Santi Francesi: “Oggi le canzoni puntano solo alla viralità”

Dalla vittoria di due anni fa a X Factor di chiometri ne hanno percorsi, i Santi Francesi. Tra tour, la partecipazione a Sanremo Giovani dello scorso anno che gli ha spalancato le porte della categoria big del Festival di Sanremo (dove con “L’amore in bocca” si sono piazzati diciottesimi su trenta, nella parte media della classifica, davanti a - tra gli altri - Negramaro e Rose Villain), i concerti nelle chiese sconsacrate della scorsa primavera, il duo piemontese composto da Alessandro De Santis (classe 1999, voce e chitarra) e Mario Francese (classe 1997, tastiere, sintetizzatori e basso) non è stato fermo un attimo. E ora esce l’Ep “Potrebbe non avere peso”, sei pezzi, tra cui il singolo “Ho paura di tutto”, disponibili da venerdì 8 novembre: “L’80% delle canzoni che si sentono oggi sono scritte con un fine diverso dalla comunicazione di un concetto: puntano solo alla viralità e non comunicano niente. Se non ci si accorge di questa cosa, è un problema”, dicono.
E voi, invece, cosa volete comunicare?
A&M: “L’importanza di prendersi i propri tempi, oggi che viviamo in un tempo bulimico e tende all’ostentazione e alla simulazione. Per registrare il disco non siamo andati in uno studio di tendenza, ma in una villetta sulle colline di Parma, insieme al nostro batterista Daniel Fasano. Abbiamo portato con noi i nostri strumenti: i pezzi sono nati in sette giorni, registrati tutti nella stessa stanza, con gli stessi riverberi. Abbiamo ridato valore al suono dello strumento, senza trucchi e senza inganni, spinti dalla nostra urgenza espressiva. Questi pezzi sono tutti suonati live, non c’è nulla di programmato. E spesso abbiamo tenuto la prima take”.
A chi - o cosa - vi siete ispirati?
A: “Al rock alternative dei primi Anni Duemila. Veniamo da quel mondo lì, del resto. Io quando ero più piccolo suonavo hard rock e sull’heavy metal degli Anni ’70 e ’80, Mario invece faceva prog. Abbiamo guardato un po’ ai Killers. Ci siamo arresi ai nostri gusti musicali più reconditi”.
In “Ho paura di tutto” cantate: “Ho paura di tutto quel che so, di perdermi nel pop”. Cosa volevate dire?
A: “Non è molto distante da quello che diciamo nel testo, letteralmente. Alludiamo all’esposizione social. Siamo invasi da una quantità di input incredibili: ormai si ha la sensazione che tutto debba essere saputo, conosciuto e che su tutto ci debba essere un’opinione. Io mi sono chiesto se fosse davvero normale ricevere così tante informazioni, sapere così tanto”.
E che c’entra il pop?
A: “Rappresenta l’idea di metterci addosso dei vestiti che non sono nostri e di fare un pop che non è davvero ciò che il pop dovrebbe essere: noi ci opponiamo”.
Cosa dovrebbe essere il pop?
A: “Penso agli stessi Killers, ai Lunapop. Noi siamo pop, non facciamo black metal. Ma negli ultimi anni è diminuito il margine che divide la hit dal pop. Oggi il pop vuole essere cool. Invece noi vogliamo tirare fuori elementi che non sono proprio cool o catchy, più autentici”.
Autenticità e genuinità sono due parole che stanno tornando di moda nella musica, oggi. Forse il mercato era saturo di progetti poco autentici?
M: “Ma la nostra non è una posa: non vogliamo darci un tono o sentirci migliori di altri. Semplicemente, a noi piace fare musica in questo modo. Gli artisti dovrebbero desiderare meno e rispettarsi di più”.
Tornate in gara a Sanremo?
M: “Non lo sappiamo. Come un anno fa non rappresentava né un punto di arrivo né un punto di partenza, lo stesso vale oggi. Con il pezzo giusto non lo escludiamo”.
X Factor lo state seguendo? Vi piace la svolta del programma, con meno liti dietro al bancone dei giudici e più attenzione agli artisti?
A: “Sì. È giusto che chi fa quel mestiere rispetti il ruolo dell’artista che è sul palco e che sta cercando di promuovere la propria musica”.
A proposito di palco: per il tour nei club che partirà da Venaria Reale (provincia di Torino) il 20 novembre cosa avete preparato di speciale?
M: “Saremo in quattro. Oltre a noi due e a Daniel alla batteria, ci sarà anche un chitarrista, Domiziano Luisetti. È stato il nostro tecnico nel tour nelle chiese sconsacrate, poi abbiamo scoperto che suonava la chitarra e gli abbiamo detto: ‘Perché non ti aggiungi?’. Le canzoni dell’Ep troveranno nei concerti la loro dimensione naturale”.