One Direction, più longevi e costanti di gran parte delle boyband

Gli One Direction hanno pubblicato cinque album in carriera, uno all'anno dal 2011 al 2015. Il loro terzo, "Midnight memories", venne pubblicato il 25 novembre 2013. Inutile dire che conquistò le charts in ogni angolo del mondo. Quella che potete leggere nelle righe sottostanti è la recensione che scrisse per noi a quell'epoca Pop Topoi.
Gli One Direction sono già arrivati al terzo album (in 24 mesi), il che li rende più longevi e costanti di gran parte delle boyband. Nel gruppo non sembra esserci aria di scioglimento né tantomeno la preoccupazione che si nasconda un ego solista tra i cinque: il loro successo è solido e globale in modi che in precedenza erano inimmaginabili. Per lanciare questo "Midnight memories", ad esempio, gli 1D hanno fatto una diretta di sette ore ininterrotte visibile da tutto il mondo: YouTube ci metteva lo streaming, Google Hangouts ci metteva le funzionalità interattive e dava ai fan la possibilità di parlare o giocare con la band e i loro ospiti (tra gli altri, il mentore Simon Cowell, Robbie Williams e Cindy Crawford). La maratona sembrava una versione per adolescenti dei recenti YouTube Music Awards: oltre alla straordinaria visibilità e facilità di fruizione di un evento simile, nessun canale televisivo poteva offrire altrettanta libertà o freschezza. Tuttavia, l'atmosfera festosa e rilassata di questo 1D Day Live non si trova nell'album che stavano promuovendo.
La longevità si guadagna con l'evoluzione e gli One Direction hanno scelto di fare le cose in modo graduale. È evidente, in "Midnight memories", la volontà di avvicinarsi a quello che gli americani chiamano Adult contemporary – dove l'enfasi è più su adult che contemporary. Come succedeva nel disco precedente, infatti, i rimandi al passato sono tanti, e quasi ogni brano si presta al giochino delle citazioni. Troviamo un attacco à la Who in "Best song ever" e i Police in "Diana", mentre per le tremende "Little black dress" e "Midnight memories" sono state individuate le influenze di Van Halen e Def Leppard. Il riferimento più moderno (si fa per dire) sono i Lumineers in "Happily" e i Mumford & Sons in "Story of my life", ed è una mossa di posizionamento molto astuta, perché se col primo album gli 1D hanno conquistato le ragazzine e col secondo le loro madri, nel terzo puntano anche a un pubblico maschile. Forse ci riusciranno, perché i brani pseudo-folk sono inaspettatamente anche i più azzeccati.
I testi, come in "Take me home", restano piuttosto innocui e privi di qualsiasi riferimento spazio-temporale (una cosa sbalorditiva, per un gruppo che vive di hashtag), ma funzionano meglio che nel precedente perché più vicini alle musiche. E nonostante non manchino parolieri esperti ("Right now" è firmata all'onnipresente Ryan Tedder, mentre l'insipida "Something great" è di Gary Lightbody degli Snow Patrol), i risultati migliori si ottengono quando a scrivere sono i ragazzi. "Story of my life", a cui hanno collaborato tutti e cinque, è di gran lunga il pezzo più sentito e coinvolgente dell'album. Stupisce che a una boyband venga dato il permesso di cantare nel singolo portante: "Quando morirò, queste parole saranno scritte sulla mia tomba", ma ben vengano gli epitaffi se riescono a tirare fuori questo trasporto nelle interpretazioni.
Eccetto qualche boccata d'aria come "Best song ever", "Midnight memories" non vuole divertire né sfoggiare gusti sofisticati o modaioli, ma è anche un album che, pur coi suoi difetti, rende gli One Direction molto riconoscibili e traccia una linea netta tra loro e il resto del pop internazionale.