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Nick Mason e le gemme dimenticate dei Pink Floyd

Il batterista a Milano con i Saucerful of Secrets: la recensione
Nick Mason e le gemme dimenticate dei Pink Floyd

Destino curioso quello di Nick Mason e della sua band, arrivati in Italia nei giorni più caldi dell'anno e non solo meteorologicamente parlando. Non si sono ancora spenti commenti ed entusiasmi sui concerti negli stadi di Milano e Roma di Taylor Swift e dei Coldplay, mentre Vasco Rossi (che gioca un campionato a parte) ha collezionato nuovi record nelle città di Milano e Bari raccogliendo seicentomila (!) spettatori in undici concerti. Cifre che Nick Mason ha avuto la fortuna di vivere durante la sua gloriosa permanenza con i Pink Floyd, che solo nel periodo 1987-1994 hanno staccato undici milioni di biglietti... 

Oggi Nick Mason, ottant'anni compiuti a gennaio, ha tirato un po' il freno delle sue ambizioni accettando di suonare in una “self-tribute band” (come l'ha definita l'altro giorno Il Fatto Quotidiano), esibendosi ogni sera per poche centinaia di spettatori, proponendo coraggiosamente una scaletta dei brani meno noti del primo periodo dei Pink Floyd. Una mossa astuta, quella di Nick Mason, che ha così evitato ogni confronto non solo con il suo passato nei Pink Floyd ma anche quello con le tantissime tribute band che negli ultimi anni hanno invaso (non solo in Italia) il mercato dei concerti. Entrando nell'atrio del Teatro Arcimboldi di Milano, il pannello che pubblicizza il concerto di Nick Mason e quello degli italianissimi Pink Floyd Legend sono vicini, quasi non ci fossero differenze tra le due proposte. A novembre tra l'altro suoneranno in questo teatro anche gli inglesi Brit Floyd, altro nome di spicco nel mondo delle tribute band floydiane.

Riproponendo canzoni del primo periodo dei Pink Floyd, quello che dal 1965 si ferma al 1972, una stazione prima del successo mondiale di “The Dark Side Of The Moon”, il batterista dei Pink Floyd  e la sua band, non si sa quanto volontariamente, hanno evitato confronti con le canzoni proposte nei concerti degli ultimi anni dai suoi ex colleghi David Gilmour e Roger Waters. Dopo i quattro spettacoli di prova nel maggio 2018 in due piccoli locali londinesi a Camden e Putney, Mason e la sua band hanno affrontato con successo un tour europeo partito nel settembre dello stesso anno, che toccò anche l'Italia (suonarono all'Arcimboldi di Milano il 20 settembre). Da quel momento, a parte la sosta forzata dovuta al Covid, i tour di Nick Mason's Saucerful of Secrets si sono ripetuti con successo, toccando Europa, America, Canada e Australia.

SETLIST

Set 1:

Astronomy Domine - Cover di Pink Floyd
Arnold Layne - Cover di Pink Floyd
See Emily Play - Cover di Pink Floyd
Remember Me - Cover di Pink Floyd
Obscured by Clouds - Cover di Pink Floyd
When You're In - Cover di Pink Floyd
Remember a Day - Cover di Pink Floyd
If - Cover di Pink Floyd
Atom Heart Mother - Cover di Pink Floyd
If (Reprise) - Cover di Pink Floyd
The Nile Song - Cover di Pink Floyd
Set the Controls for the Heart of the Sun - Cover di Pink Floyd

Set 2:

The Scarecrow - Cover di Pink Floyd
Fearless - Cover di Pink Floyd
Childhood's End - Cover di Pink Floyd
Lucifer Sam - Cover di Pink Floyd
Echoes - Cover di Pink Floyd

BIS #1

One of These Days - Cover di Pink Floyd
A Saucerful of Secrets - Cover di Pink Floyd
I'm a King Bee (registrata) - di Slim Harpo

La scelta di mantenere un basso profilo da parte di Mason è stata vincente, e lo dimostrano l'affetto, il calore e l'entusiasmo degli spettatori durante l'intero concerto di ieri sera a Milano. L'elenco dei brani suonati ripercorre senza grandi sorprese quelle del tour europeo, che ha esordito in Inghilterra alla Victoria Hall di Hanley l'11 giugno 2024. Da allora la band ha completato un totale di quattordici date inglesi ed è attesa da ventuno concerti in Europa, dei quali ben sei in Italia.

Due le novità di rilievo di questo tour. Si tratta di due canzoni firmate Syd Barrett.

