Playboi Carti è tornato: è valsa la pena aspettarlo per 5 anni?

Playboi Carti ha avuto la grandissima capacità, mischiando gli abiti da imprenditore con quelli da artista, di trasformare l’attesa in uno strumento di marketing. Sono passati cinque anni da “Whole Lotta Red”, il suo secondo album, manifesto del suo mix di stili che va dal mumble rap, ovvero un modo di rappare quasi biascicato, alla trap, passando per contaminazioni oscure, elettroniche e storte, con testi nichilisti che non hanno ambizioni liriche, ma sono più al servizio di un sound sporco e martellante. Insomma, un mondo che o lo si ama o lo si odia, e questo suo essere “divisivo”, paradossalmente, come succede per tutti gli artisti rilevanti, ne ha accresciuto la fama.
Tre hit
In questi cinque anni il rapper di Atlanta, che già dall’aspetto sembra il personaggio di un videogioco, ha buttato benzina, creando hype continuo su quelle che avrebbero potuto essere le sue prossime mosse e uscite, dando in pasto al pubblico video, spoiler e snippet di possibili nuove tracce, mai però davvero pubblicate. Nel 2024 è stato uno dei grandi protagonisti della scena urban mondiale inanellando singoli centrali e hit per gli album di alcuni colleghi: “FE!N” con Travis Scott, “Carnival” con Kanye West e “Timeless” con The Weeknd. Un trittico devastante. Per questo motivo intorno a “Music”, il suo nuovo album, si è creata un’attesa spasmodica. Ora che questo terzo capitolo discografico è uscito, smontandolo da pressioni, attese e facili entusiasmi, è lecito porsi una domanda: ne è davvero valsa la pena aspettare Playboi Carti cinque anni? Per un’intera generazione di giovanissimi che lo segue sì, e questo è un dato che non può essere trascurato, ma anzi ne va compreso il perché. Carti è in primis un "fenomeno" musicale. Perché? Per il suo non essere allineato praticamente a nulla.
Confusione creativa
Non ha particolari doti tecniche, il suo (non) modo di rappare può quasi essere considerato un affronto al genere, è un’altalena di stati emotivi di cui spesso non si capisce il significato, cambia voce di continuo, è noto infatti per la sua tecnica della "baby voice", caratterizzata da una voce che sgomma da toni infantili a cadenze frenetiche e roche, la sua musica si fonda su flussi di parole, in alcuni frangenti è mixata male, è graffiata, ripetitiva e disturbante. Quella di Carti è magica confusione creativa più che musica fatta e finita. “Music” è un disco di atmosfere, è più una nube elettrica e fluttuante che qualche cosa di concreto. È musica che si scioglie, che non rimane, utile a creare caos dentro e fuori dall’ascoltatore.
I feat con Lamar
L'album, composto da un totale di trenta tracce, davvero troppe, vanta le collaborazioni di The Weeknd, Travis Scott, Kendrick Lamar, Lil Uzi Vert, Young Thug, Future, Skepta e Ty Dolla Sign. Kendrick, l’uomo e il rapper del momento, appare in tre canzoni: rappa un versetto infuocato in "Good Credit", canta il ritornello in "Backd00r" e aggiunge improvvisazioni "Mojo Jojo". Quando entra, in alcuni passaggi, è una lama e si sente l’abisso tecnico che separa Lamar da Carti. Tutto questo non poteva non far storcere il naso a qualcuno: Kendrick, infatti, non è stato ospite di nessun altro rapper da un anno a questa parte. E lo fa, si chiedono alcuni delatori, nel disco di un artista che è quasi il suo opposto a livello di approccio alla musica? È la magia del rap e delle sue infinite sfumature. Quello che propone Carti ci racconta qualcosa sull'accettazione e la passione da parte di una generazione, giovane, di una musica non convenzionale, che vuole a suo modo rifiutare delle regole, anche quando queste sono quelle del genere che si ama. Ed è questo che a Lamar piace dello strampalato collega che sembra un vampiro.
Il coinvolgimento
"Music" è un disco lungo, faticoso, di cui forse si salvano la metà delle canzoni, ma offre uno spaccato, un viaggio non convenzionale, un uragano. Fa rigirare su se stessi, saltare, è disconnesso dal resto, abrasivo. Ed è significativo che ai giovanissimi tutto ciò interessi, che lo ascoltino, facciano migliaia di reaction, ne dibattano mettendolo in relazione ai dischi precedenti scovando sotto-trame e riferimenti. È questo che rende Carti davvero una star: il coinvolgimento che crea, prima, durante e dopo l’uscita di un progetto. È hype? È moda? È seguire la tendenza? C'è il trucco? Può essere tutto o nulla, ma ora come ora fa sentire vivi.