Un Bob Dylan d’altri tempi come questo non si era mai visto

11 settembre 2001, New York. Una data, un luogo e una tragedia che nessuno può scordare. Lo spartiacque tra vecchio e nuovo millennio. Un evento di portata talmente grande che tutti ricordano dove erano e che cosa stavano facendo quando sono venuti a conoscenza della notizia dell’attentato alle Twin Towers. Di quell’impensabile giorno in cui due aerei si sono infilati in due grattacieli. Nei giorni immediatamente seguenti le radio americane ricevettero un elenco di canzoni che sarebbe stato meglio non trasmettere: alcune perché "liricamente discutibili", altre per motivi politici. Ma l'11 settembre 2001 è anche il giorno in cui uscì il 31esimo album in studio di Bob Dylan, "Love and theft". Quella che potete leggere più sotto è la nostra recensione di quel disco.
Un Dylan d’altri tempi come questo non si era mai visto. 12 canzoni letteralmente “out of time”, fuori dal tempo, lontane dal presente musicale e fuori da ogni moda. Che Dylan se ne infischiasse di tutto e di tutti, che fosse un bastian contrario a cui piace spiazzare il pubblico era cosa nota. Qualcuno si ricorderà la svolta elettrica, la svolta country, la svolta mistica, e potremmo andare avanti per un po’. Questo disco è “la svolta swing/blues”? Non proprio, è difficile parlare ancora in questi termini del sommo vate del rock. Ormai è letteralmente su un altro pianeta.
“Love and theft” ha colto e coglierà di sorpresa un po’ tutti. E’ stato annunciato dallo stesso Dylan con un paio di inaspettate interviste un paio di mesi fa, ed ha suscitato parecchia curiosità. Qualcuno l’aveva definito "Nashville skyline" parte due, ovvero una ipotetica continuazione di quel lavoro che, alla fine degli anni '60, segnò una (temporanea) svolta country di Dylan. Il disco, invece, è una conferma quasi letterale delle parole che Dylan, per una volta meno criptico del solito nelle sue affermazioni, disse al quotidiano statunitense U.S.A. Today lo scorso 16 luglio: “Tutte le canzoni sono variazioni sul tema delle 12 battute e su melodie basate sul blues. La musica in questo caso è una griglia elettronica, mentre i testi sono la sotto-struttura che tiene tutto insieme”.
Di elettronico, ovviamente, non c'è nulla in questo disco, come peraltro era facile prevedere. Per il resto si tratta di melodie decisamente retrò, liricamente strutturate sulla forma della ballata blues e country, ricche di citazioni letterarie: dal “Il Grande Gatsby” di Francis Scott Fitzgerald (la frase “you can't repeat the past”, “non puoi ripetere il passato” ripresa in “Summer days”), a Sheakespeare (Otello e Desdemona, in “Po’ boy” e e Romeo e Giulietta in “Floater”).
Senza colpo ferire, Dylan passa dal blues (“Honest with me”, “Cry awhile”, "Lonesome day blues") al rockabilly ("Tweedle dee and tweedle dum", “Summer days”), dal country (“High country”, “Po’ Bo”) allo swing (“By and by”, “Moonlight”), esplorando territori praticamente mai battuti nella sua lunga carriera. Un plauso, in questa cavalcata, va alla band, che è quella che l’ha accompagnato recentemente nel suo “Never ending tour”. Larry Campbell, David Kemper, Tony Garnier e Charlie Sexton, con l'aggiunta del tastierista Augie Myers. “Love and theft”, insomma , non rappresenta nessuna svolta, ma solo l’ennesima grande conferma di un artista che, dopo quasi quarant’anni di carriera, non ha ancora smesso di cambiare e di stupire.