U2 in studio con Brian Eno, "per gettare le basi del nuovo album"

Impegnato nella promozione del suo nuovo documentario "Stories of Surrender”, in uscita il prossimo 30 maggio su Apple TV+, Bono ha rilasciato un'intervista al periodico britannico domenicale "The Observer" facendo sapere che lui e gli U2 si sono recentementi riuniti in studio insieme al collaboratore di lunga data Brian Eno, "per gettare le basi di quello che sarà il loro sedicesimo album".
Nella lunga chiacchierata, il giornalista Sean O'Hagan ha fatto notare al frontman della band irlandese che negli ultimi tempi lui e i suoi compagni "sono stati piuttosto nostalgici", pubblicando - tra le altre cose - nel 2017 la ristampa di "The Joshua Tree" con un concerto al Madison Square Garden dell 1987 e celebrando "Achtung Baby" del 1991 con la lunga residency allo Sphere di Las Vegas lo scorso anno. "Ci siamo dedicati un po’ alla nostalgia", ha quindi spiegato Bono: "Ma direi che bisogna sapere da dove si viene per essere più efficaci nel presente e nel futuro. È così, anche se in modo diverso, con il libro, lo spettacolo teatrale e ora il film. Ho una traccia di tutto questo, ma adesso devo tornare a guardare avanti, verso il futuro: è lì che gli U2 hanno sempre vissuto". Nel corso dell'intervista, il 65enne musicista è giunto così a parlare del nuovo progetto a cui sta lavorando con la band insieme a Brian Eno:
"Siamo impegnati a scrivere un nuovo motivo per esistere come band. Trovo che Brian sia ancora un’ispirazione straordinaria, e sono sicuro che lui mi trovi ancora piuttosto frustrante. Ma so che continuerà a difendere il nostro diritto a essere estatici nella nostra musica".
Alla domanda se "è più difficile farlo man mano che si invecchia", Bono ha quindi risposto: "Non dal punto di vista musicale. Diventa più complicato, soprattutto per gli uomini, gestire l’ego reciproco". Spiegando poi come la scrittura di un'autobiografia, "Surrender" del 2022, e i successivi riadattamenti per il teatro e il cinema, lo abbiano portato a riflettere in modo diverso sul suo ruolo nella band, il frontman degli U2 ha aggiunto: "Di sicuro ha aperto nuove domande. Alla fine, la nostra arte è più interessante di noi stessi, e penso che uno dei torti che ho fatto alla band sia stato quello di distogliere l’attenzione dalla loro grandezza. C’è qualcosa che ci appartiene – un’impronta, un codice genetico – e sento di non averlo onorato abbastanza, che richiede tutta la mia attenzione".