La prima è "Remember Me", brano che profuma dei pub londinesi dove la band si esibiva tra il 1964 e il 1965, tra sonorità tipiche del beat inglese e la voce acerba ma piena di energia del diciannovenne Syd Barrett, alla sua prima esperienza con il resto della band in uno studio di incisione. La seconda è "The Scarecrow", piccolo capolavoro folk-psichedelico del 1967 che i Pink Floyd hanno suonato nel 1967 solo in poche occasioni.

Lo spettacolo ha inizio con una sezione audio curata personalmente dal tastierista Dom Beken, che comprende musiche ed effetti d'atmosfera, con piccoli suoni floydiani abilmente inseriti qua e là, che sottolineano le immagini proiettate sul fondale del palco.

Buio in sala: partono inconfondibili gli effetti audio e visivi di "Astronomy Dominé", il capolavoro psichedelico del primo album dei Pink Floyd, che riporta l'intero Arcimboldi alle atmosfere underground dell'UFO Club. Musicisti scatenati, tutti cantano a parte Mason intento a percuotere ogni angolo della sua batteria, mentre immagini di stelle luminose inondano la parte alta del palco. Al termine del brano Mason si mette in piedi e dalla sua postazione prende il microfono e saluta il pubblico con un italianissimo “buonasera”. Racconta che sono stati per la prima volta in Italia cinquant'anni prima al Piper Club di Roma e chiede se qualcuno dei presenti c'era. Poi avanza una richiesta per il pubblico: sarà possibile raccogliere dei video ma con l'accortezza di spegnere le luci dei telefonini che stressano non poco il bassista, che si mostra orgoglioso di questa personale battaglia che lo vede protagonista da diverso tempo. Dopo l'esperienza con Waters lavorare con bassisti alquanto complicati fa parte del destino di Mason.

Le prime quattro canzoni sono firmate da Syd Barrett e non ci poteva essere tributo migliore per l'indimenticato artista che ha illuminato con la sua arte il cammino dei Pink Floyd.

"Arnold Layne" vede come protagonista vocale Gary Kemp, aiutato nei cori da Pratt. Sullo schermo immagini di repertorio del baffuto batterista.

La prima sensazione dopo questi due brani è che tutta la band sia sorprendentemente migliorata rispetto al precedente tour; ascoltarla è un vero piacere. Chissà se è prevista una registrazione ufficiale, sarebbe un peccato non immortalare le nuove canzoni in un nuovo album.

Parte immediatamente la successiva "See Emily play", vero e proprio manifesto psichedelico dell'estate 1967. Kemp è sempre affiancato ai cori da Pratt, mentre Lee Harris si dimena con la sua Fender. Arriva l'assolo di Beken e si torna alla strofa finale, fino alla naturale conclusione del brano.

Mason raccoglie il microfono e ringrazia l'autore di quelle canzoni, Syd Barrett, con il pubblico che regala un caloroso applauso all'artista scomparso nel 2006. Il batterista introduce il quarto pezzo firmato dal "Crazy Diamond", "Remember Me". Il brano proviene da un nastro demo di cinque canzoni registrato agli inizi del 1965 che i Pink Floyd hanno immortalato a futura memoria in un doppio 45 giri in edizione limitata (solo 1050 copie in tutto il mondo) pubblicato nel novembre 2015. La sorpresa, anticipata dal batterista, è che la sezione vocale è quella originale di Barrett del 1965! Qui un piccolo incidente: il tastierista preme un tasto – c'è una base sulla quale suona la band per essere in sincrono con la voce di Barrett – e per errore parte uno degli effetti della canzone precedente, "See Emily Play"! Panico del musicista, risate e il pubblico applaude per incoraggiare Beken, che si scusa.

Lee Harris lancia il riff di chitarra che introduce la canzone. Potente e acerba nei suoni e negli arrangiamenti come la giovane band nel 1965, è emozionante ascoltare la voce di Barrett, fortunati quelli che possono affermare oggi di aver visto un concerto dei Pink Floyd con Syd. Sullo schermo passano una serie di fotografie di Barrett che vanno dall'infanzia fino ai primi anni '70, alcune delle quali mai viste prima di questi concerti. Dom Beken sorprende suonando l'armonica, che non era presente nella versione originale dei Pink Floyd.

Un salto temporale al 1972 avviene con i due strumentali "Obscured By Clouds" e "When You're In", incisi dai Pink Floyd per il film “La Vallée” di Barbet Schroeder (le due canzoni aprivano sia il disco sia la sezione iniziale del film). Opportunamente, sullo schermo vengono proiettate delle immagini di nuvole in movimento, successivamente integrate con quelle di grafica di stampo optical. Dopo l'intro strumentale di Beken, Pratt lascia spazio a Harris e Kemp che si sfidano a singolar tenzone in un duello a colpi di chitarra elettrica.

