L’incredibile (e affascinante) storia di Anonimo Italiano
È l’inizio del 1995 quando sulla scena pop italiana compare un misterioso e enigmatico artista. Si fa chiamare Anonimo Italiano, canta indossando una maschera argentata e ha un timbro vocale che ricorda moltissimo quello di Claudio Baglioni. Al cantautore di “Questo piccolo grande amore” sembra ispirarsi - un po’ troppo - anche per lo stile compositivo: la canzone con la quale scala le classifiche e si fa conoscere dal pubblico, “E così addio”, sembra un classico dello stesso Baglioni, un b-side pescato da un “Sabato pomeriggio” o uno “Strada facendo”. Il fenomeno monta subito. Del resto, dietro il personaggio c’è una potenza della discografia italiana come la Bmg Ariola. E poi una cosa del genere, a livello mainstream, in Italia fino a quel momento non si era mai vista (nel 1995 sono ancora lontani i tempi in cui Junior Cally, Myss Keta e Liberato genereranno hype con i rispettivi misteri). Qualcuno ipotizza che dietro la maschera ci sia lo stesso Baglioni: le caratteristiche vocali, con quel timbro sabbiato, sono troppo simili. Qualcuno sostiene che Anonimo Italiano sia una mossa di marketing con la quale il cantautore romano sta preparando il suo ritorno sulle scene a cinque anni di distanza dall’ultimo album “Oltre”. Non è così. E il primo a sottolinearlo è lo stesso Baglioni, che dopo aver ascoltato “E così addio” storce il naso. E chiama i suoi avvocati.
Ai legali il cantautore chiede di diffidare la casa discografica di quell’Anonimo Italiano che se ne va in giro a imitarlo, nascosto dietro la maschera argentata. Baglioni fa notificare alla Bmg Ariola un atto di diffida in 36 punti, in cui in sostanza accusa l'etichetta di concorrenza sleale. Ma la diffida non sortisce alcun effetto. Già, perchè Anonimo Italiano non canta canzoni note di Claudio Baglioni, ma brani inediti, che anche se ricordano lo stile del cantautore non sono tecnicamente dei plagi. La vicenda finisce per dare ancora più risonanza ad Anonimo Italiano.
“E così addio” scala le classifiche e traina un album completo, intitolato semplicemente “Anonimo italiano”, che arriva a vendere 120 mila copie in tempi in cui i dischi si acquistavano davvero, vent’anni prima dello streaming. Dentro ci sono dieci pezzi con titoli che dire baglioniani è dire poco: "In uno scalpicciar di foglie", "Anche questa è vita", "Tienimi con te", "In questo corpo a corpo", "Voglio sparire lontano", "Chissà se mi starai più accanto", "Lascia accesa la radio", "Non è difficile", "Ora che te ne vai". I brani sono accreditati ad autori come Riccardo e Gianni Cundari, Stefano Borgia (non proprio uno sconosciuto: nel 1985 aveva partecipato tra i giovani al Festival di Sanremo con "Se ti senti veramente un amico", nel 1989 era tornato a Sanremo con "Sei tu" e come autore di "Le mamme" di Toto Cutugno, poi Raffaella Carrà lo aveva voluto come ospite nel suo programma su Canale 5 "Il principe azzurro" e nel 1992 con "La terra il mare il cielo" era stato tra i finalisti del "Canzoniere dell'estate" su Rai1) e Mario Zanni Quirini (arrangiatore e produttore già dietro al successo di "Vattene amore" di Amedeo Minghi e Mietta, nel 1990).
Dall’ellepì viene tratto un altro singolo, “Anche questa è vita”, che alimenta il successo di Anonimo Italiano e gli permette di vincere addirittura un Disco di platino, mentre i programmi tv se lo contendono. Rimane iconica, anche a distanza di trent’anni, l’esibizione nello studio di “Non è la Rai”: presentato da Ambra Angiolini, Anonimo Italiano si esibisce dietro a un telo accompagnandosi al pianoforte, mostrando solo la sua ombra.
«La sera andavo a suonare al pub, ma nella vita facevo il grafico pubblicitario e non puntavo davvero sulla musica. Quando cantavo certe canzoni, quasi naturalmente mi avvicinavo alla vocalità di un grande come Claudio Baglioni. Così un giorno andai in studio a registrare due provini. Li portarono al grande Michele Mondella (storico promoter e produttore discografico, scomparso nel 2018, ndr). Mi disse: “Tu sei Anonimo Italiano, come Anonimo Veneziano. Non ti deve vedere nessuno e nessuno deve sapere chi sei. Anzi, io ti proporrei anche una maschera argentata”. Pensai: “Che idea, forte”. Avevo 30 anni, all’epoca. L’idea funzionò e deflagrò ovunque. Ci fu un vero e proprio sdoppiamento della personalità Entravo nei bar, sentivo la mia canzone, chiedevo un caffè e nessuno sapeva che ero quello che cantava alla radio», ha raccontato l’artista, di cui tutti oggi conoscono l’identità, nella clip di presentazione nella prima puntata di “Ora o mai più”, il talent show di Rai1 con protagoniste vecchie glorie della musica italiana in cerca di rilancio.
Quando già nell’estate del 1995 si rincorrono alcune indiscrezioni sulla vera identità di Anonimo Italiano, secondo le quali l’artista sarebbe un tale di nome Roberto Scozzi, romano di Centocelle, con un passato da musicista di pianobar sulle navi da crociera, la Bmg smentisce tutto: «Non sappiamo neppure chi sia questo Scozzi. La notizia è totalmente sbagliata». È un bluff per depistare gli addetti ai lavori. Ma quelle voci finiscono per mettere in crisi Anonimo Italiano, che sa di essere stato smascherato e nell’estate del 1995 si toglie teatralmente la maschera durante una conferenza stampa: «L’idea di utilizzare il personaggio di Anonimo Italiano e di nascondere la mia identità è nata perchè avevo l’esigenza di rimanere dietro le quinte: non voglio essere un divo né inflazionare la mia immagine, anzi il mio desiderio era quello di essere un personaggio discografico. Ho rivelato la mia identità, mi sono fatto fotografare senza maschera ma continuerò la mia carriera come Anonimo Italiano», racconta. «Abbiamo inventato un personaggio nuovo con una operazione di fantasia e non di marketing e non c’è niente di strano nel fatto che un cantante abbia la voce simile ad un altro», spiega, accanto a lui, Michele Mondella, responsabile della promozione della Bmg Ariola.
A distanza di trent’anni, a “Ora o mai più” Scozza ha sottolineato come il gioco, dopo sei mesi di maschere, fosse diventatò «insostenibile». Quella conferenza sancì, di fatto, la fine del fenomeno Anonimo Italiano (e della sua favola), che pur continuando a incidere dischi - nel 1997 uscì “Buona fortuna”, nel 2002 “Dimmi che ami il mondo”, nel 2006 “L’infinito dentro noi”, nel 2013 “Five” e nel 2014 “Diario di un amore” - non riuscì mai a ripetere il successo di “E così addio” e “Anche questa è vita”. Scozza non rinnegò mai quel personaggio «senza identità» che fino a quel momento gli aveva portato fortuna e che probabilmente gliene avrebbe continuato a portare, se non si fosse tolto la maschera, facendo di fatto svanire l’incanto di Anonimo Italiano.