Sanremo 2025, Noemi: "Califano è stato un rapper ante litteram"

Ospite della Rockol Lounge, presso la sede del Club Tenco, Noemi racconta il suo ritorno in gara a Sanremo con “Se t’innamori muori”. La chiacchierata, inoltre, offre occasione per farsi raccontare dall'artista la scelta della cover di "Tutto il resto è noia" di Franco Califano con Tony Effe.
Rockol: Come hai scelto di tornare a Sanremo?
Noemi: È nata dalla canzone: “Se t’innamori muori” è una canzone veramente emotiva ed emozionante. È una canzone che è stata scritta su di me, da degli autori incredibili. E il palco del Festival, se le canzoni sono grandi, le esalta. Perché è un racconto che, al di là della musica, al di là delle parole, è un racconto di immagini. E il racconto per immagini ci può dare la possibilità o di essere schiacciati, perché improvvisamente se il pezzo non è abbastanza forte diventiamo piccoli sul palco, o invece di essere esaltati. Io avevo l'impressione che questa canzone potesse essere veramente esaltata dal palco.
Rockol: Hai lavorato su “Se t’innamori muori” con Mahmood, Blanco e Michelangelo
Un trio da brividi: hanno delle personalità molto distinte, anche con un immaginario bello a fuoco e anche con un modo di scrivere bello a fuoco. Però loro, includendomi in questo quartetto, hanno voluto dare voce alla mia personalità e sono partiti dal mio modo di cantare e anche da degli argomenti di cui abbiamo parlato. Questo rende tutto più profondo. Ma anche nel cantare le cose, è un lavoro che fanno solamente gli autori molto bravi. Se devo pensare, nella mia vita ho sempre incontrato persone che mi hanno dato la possibilità di essere un po' questo vestito, che è la canzone, che mi hanno sempre fatto un po' su misura. E il più bravo di tutti penso sia stato Vasco Rossi con Gaetano Curreri: incredibile. Quella canzone, “Vuoto a perdere”, non era una canzone che Vasco aveva nel cassetto, ma è una canzone che piano piano Vasco ha scritto con Gaetano partendo dal modo che io ho di dividere le parole, che a loro era piaciuto tantissimo, e quindi secondo me è un valore giunto a questa cosa qua.
Rockol: Che lavoro fa l'interprete su una canzone scritta da autori così importanti?
Noemi: È un lavoro importante perché una canzone può essere perfetta sulla carta. È come una specie di pupazzo, bellissimo. Nel dare vita a questo personaggio, devi essere credibile, vero, sentire quello che tu dici, fare un lavoro anche sulla melodia cesellata, su quelle che sono anche le cose melodiche che a te danno un certo tipo di sensazione, che poi si trasferisce agli altri. È importante. Chi canta fa un lavoro che rende tutto vivo. Bisogna dare energia e bisogna rendere vivi i testi. Tanti testi sono come dei film, se sono scritti bene. Sono come un susseguirsi anche di immagini. Sono tutte cose che bisogna saperle, secondo me, raccontare.
Rockol: Ci si abitua mai al palco di Sanremo?
Noemi: No, non ci si abitua mai al palco di Sanremo, soprattutto la prima sera. Perché la prima sera dobbiamo cantare una canzone, con la stessa intensità e forza della canzone così come è registrata. Sulle radio o sulle piattaforme uno sente il pezzo così come è, è una registrazione. Doverla rendere dal vivo ti carica di una responsabilità, di una concentrazione, che io la prima sera ho sempre mal di stomaco. Perché uno sente anche la responsabilità di raccontare una storia con grande aderenza e con grande forza, e c'hai solo tre minuti.
Rockol: Ci sono tante ballate, quest'ann: ti sei fatta un'idea sul perché ci sia un questo ritorno di una forma canzone che negli altri anni sembrava un po' messa da parte?
Noemi: Come diceva Giambattista Vico, ci sono forse i ricorsi storici. Dopo tutto il periodo del Covid, secondo me, l'Italia aveva voglia di divertirsi. Chi ascoltava la musica aveva voglia di staccare completamente.
Emozionarsi vuol dire pensare, entrare in contatto con la parte anche più inconscia di sé. Secondo me, per quello che abbiamo passato, molte persone non avevano tanto voglia di fare questa cosa. E posso dirte la verità, anche io personalmente ho provato questa sensazione. Adesso, però, forse le persone si sentono pronte per tornare di nuovo in contatto con le loro emozioni e hanno voglia di guardarsi dentro.
E poi al Festival ci sono dei racconti di realtà molto diverse. C'è molto sentimento, però ci sono molte canzoni che parlano di altre tematiche, come il tema della malattia.
Rockol: A proposito della serata delle cover, sei una degli artisti che ha scelto di duettare con un altro artista in gara. Come è nata la collaborazione con Tony Effe su una canzone gigantesca come “Tutto il resto è noia” di Franco Califano?
Noemi: Il fatto di collaborare con Tony Effe nasce dal fatto che siamo tutte e due super fan di Califano. E ci siamo trovati perché entrambi volevamo fare “Tutto il resto è noia”. E poi mi piace che noi rappresentiamo due modi di fare musica diversi, due linguaggi diversi. Io sono più pop, più blue. Lui invece rappresenta tutto un tipo di musica che è legata all'hip hop culture, il rap, la trap: un tipo di musica che rappresentano un linguaggio a cui ci si deve arrivare capendo il codice.
Delle volte si creano dei mostri che in realtà non sono così mostri come possono sembrare: mi piaceva l’idea che il palco di Sanremo raccontasse questo incontro: io sono sempre per il dialogo, come donna e come musicista.
Poi Califano è la perfetta sintesi fra noi due, perché ha raccontato Roma. Per me, per alcuni versi, è stato anche un rapper ante litteram, perché i suoi sono testi molto aderenti alla realtà che ha sempre raccontato. Roma è una città un po' complessa da vivere perché tutto è complicato, bellissima ma grandissima, trafficatissima. E noi romani siamo abituati ad affrontare queste difficoltà sempre un po' col sorriso, con la battuta. Quindi questa cosa accomuna anche me e Tony.
Le videointerviste di Rockol sono realizzate al Club Tenco, in collaborazione con Evolution ed SCF.