La canzone successiva viene presentata da Guy Pratt, emotivamente coinvolto perché scritta da Richard Wright, papà dell'ex moglie del bassista. “Grazie, buonasera Milano!” e il pubblico risponde con calore. Ricorda di aver suonato qui nel 2006 in occasione del concerto di Gilmour e che con loro suonava Wright. Il brano è "Remember a day" (nella versione originale c'era anche il contributo di Barrett alla chitarra slide), canzone tratta dal secondo album del 1968 “A Saucerful Of Secrets”, che ha dato il nome alla band che accompagna dal 2018 il signor Mason. La canta con vigore Pratt, che sfoggia lo splendido basso Rickenbacker simile a quello che utilizzava Waters nei primi periodi della sua carriera floydiana. Le luci sul palco si susseguono tra giallo e rosso, mentre tra i presenti circola un velo di malinconia per l'assenza dell'indimenticabile Wright.

Mason torna in piedi per presentare la band, aggiungendo qualche piccolo particolare su ognuno dei musicisti, che nel frattempo si preparano per il trittico successivo. Si parte da Lee Harris, con Mason che gli riconosce l'importante ruolo di aver avuto l'idea di mettere su la loro band. A ruota Dom Beken, responsabile nelle parole del batterista per aver estratto la voce di Syd da "Remember Me". Su Guy Pratt racconta che hanno calcolato il numero di concerti suonati insieme (il bassista è con i Pink Floyd dalla prima data dal vivo del 1987) e che quello di Milano è il loro numero 511. Infine Gary Kemp, del quale esalta le doti per essersi trasformato da stella del movimento New Romantic a re del prog! Pratt prende il microfono e ha parole di stima e riconoscenza per Nick Mason, col pubblico che gli regala un lungo e sincero applauso.

Il batterista si scusa per non aver portato l'orchestra, attribuendo le colpe alla Brexit: è il momento del tanto atteso medley dall'album “Atom Heart Mother” del 1970; la mini-suite (presente nella scaletta della band sin dal primo concerto di prova del 2018) comprende una prima e una seconda sezione del brano "If", sempre dal "disco della mucca", che fa da apertura e chiusura a una versione breve dello strumentale "Atom Heart Mother". Per "If" le luci sono prima per Kemp con la chitarra acustica, che riproduce al meglio le parti che furono di Waters, subito seguito da Pratt che canta la strofa seguente, al quale dà seguito l'ottimo Lee Harris che aggiunge con la sua chitarra una convincente contributo slide. La potenza di "Atom Heart Mother" è indescrivibile e mi riconduce alle emozioni della versione offerta dai musicisti nel 2018 sempre qui all'Arcimboldi, nel loro primo concerto italiano in assoluto. Incredibili vibrazioni in sala, con atmosfere che - con le dovute proporzioni dovute soprattutto al suono delle moderne tastiere, che non reggono il confronto con i suoni proposti da Wright nel 1970 - riportano al florido periodo prog dei Pink Floyd. La chiusura della reprise di "If" offre l'occasione al pubblico di salutare con un tripudio di applausi gli ottimi musicisti.

Si cambia totalmente atmosfera con la successiva "The Nile Song", uno dei brani più hard mai incisi dai Floyd. Scritto da Waters nel 1969 per la colonna sonora del film “More” di Barbet Schroeder, permette ai musicisti, Harris e Kemp su tutti, di alzare il volume dei distorsori e di darci dentro senza freni.

Come da tradizione pinkfloydiana, da un pezzo così intenso si passa ad atmosfere molto più rilassate. È il momento di "Set The Controls For The Heart Of The Sun", anticipata da Mason che simula di ricevere una telefonata da Waters, al quale ha scippato l'uso del gong (nei concerti dei Pink Floyd era sempre il bassista a suonarlo, con un vigore che ha fatto storia). Nella setlist dei Pink Floyd dal 1967 al 1973, riporta a quelle atmosfere inconfondibili che resero celebre la band, con un'intensità e una maestria nelle atmosfere toccate da quei suoni che vengono replicate con maestria anche dai musicisti della band di Mason, Beken e Kemp su tutti. La canta Pratt, emulando in alcuni momenti il Waters dei tempi che furono.

Ottima la prima parte del concerto e coinvolgenti le nuove proiezioni sul fondale posizionato alle spalle della band. La base è costituita da un montaggio delle immagini dell'onda di Hokusai, che fa da cornice a tre spazi bianchi. Su questo sfondo viene spesso mostrata lo skyline innevato del monte Fuji.

