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Live Aid : perché è ancora un modello per i grandi eventi

Non solo quelli musicali: 40 anni dopo è un format replicato di continuo
Live Aid : perché è ancora un modello per i grandi eventi

Nel luglio del 1985 il Live Aid segnò un punto di svolta nella storia degli eventi musicali, ma anche dei media in generale. Quarant’anni dopo, questo mega concerto rimane un modello di riferimento per eventi globali di ogni genere. Per capire il perché, dobbiamo tornare a quei numeri impressionanti: 160.000 spettatori dal vivo, due palchi tra Londra e Filadelfia, 75 artisti, 16 ore di diretta televisiva in 150 paesi, con un pubblico globale stimato di 650 milioni di persone su un potenziale di 2 miliardi.

In effetti, il Live Aid fu il più grande evento per i media mai prodotto fino ad allora e, a quasi 40 anni di distanza, rimane uno dei più significativi e influenti mai realizzati, tanto da essere ancora un caso di studio, nonché una sorta di format che vediamo replicato costantemente. Oltre ad avere avuto diversi spin-off: pubblicazioni discografiche e video, il Live 8 del 2005 er cui si riunirono pure i Pink Floyd. L’ultima diramazione è un musical che ha debuttato da poco allo Shaftesbury Theatre di Londra e che vede in questi giorni la pubblicazione di un album con le canzoni cantate dal cast: si intitola “Just for one day”, e non c’è bisogno di spiegare a quale canzone fa riferimento. Il punto è che il “Live Aid” andò ben oltre quell’unico giorno: l’enorme risonanza superò la semplice trasmissione televisiva, creando una vera e propria esperienza globale collettiva, prima, durante e dopo. È il modello dei media event, appunto, pensati come la punta di un iceberg – l’evento in sé – che però prevede una copertura che si allarga nello spazio e nel tempo, diventando argomento di discussione e monopolizzando i nostri discorsi e l’attenzione di tutti i media.

Il Live Aid non fu il primo concerto di beneficenza – la palma storicamente spetta al “Concert for Bangladesh” di George Harrison al Madison Square Garden, del 1971 – ma ne riprese e ne ampliò l’idea di fondo ben oltre ogni immaginazione. Ideato dal musicista Bob Geldof per raccogliere fondi contro la carestia in Africa, dopo il singolo natalizio “Do they know it’s Christmas” di qualche mese prima, il Live Aid superò la semplice beneficenza, diventando un’occasione anche per chi ci partecipava, finendo per influenzare profondamente il modo in cui il mondo della musica e dello spettacolo si rappresentava (e si rappresenta) al pubblico. Artisti come Queen e U2 videro trasformata la loro carriera dopo le esibizioni memorabili su quel palco globale, diventando star internazionali. Non è un caso che il biopic su Freddie Mercury culmini proprio nell’esibizione al Live Aid, ricreata in maniera maniacale. Questa capacità di creare momenti decisivi nelle carriere artistiche sottolinea l’importanza che questi eventi rivestono per la costruzione e affermazione delle star musicali, ancora oggi.

Un altro effetto della popolarità dei media event musicali, innescato proprio dal Live Aid è che, all’opposto, possono avere un effetto negativo sugli artisti: l’assenza dai grandi eventi essere percepita negativamente, facendoli apparire disinteressati o insensibili. Non giriamoci attorno: la beneficenza è spesso occasione di riposizionamento mediatico e di immagine pubblica.

Inutile fare l’elenco di quante volte il Live Aid sia stato usato come modello in questi 40 anni – anche in Italia, più e più volte, anche recentemente. Rimane efficace perché riesce a unire spettacolo, solidarietà e media in un format potente, capace di generare un impatto emotivo e culturale profondo, e di fare bene anche alle carriere degli artisti, che ne traggono beneficio anche più dell’oggetto di beneficenza.

Gli studiosi Katz e Dayan, nel classico “Le grandi cerimonie dei media” (1992), definiscono eventi come il Live Aid proprio “media event”, classificandoli come momenti di “Conquest”, cioè la trasmissione di grandi imprese per l’umanità, che poi si trasformano in “Coronation”, ossia celebrazioni in cui gli artisti e gli organizzatori - pensate all’impatto che ha avuto sulla figura di Bob Geldof - che vengono consacrati come eroi. Questo modello narrativo rende il Live Aid e gli eventi benefici simili una cerimonia potente e duratura, destinata a essere replicata e rivisitata ancora oggi.

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