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Le hit di quell’estate che volevamo potesse non finire mai

C’è stato un tempo in cui anche nella gara dei tormentoni estivi c’era originalità, come nel 2005.

Giochi al Game Boy Advance a Pokémon Rosso Fuoco e ti scambi immagini e video con tuo cugino sul Motorola Razr V3 con il bluetooth. Dai due calci al pallone in cortile e imiti l’iconica esultanza di Vincenzo “l’aeroplanino” Montella o la sviolinata di Alberto Gilardino, tra i bomber della Serie A che si è appena conclusa. Nei salotti tv gli esperti di gossip non fanno che commentare le immagini del matrimonio di Francesco Totti e Ilary Blasi, l’ex letterina diventata, di colpo, la regina di Roma. In radio, intanto, risuona una canzone di Jovanotti dal ritornello martellante, che non puoi evitare di cantare: fa «Tanto, tanto, tanto, tanto, tanto / tanto, tanto, tanto, tanto tanto». È l’estate del 2005. Sei felice. E lo sai.

Quando la corsa al tormentone era al rialzo, non al ribasso

La hit di Lorenzo Cherubini, però, è solo una delle incredibili canzoni che popolano le programmazioni radiofoniche, nell’estate del 2005. Una stagione, per il pop italiano, irripetibile, magica, all’insegna di grandi canzoni destinate tutte a rimanere, a superare la prova del tempo e a diventare dei classici. A riascoltarle a distanza di vent’anni, paragonandole a quelle che oggi occupano i vertici delle classifiche, si viene assaliti da un senso di tristezza e di sconforto. C’è stato un tempo in cui anche nella gara dei tormentoni estivi c’era originalità e in cui la corsa al titolo di hit dell’estate non era al ribasso, ma al rialzo. Un tempo in cui i potenziali tormentoni dell’estate non dovevano necessariamente parlare di cocktail o fugaci incontri in discoteca né tantomeno strizzare l’occhio a ritmi tropicali o esotici. Un tempo in cui le canzoni non erano scritte a otto, dieci, dodici, quattordici o sedici mani, programmate in laboratorio per essere delle hit, e non scimmiottavano ciò che andava per la maggiore oltremanica o oltreoceano: forse è anche per questo che hanno avuto, e continuano ad avere, una loro vita al di là di quella singola stagione.

Pausini in odore di Grammy ed Elisa di ritorno dalla California

Prendete, ad esempio, “Come se non fosse stato mai amore” di Laura Pausini, che di lì a poco con la versione in spagnolo dell’album “Resta in ascolto”, “Escucha”, sarebbe riuscita nell’impresa di vincere un Latin Grammy come “Best Female Pop Vocal Album”, prima di entrare nella leggenda l’anno successivo vincendo ai Grammy americani il premio come “Best Latin Pop Album”: oggi risulta pure difficile pensare a quella canzone come a una hit estiva. E che dire di “Una poesia anche per te” di Elisa? Nella versione originale dell’album “Pearl days”, il quinto della sua carriera, registrato agli Henson Studios di Hollywood, in California, insieme a Glen Ballard, il produttore di Alanis Morissette e di Anastacia, il brano si intitolava “Life goes on” ed era cantato dalla cantautrice friulana in inglese. La versione in italiano fu pensata per la ristampa del disco e Elisa la dedicò al nonno, scomparso poco prima: «Il suo è stato sempre un messaggio di vita e questo volevo rappresentare».

La consacrazione di Cremonini e quella di Nek

Archiviati i Lunapop, Cesare Cremonini si era messo in proprio tre anni prima con il suo primo album da solista, “Bagus” e proprio alle porte dell’estate del 2005 aveva pubblicato “Maggese”: era stato alla romantica “Marmellata #25”, con un omaggio al grande Roberto Baggio, che si era ritirato l’anno prima, che il cantautore bolognese aveva affidato il compito di fare da traino al suo secondo disco, quello della consacrazione. E una consacrazione la raggiungeva anche Nek con “Lascia che io sia”, un bel pezzo rock che montando di settimana in settimana sarebbe riuscito a sbaragliare l’agguerritissima concorrenza e a vincere l’edizione di quell’anno del Festivalbar, condotta da Fabio De Luigi e Vanessa Incontrada.

Il segno di quell'estate magica

Irene Grandi avrebbe sbancato nel campionato dei tormentoni due anni più tardi con quella “Bruci la città” che, chissà perché, fu scartata da Pippo Baudo dal Festival di Sanremo: intanto con “Lasciala andare” lasciava nelle classifiche un segno con la sua personalità e la sua eleganza. A proposito di Sanremo: i Negramaro dimenticavano con “Estate” il non memorabile passaggio in gara a Sanremo, tra i giovani, con quella “Mentre tutto scorre” che dopo essere stata bocciata dalle giurie festivaliere si era presa una rivincita nelle classifiche: il segno di un’estate che avremmo voluto potesse non finire mai.

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