Rose Villain: "In 'Radio Vega' viaggerò tra le stelle"
                                            A un anno di distanza dal suo esordio con “Click boom!”, Rose Villain è tornata a Sanremo con “Fuorilegge”. "Per me Battisti, musicalmente, è il fuorilegge dei fuorilegge", racconta la cantante che nella serata delle cover ha scelto di presentare “Fiori rosa, fiori di pesco” di Lucio Battisti con Chiello. Ospite della Rockol Lounge, nella sede del Club Tenco, l'artista ha raccontato anche il suo nuovo album “Radio Vega”, in uscita il 14 marzo.
C'è un terzo capitolo che sta per arrivare: l’album “Radio Vega”. Questo nuovo album verso che direzione va?
Il precedente “Radio Gotham” era un po' più sulle ombre, la frustrazione, la fatica. Poi con "Sakura" siamo fioriti nell'artista a cui volevo avvicinarmi. Adesso che la mia musica finalmente è cresciuta, mi sono detta: “Sono parte di un firmamento? Sono tra le stelle?” Ho pensato: “In realtà, no”. A me piace pensare di essere un'esploratrice. Mi piace pensare di essere tra le stelle, come un astronauta, di averle intorno ma continuare comunque a ricercare qualcosa. Non voglio che finisca lì il viaggio. Poi Vega in realtà ha una storia molto triste e malinconica, che appunto è della costellazione della Lira, quella di Euridice-Orfeo, quindi una storia d'amore tragica dove lui passa la sua vita, quando la perde, a cantare canzoni struggenti. Quindi non è così pretenziosa come sembra poi la cosa delle stelle.
Quindi nel disco ci dobbiamo aspettare ballatone struggenti?
Sicuramente le ballatone non mancano mai. Io amo scrivere canzoni tristi. Se ora mi chiedessi se ho cinque minuti per scrivere una canzone triste, ce ne metterei tre. Mi piace attingere da questo mio lato, mi sgorga fuori in maniera artigiana. Il modo in cui io sfogo la mia parte più dolorosa è sempre attraverso la musica. Quindi sicuramente ci sono questi capitoli. Però devo dire che questo disco è molto confident, è molto deciso. Ci sono dei capitoli proprio cazzuti. Sono tornata un po' alle mie origini musicali. Ci sono degli episodi trap. Adesso sono proprio sicura di quello che sono artisticamente e lo faccio senza troppo farmi paranoie sul: “Sembrerà un disco pop, sembrerà un disco urban? Chissenefrega”.
Come “Click boom!”, anche “Fuorilegge” è partita un po' piano, ma ora sta arrivando. 
Sì, come “Click boom!”, anche “Fuorilegge” sembra partire un pochino dopo. Quindi non sono preoccupata che “Fuorilegge” possa non essere capita. Ormai il mio progetto è così, al di là della classifica. Il mio progetto non è incasellabile. La gente accetta che io faccio musica così. Se piace, piace. Se non piace, piacerà comunque (ride, ndr).
È un po’ un marchio di fabbrica di Rose Villain, con una parte cantata e una più aggressiva ed elettronica.
Tutta la mia musica, ma anche la mia vita, è fatta di questi contrasti, di queste sterzate musicali e non. Io ho queste due anime con cui convivo, che sono sia la parte molto sensibile, più ballad, più cantata, che la parte invece più confident, più movimentata, più urban. Io ho bisogno, in primis, di divertirmi quando canto una canzone, quando la performo. Poi a Sanremo sono canzoni che ci porteremo avanti nel tempo, speriamo. Quindi io devo, in primis, divertirmi da morire. Anche personalmente, anche questa cosa Rose e Villain. Scrivendo musica, non riesco a togliere una o l’altra.
Per la serata delle cover hai scelto “Fiori rosa, fiori di pesco” di Lucio Battisti con Chiello. Come mai? C’è un legame con “Fuorilegge”?
Per me Battisti, musicalmente, è il fuorilegge dei fuorilegge. Con quello che ha fatto con la sua musica, per me, ha rotto qualsiasi regola di interpretazione, di musica. Per me lui è come i Beatles. Solo confinato all’Italia. Ha osato con lo storytelling, con tutto. Lui piangeva su alcune tracce. Battisti è proprio l'artista mio preferito di sempre. Sono cresciuta con la sua musica. E sono troppo felice di aver portato Chiello a farlo con me. Perché Chiello è così. Nelle canzoni di Chiello sento la stessa emotività, la stessa fragilità, che per me è una cosa di un raro e di un puro che è di altri tempi proprio.
Quest’anno molti artisti della scena rap o urban hanno omaggiato grandi della canzone italiana. Spesso si crede ci sia rottura tra queste dimensioni.
C'è questo grandissimo misunderstanding che il rap o la musica moderna venga con una grande dose di ignoranza. Ma, per esempio, Guè veramente conosce la musica. Tanti di noi apprezziamo la musica. Se facciamo musica è perché qualcosa ci ha portato a farla. In tanti casi è la musica del passato, il cantautorato italiano. Il rap è un derivato anche di quello. Bisogna smettere di pensare al rap come una cosa da ignoranti. Non lo è. Anzi, il rap è rivoluzione e secondo me tanti cantautori del passato sono stati potenzialmente grandi rapper.
Le videointerviste di Rockol sono realizzate al Club Tenco, in collaborazione con Evolution ed SCF.