Avete 16 ore da dedicare ai Metallica?

Il 10 settembre 2021, in concomitanza con i 30 anni dalla pubblicazione dell'album "Metallica" (noto come 'The Black Album'), usciva un imponente cofanetto intitolato "The Metallica Blacklist" in cui altri artisti omaggiavano il disco della band californiana proponendo cover dell'album. Questa che segue è la nostra recensione di quel box.
"C’è gente che pubblica cofanetti di 10 CD di quello che una volta era un album unico. Ma se quella roba non è stata pubblicata c’è una ragione: non funzionava": vedendo la tracklist della mega-ristampa del "Black Album" dei Metallica mi è tornata in mente questa frase, da un'intervista a Warren Ellis, braccio destro di Nick Cave. Personalmente, sono un appassionato di questo genere di operazioni: mi piace ascoltare i demo e le outtake per capire come un disco è arrivato alla sua forma finale. In alcuni casi hanno anche un valore di documentazione storica, quando il disco è un capolavoro acclarato. Ma capisco il punto di Warren Ellis, perché certe volte si esagera: "Metallica" è arrivato almeno alla quarta riedizione; il "deluxe box set" che si trova anche sulle piattaforme consta di 193 brani per 12 ore di musica. Più le 53 canzoni e 4 ore di questa "blacklist". Avete 16 ore da dedicare ai Metallica?
È fuori di dubbio che il "Black album" sia uno dei dischi più importanti del rock degli anni '90 (e non solo): ha portato definitivamente il metal nel mainstream, sfruttando quella finestra temporale in cui le chitarre funzionavano anche su MTV e in radio. Giusto celebrarlo in maniera estesa, per i suoi 30 anni: ma cosa ti puoi inventare di nuovo, dopo le ristampe precedenti? Di questa operazione la parte più interessante non è l'apertura totale degli archivi, i 5 LP, 14 CD e 6 DVD del box, diretti soprattutto ai mega-fan: "riffs & demos","pre-production rehearsals" e "radio edits", "rough & alternate mixes", concerti e quella che, con autoironia, definiscono bonus shit. La cosa più interessante è la cosiddetta "Metallica blacklist", un'operazione parallela: carta bianca ad una cinquantina di artisti: scegliete la canzone che volete del black album, rifatela come volete, con chi volete.
Il risultato è una sorta di "Donda del disco tributo": così come il disco di Kanye West rifiuta e si allontana da ogni schema dell'album classico, la "Metallica blacklist" è la negazione dell'omaggio curato e ragionato, come quelli del compianto Hal Willner, per esempio. Dentro tutto e tutti - senza un filo logico vero e proprio: "Nothing else matters" ha ben 12 versioni e alcuni brani solo 1...
Le canzoni del Black album, dalla prima all'ultima, rifatte da artisti, messi in sequenza in in ordine alfabetico: si parte con "Enter Sandman" nella versione Alessia Cara. C'è veramente di tutto: va dato atto ai Metallica di essere riusciti a rappresentare generi e provenienze diverse, dal rock alla musica latina, dall'indie alla musica strumentale, ad artisti da ogni parte del mondo (una delle cose più curiose alle nostre orecchie occidentali è la versione di "The unforgiven" dell'indiano Vishal Dadlani). Una parte sono artisti che provengono dal mondo dei Metallica o da ambienti limitrofi (i Ghost, Corey Taylor, per citare i più noti), ma c'è chi ha remixato le tracce originali (i Neptunes) e c'è un ricco contingente latino, guidato da Juanes e J Balvin. Il problema, semmai, è che questa scelta ha comunque diverse mancanze. E inevitabilmente manca omogeneità: e la sequenza non è tale, è appunto un puro ordine alfabetico: l'unico modo di ascoltare la Metallica Blacklist è la funzione shuffle o creare una playlist personale con gli artisti preferiti. L'ascolto in sequenza si può fare forse una volta per curiosità, e richiede ben 4 ore...
Due canzoni, "Of Wolf and Man" e "The Struggle Within", hanno solo una versione e quest'ultima solo quella strumentale di Rodrigo y Gabriela: l'assenza di una "curatela" si vede da quello che non è proprio un dettaglio. Forse si potevano coinvolgere altri artisti sui brani "minori"? Ovviamente le canzoni più gettonate sono anche le più prevedibili (oltre a "Nothing else Matters", "Enter sandman" e "The unforgiven" e "Sad but true"). Mancano grandi nomi: non mi sarebbe dispiaciuto vedere band come U2 o i Pearl Jam (per citare esempi di rocker-superstar contemporanei o precedenti ai Metallica) alle prese con una di queste canzoni, e magari anche cantautori come Patti Smith o Nick Cave. I nomi storici alla fine sono quasi del tutto assenti, se si eccettua Elton John (suona il piano per Miley Cyrus) e Dave Gahan (una bella versione minimale di "Nothing else matters"). Va bene dimostrare l'influenza dei Metallica e di questo disco sulle generazioni successive, ma anche qua un po' più di curatela non avrebbe fatto male...
Ho messo da parte 12 canzoni su 54: le cover che mi hanno convinto di più sono quasi sempre quelle che prendono le canzoni e le portano da un'altra parte. Fa eccezione, nelle mie scelte, la versione molto dritta di "Nothing else matters" di Miley Cyrus (che vocalmente assomiglia sempre più a Stevie Nicks, ed è un gran complimento) con Elton John e Yo-Yo Ma e i Weezer che rifanno pari pari "Enter sandman" (ma qua è più l'affetto per la band che altro). Le mie preferite in assoluto sono "Sad but true" in versione elettro-pop di St. Vincent e quella blues di Jason Isbell. Poi, in chiave sempre blues, uno stupendo Chris Stapleton ancora su "Nothing else matters". Vincono, per me, i My Morning Jacket - che rifanno sempre "Nothing else matters" stravolgendola e trasformandola in un brano indie ritmato - e Moses Sumney che rilegge "The unforgiven" in chiave quasi jazz per voce e basso. Belle anche le performance di Phoebe Bridgers e Cage The Elephant: anche loro lavorano per sottrazione, togliendo epica ai loro brani, con versioni originali, così come Dave Gahan. Infine, notevole Kamasi Washington, che rilegge "My friend of misery" per big band, come se fosse un brano di Charles Mingus.