Castello e la canzone in questione è “Felini”, che rappresenta una boccata d’aria fresca in un’estate asfissiante come quella che stiamo vivendo (e mica solo per le temperature): è un rifugio dal tormentonificio, un brano che profuma d’estate e di salsedine.
Tra cantautorato, jazz e bossa nova, Venerus e Marco Castello ti teletrasportano lontano dal logorio della vita moderna, verso una spiaggia che può essere tanto quella di un’isola dei Caraibi e di Rio de Janeiro quanto quella di una località remota del Mediterraneo. “Felini” sfida le logiche dei tormentoni: dura tre minuti e quarantasette secondi ed è un piccolo viaggio multisensoriale che spazia da echi di Lucio Dalla («Dentro questo cubo di cartone io ci sto piuttosto bene / e prendo tutto il mondo con le mani in una palla di cotone») ad altri di Fabio Concato (se c’è un artista che in Italia ha flirtato con successo e credibilità con la bossa nova, è proprio l’autore di “Domenica bestiale”).
Nel brano lo sciabordio delle onde del mare entra nella traccia insieme alle voci degli artisti e agli accordi della chitarra, registrati in presa diretta su una spiaggia di Ortigia: «“Felini" è una canzone che è nata a un passo dal mare, e lì ha voluto restarci. Conosco Marco da qualche anno, attraverso la sua musica, e poi siamo diventati molto amici. Tutto è nato dal riconoscersi, e dal volersi bene. Siamo tornati in Sicilia e Sili ha registrato me e Marco che suonavamo la canzone in riva al mare, in una spiaggia vicino Ortigia. Pietro, seduto dietro di noi, sussurrava col flauto sulle nostre note. Niente di più, niente di meno. La magia di una storia, e dei pochi suoni che le rendevano giustizia», racconta Venerus.
“Felini” è un piccolo incantesimo: la fotografia sonora di un’estate mediterranea, intima e vibrante, che celebra la semplicità e l’autenticità del gesto musicale condiviso. Un brano che racconta la poesia di un momento. Che speriamo possa ripetersi.