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Lucio Corsi: "Sono a Sanremo senza aver seguito le correnti"

“Volevo essere un duro” segna l'esordio del cantautore a Sanremo, dove duetterà con Topo Gigio.
Lucio Corsi: "Sono a Sanremo senza aver seguito le correnti"

Lucio Corsi partecipa al Festival di Sanremo, per la prima volta, con il brano “Volevo essere un duro”. Nella prima serata è stato tra i più votati dalla sala stampa. "Tanti musicisti che amo sono passati da Sanremo, e sono riusciti a passare a modo loro", racconta il cantautore toscano, ospite della Rockol Lounge, nella sede del Club Tenco. Aggiunge: "Io sto attento a quello che hanno fatto i nomi che io ammiro. Perciò mi sono detto che può esserci un modo per passare a Sanremo ed essere se stessi". Per la serata delle cover e dei duetti, Lucio Corsi ha scelto di presentare “Nel blu, dipinto di blu” di Domenico Modugno con un ospite speciale, Topo Gigio: "Ci tengo a ribadire il fatto che per me è una cosa seria e non è una gag. Si fonda su un concetto inerente proprio alla musica", sottolinea il musicista che a Sanremo suona anche delle chitarre dell'estroso liutaio Wandré.

Perché il festival di Sanremo?
La decisione di provare o no a venire a Sanremo è stata presa per molti anni. Tanti musicisti che io amo ci sono passati, e sono riusciti a passarci nel modo loro. Penso a Ivan Graziani, con “Franca ti amo” e “Maledette malelingue”. Poi Vasco, Dalla, Rino. Io sto attento a quello che hanno fatto i musicisti che io ammiro. Perciò mi sono detto che può esserci un modo per passare a Sanremo ed essere se stessi.

L'importante era arrivarci con una canzone che ti rappresentasse al 100%.
Certo, quello sicuramente. Soprattutto, arrivarci con una canzone non scritta per Sanremo, ma composta per un disco, quindi con l'idea di un album. Quando cerchi di far prendere alle canzoni la forma che vuoi tu, per inserirle dentro un contenitore, spesso si ribellano. E non ce la fai a far loro prendere quella forma. Perciò, era importante che non fosse una canzone scritta per questa occasione.

"Volevo essere un duro” è un abbraccio verso tutte quelle persone che almeno una volta si sono sentite in qualche modo ai margini o non adatte?
Può essere una visione del testo. Parte di esso fa riferimento a questo, al fatto che in questo mondo ci vorrebbe molto più equilibrio rispetto su ciò che in realtà siamo. Noi stiamo su un pianeta tondo, come un pallone: pensa a stare in piedi su un pallone quanto è difficile, io casco. È normale avere questo equilibrio precario sulle cose. La canzone parla anche del fatto che spesso si sogna di essere qualcosa che in realtà non è tanto meglio rispetto a ciò che siamo. Quelli che identifichiamo come duri, inscalfibili, che volano sui problemi con i pattini, in realtà magari mostrano una facciata, e dentro stanno in mezzo al fango come noi.

Si può ancora sorprendere con la musica?
Credo che non si debba guardare ciò che ti circonda e farsi catturare dalle correnti che vanno sempre da una solita parte. Bisogna trovare una strada dentro di sé da seguire, percorrere quella senza tanti compromessi. Se no, non ha senso fare un lavoro che implica una forma di espressione. Ci deve essere libertà per coprire un foglio che parte bianco. In altri modi, penso sia inutile fare questo mestiere.

Per te le canzoni devono farci stare con i piedi per terra, o portarci da altre parti?
Io credo fortemente che le forme di espressione debbano portarci in un'altra realtà. Le canzoni che mi raccontano il mondo per com'è, per come già lo conosco guardandomi intorno, le trovo assolutamente noiose, mi fanno arrabbiare. Quando ascolto musica cerco sempre di essere ingannato da quella musica, di essere trasportato in altri panni, in altre epoche, nel futuro, nel passato, oppure essere condotto da altre parti. Invece, nella vita reale, secondo me, bisogna essere ben saldati a terra, non mi piacciono tanto quelli che svolazzano troppo nella vita vera. Per fortuna ci sono dei modi diversi per farlo.

Hai già frequentato Sanremo per il Premio Tenco. Che ricordi hai legati a quel riconoscimento e al Club Tenco?
È stato un gran piacere passare al Tenco e suonare per la prima volta all'Ariston in quell'occasione. Il Premio Tenco ha una grande importanza e, secondo me, deve portare avanti un discorso preciso. È custode di una storia di cantautorato meravigliosa, che abbiamo avuto, e riesce a farla scoprire il più possibile ai giovani, facendoli appassionare agli strumenti. Gli strumenti sono una cosa che oggi si vede sempre meno, però gli anni dei grandi cantautori sono avvenuti ieri in realtà, non si parla di musica etrusca, si parla di oggi, praticamente. Secondo me il Tenco dovrebbe avere la stessa importanza di Sanremo, a livello di visibilità.

“Volevo essere un duro” è anche il titolo del tuo nuovo album.
Uscirà in primavera, il 21 marzo. È un disco nel quale ho cercato il cambiamento che, secondo me, è la cosa più bella da fare in musica, ma anche in tutte le cose della vita. Rimanendo uguali ci si ristagna in una certa situazione. Però è anche una cosa difficilissima, perciò non è detto che avvenga e non è detto che si verifichi nel modo giusto. Però in questo caso l'ho ricercato soprattutto nelle parole, nei testi. Nei dischi passati ho cercato di andare via con la fantasia, più nel cielo, verso cose oniriche, parlando delle persone attraverso il mare, il vento, la notte, il sogno, il sonno. In questo nuovo disco, invece, ho cercato di parlare delle persone in maniera più diretta. Ci sono proprio storie di personaggi che ho conosciuto, storie della mia infanzia mescolate a quelle dell’infanzia di altre persone. È bello reinventarsi il passato, anche in musica. È un disco che cerca comunque il sogno, però strisciando sui marciapiedi, sotto i tavoli da pranzo, negli armadi.

Per la serata delle cover hai scelto un ospite speciale, che è sia un'icona nazionale che internazionale.
Vado molto fiero del duetto con Topo Gigio. Ci tengo a ribadire il fatto che per me è una cosa seria e non è una gag. Si fonda su un concetto inerente proprio alla musica: Topo Gigio ha esordito con la voce di Modugno, il primo cantautore a vincere il Festival. È come se rincontrasse la sua canzone. Poi è un personaggio della fantasia - come ho detto prima, la musica per me è un'evasione dalla realtà. E Topo Gigio è un personaggio surreale, della fantasia, ma è molto più reale di tante persone che conosco. Poi, non è mai invecchiato. Io questa storia del tempo che passa non la sopporto, non mi piace per niente, non mi va giù. Infatti, voglio cercare di capire da lui come fare a non invecchiare, anche se odio gli eterni giovani. È un gran casino il mondo.

Le interviste di Rockol sono realizzate al Club Tenco, in collaborazione con Evolution ed SCF

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