Un giorno all'improvviso, Liberato conquistò (pure) lo Sziget
La sirena “a manovella” che risuona allo Sziget Festival dagli altoparlanti del Revolut Stage all'inizio di "Guagliò" è il segnale che sancisce l’inizio di quello che è diventato un vero e proprio rito. Perché i concerti di Liberato questo sono, ormai. Partito con un budget di 250 euro, quanti ne furono spesi per realizzare il video di “Nove maggio” (era il 2017: oggi su YouTube la clip conta 28 milioni di visualizzazioni), e culminato con il film-documentario di Francesco Lettieri e Giorgio Testi uscito al cinema la scorsa primavera, quello del misterioso cantante partenopeo è riuscito a diventare negli anni un progetto che ambisce ad essere di culto anche all’estero, puntando su performance accattivanti e su una produzione con un appeal internazionale. A livello di live, Liberato sembra essere interessato più al successo trasnazionale che a quello in Italia, vuoi anche per il background della misteriosa voce di “Nove maggio”: nel film “Il segreto di Liberato” si racconta che fu a Londra che l’artista gettò le basi della sua proposta artistica, quel mix di r&b, uk garage, house music con alla base un fortissimo legame alla tradizione musicale partenopea, la Napoli in cui è cresciuto e che lo ha forgiato. Parlano i numeri: se si escludono l’apparizione al Club to Club del 2017 a Torino (quando sul palco si presentarono, nella confusione generale, Calcutta, Priestess, Izi e Shablo), i due flash mob del 2018 alla Rotonda Armando Diaz di Napoli e al Barrio di Milano e quello del 2022 a Procida e l’esibizione dello scorso settembre per i detenuti del carcere di Poggiorele, si riduce ad appena sei il numero di concerti ufficiali tenuti da Liberato in Italia (compresi in tre dello scorso settembre in Piazza del Plebiscito, nel cuore della sua città). All’estero, invece, gli show della voce di “Tu t’e scurdat’ ‘e me” ammontano a nove: quello di ieri sera allo Sziget è stato il decimo. Nonché l’apice, per reazioni, del mini-tour europeo annunciato a distanza di un anno dagli show nei club di Berlino, Parigi, Londra e Dour, che dopo aver fatto tappa a giugno al Primavera Sound di Barcellona chiuderà il 18 agosto sul palco del festival francese Cabaret Vert, a Charleville-Mézières.
Sotto al palco del Revolut Stage dello Sziget Festival cantano e ballano tutti, tra italiani - napoletani in testa, con sciarpe azzurre e magliette di Maradona, Osimhen, Kvaratskhelia, che si caricano già prima del concerto sulle note degli inni da stadio: "Un giorno all'improvviso, m'innamorai di te..." - che non si lasciano sfuggire l’occasione di vedere in azione in un festival internazionale uno dei fenomeni più interessanti e originali degli ultimi anni (a proposito: a sventolare virtualmente la bandiera tricolore allo Sziget ieri ci ha pensato anche Venerus, che si è invece esibito sul Buzz stage), appassionati e curiosi. "Qui dovete zumpà. Va 'fammocc' a chi v'è stramuort", urla al microfono, in dialetto, l'artista mascherato, mentre fomenta la folla con "Guagliò". Era il 2005 quando gli Almamegretta portarono la lingua napoletana sul palco del festival ungherese, da protagonisti indiscussi della scena trip hop europea. Diciannove anni dopo è il turno di Liberato: lo show del misterioso artista partenopeo dura poco, un’ora e un quarto in tutto. Ma è intenso: i quattro musicisti mascherati, uno alle percussioni, uno alle chitarre, uno alle tastiere e l’altro, il leader, che si divide tra microfono, tastiere e programmazioni, portano in scena una riproduzione in piccolo degli show visti in Italia a Napoli, Milano e Roma, tra visual ipnotici a fare da sfondo a un flusso di musica initerrotto, in cui i brani si susseguono praticamente senza soluzione di continuità.
Dopo “Guagliò” arrivano “Tu me faje ascì pazz’”, “Nunneover” ("Facimm nu poc e reggaeton", sorride, prima di fare un mash up tra la sua canzone e "Candy" di Rosalía) “Oi Marì”, che mandano in trance la folla radunata sotto al palco. E poi, naturalmente, c’è “Nove maggio”: i bassi si sentono fino a quasi l’area del main stage, dove nel frattempo ha iniziato ad esibirsi Liam Gallagher, a chiusura di una delle giornate più attese della settimana dello Sziget, con le performance dell’icona statunitense della neo-psichedelia Yves Tumor, l'eroe texano del rap in salsa rock Teezo Touchdown e la star del rap britannico Stormzy.
Italiani a parte, il pubblico internazionale che l’ha preferito alla dj britannica CCL (arrivata da Bristol direttamente sul palco dello Yettel Colosseum), ai curiosi metallari australiani dei Future Static e al belga DJ Mukambo sembra apprezzare: anche se non capisce nemmeno una parola dei testi delle canzoni, si lascia guidare dal flusso. Abbandonandosi al flow e ai ritmi di “Me staje appennenn’ amò”, “Partenope” e “Nunn’a voglio ‘ncuntrà”, con quell’omaggio alla Tamurriata nera (“What is this stuff?”, si domanda qualcuno, con gli occhi sgranati, mentre dalla consolle parte il campionamento irresistibile: "Bang bang, don't stop / tu m'e' mis' a' sott' e 'ngopp / boom boom, okay / tu me vas 'a Materdei / uh, uh, ah, ah / nun ce crir 'ca è frnut / mmocc' a kitemmuort / o' juorn ca' t'aggio crerut"). E alla fine, come ciliegina sulla torta, arriva anche “Tu t’e scurdat’ ‘e me”. Quando i fari del Revolut Stage si riaccendono, ci si guarda intorno cercando la complicità degli altri, convinti di aver assistito a qualcosa fuori dall'ordinario.