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Joy Division e Cure: la loro storia diventa una graphic novel

Mattia Tassaro e Lorenzo Coltellacci raccontano la musica attraverso i fumetti.
Joy Division e Cure: la loro storia diventa una graphic novel
Credits: È mia la colpa. La vita dei Joy Division - libro di Tassaro e Coltellacci

Sono due casi di divulgazione musicale più unici che rari in Italia ed entrambi portano la firma degli autori e disegnatori Mattia Tassaro e Lorenzo Coltellacci che si stanno sempre di più specializzando nel raccontare le storie di grandi band attraverso le graphic novel, ovvero mondi a fumetti curati in ogni minimo dettaglio, visivo e narrativo. Il primo volume è stato “È mia la colpa – La vita dei Joy Division”, uscito per Feltrinelli Editore, che sull’onda del successo di questo capitolo ha voluto pubblicare, sempre con gli stessi autori, “Morire non importa. The Cure: le radici del mito”, che uscirà il 29 aprile. “Nella storia della musica rock c’è una linea d’ombra. Quella tracciata dai Joy Division nella loro vita così breve, eppure mai finita – ricordano i due autori - Bernard Sumner, Peter Hook, Stephen Morris e Ian Curtis, soprattutto lui, sono stati e sono ancora oggi, sempre di più, per le nuove generazioni ‘poeti maledetti’, che hanno raccontato tormento ed estasi di quella cosa chiamata gioventù, da cui nessuno riesce in fondo mai a uscire. La graphic novel si muove in parallelo sui binari della ricostruzione costruita, attenta e dettagliata, e dell’evocazione, suggestiva e onirica”.

Per affrontare storie così delicate da dove si parte? “Dalla passione – ammette Coltellacci – dopo aver visto il meraviglioso film ‘Control’, da disegnatore di fumetti, mi sono detto: come mai non esiste un fumetto sui Joy Division? Ne sono diventato una sorta di studioso, ho letto libri, approfondito. E, collaborando con Mattia, abbiamo pensato: facciamolo. Il volume sui Cure è arrivato di riflesso, in qualche modo i due immaginari dark dei gruppi hanno dei punti di contatto, e così la casa editrice, dopo un po’, ci ha proposto questa seconda avventura”. Tassaro aggiunge: “Il progetto sui Joy Division non è stato facile perché si toccano corde delicate che hanno, ovviamente, a che fare con il suicidio di Curtis, avvenuto nel maggio del 1980. Di una cosa eravamo subito certi: doveva essere in bianco e nero e in qualche modo richiamare il fumetto occidentale undergorund. Ma, come ha più volte spiegato Mattia, non ci siamo soffermati in modo macabro sulla morte, ma su di lui, i suoi gusti, la sua vita, le sue letture”.

La tavola preferita? “Il momento dell’ipnosi di Curtis, che è storia vera – sottolinea Tassaro – ma la grande forza del volume, che ha fondamenta storiche, è anche quella visivamente di essere ‘dreamy’, sognante, con tante tavole che raccontano la psiche di Ian e quello che cullava dentro”. Non è finita. Tre anni, tra il 1980 e il 1982, per tre dischi: “Seventeen Seconds”, “Faith” e “Pornography”. I Cure nel loro momento più luminoso e, allo stesso tempo, oscuro, quello della trilogia che definisce i contorni della musica dark. Poi la formazione di Robert Smith prenderà altre strade, perdendosi e ritrovandosi. “Ma in quei tre anni, gloriosi e tormentati, i Cure lasciano un segno indelebile nella storia del rock, nella cultura, nell’immaginario collettivo”, dice Lorenzo Coltellacci.

Il secondo volume a fumetti racconta quel periodo attraverso le vicende personali e pubbliche della band, che si intrecciano con quelle di un intero movimento di cui fanno parte anche Joy Division, Siouxsie and the Banshees, Bauhaus, Wire, Generation X e altri. Poi Coltellacci traccia un filo rosso: “A legare questa graphic novel alla prima ci sono anche i demoni, quelli di Ian, ma anche quelli di Robert Smith. Un altro elemento in comune è l’età: stiamo parlando di band che hanno letteralmente fatto la storia giovanissime, a poco più di vent’anni. Nel titolo ‘Morire non importa’ c’è l’idea temeraria di una gioventù che non ha nulla da perdere”. Ma quindi è possibile e funziona raccontare la musica con i fumetti? “All’estero, in Francia e negli Stati Uniti, è una pratica comune – conclude Mattia Tassaro – è interessante perché permette di andare oltre il banale biografismo, il disegno regala la possibilità di creare degli effetti speciali, di raccontare storie in profondità e in modo evocativo. Noi abbiamo sempre rispettato i fatti, ma volevamo aggiungere qualche cosa, un tratto nostro capace di avvicinare anche chi non è prettamente fan di queste incredibili formazioni musicali”.

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