In apertura della seconda parte del concerto c'è "The Scarecrow", quinta (e penultima) incursione in territorio barrettiano. Era sul retro del singolo "See Emily Play" e sul primo album della band, entrambi del 1967. Forse è il pezzo più difficile da eseguire dal vivo; la canta Pratt, che suona anche la chitarra elettrica. Il finale è poderoso, differente rispetto alla versione in studio e coinvolge tutta la band, che aggiunge un convincente arrangiamento alla canzone.

Dall'album “Meddle” arriva uno dei rari brani scritti in coppia da Gilmour e Waters, la dolcissima "Fearless". Canta Kemp, lo sostiene nei cori Pratt: i due giocano con alcune pose simpatiche durante la sezione strumentale, guardati con simpatia dal batterista. Celebre la coda del brano che contiene i cori dei tifosi del Liverpool F.C., la celebre "You'll Never Walk Alone", inno anche di altre tifoserie calcistiche.

Si pesca ancora nel repertorio dell'album “Obscured By Clouds”, dalla quale viene tratta la pulsante "Childhood's End", suonata tra il 1972 e il 1973 in alcuni concerti dei Pink Floyd. Ottima la performance vocale di Kemp, che a mio parere si è ritagliato all'interno della band un ruolo di primo piano. Ottimo l'assolo di Harris, sempre preciso e puntuale nei suoi interventi, senza troppi fronzoli, concentrato a riprodurre con personalità il suono che fu di Gilmour.

"Lucifer Sam" è l'ultimo tributo della serata al grande Syd Barrett, l'occasione giusta per offrire una nuova interpretazione vocale di Pratt, veramente scatenato qui a Milano. Nuovo gioiello strumentale di Harris, che spazia con maestria nelle sonorità barrettiane. Ci dà dentro anche Beken, autore di un accurato fraseggio con la tastiera.

Arriva l'ultimo brano della serata, uno dei brani più lunghi (nella versione originale superava i 23 minuti) e amati della discografia dei Pink Floyd.

"Echoes" è uno dei brani cardine del repertorio dei Pink Floyd. Una canzone fortemente voluta dalla band, che nel 1971 aveva deciso di riappropriarsi del comando strumentale e compositivo della sua musica, componendo e registrando una lunga suite per accantonare definitivamente l'esperienza di "Atom Heart Mother", realizzata con l'ingombrante contributo di Ron Geesin.

Impossibile (e inutile) descrivere a parole le vibrazioni che si muovevano nell'aria dell'Arcimboldi ieri sera. "Echoes" è un lungo viaggio all'interno di suoni e atmosfere, vette che solo i Pink Floyd erano capaci di raggiungere. Ieri sera Nick Mason e la sua band sono stati capaci di condurre il pubblico milanese all'interno di un esperienza musicale incredibilmente emozionante. Al termine della lunga interpretazione, tutto il pubblico è saltato in piedi in tripudio, una meritata ovazione che regala il giusto tributo alla bravura dei cinque musicisti, che ringraziano e lentamente lasciano il palco.

Come da copione, la band torna davanti al pubblico per i due brani conclusivi della serata.

Il primo, riconosciuto immediatamente dal pubblico, è la classica "One Of These Days", sempre da “Meddle”. Incredibile l'energia di Mason, capace di picchiare ancora duro sulle pelli della batteria dopo due ore di concerto! Pratt poi sembra aver ritrovato i suoni delle sue esibizioni con i Pink Floyd, regalando ai presenti un'incredibile sequenza di effetti, strapazzando le corde del suo basso, incastrando i suoni con quelli di Harris che offre una cascata di suoni con la sua slide. L'esplosione sonora sul finale è liberatoria e intrisa di inaudita violenza sonora. Incredibile!

Non è ancora finita. Suoni che sembrano arrivare da epoche lontane, atmosfere nelle quali i Pink Floyd sono stati insuperabili maestri: arriva la short version di "A Saucerful of Secrets", capolavoro strumentale targato 1968 dei Pink Floyd. Dopo una sezione dove i suoni si intrecciano e trasportano lo spettatore in luoghi inesplorati, arriva l'emozionante finale, epico e solenne, con immagini, forme e colori che sullo schermo riportano ai celebri effetti psichedelici degli anni Sessanta. Alla magnifica voce di Gary Kemp va il compito di chiudere la canzone, regalando l'ennesima emozione ai presenti.

Il concerto si chiude così, in grande stile. A Mason e alla band il merito di aver recuperato alcune piccole gemme del repertorio dei primi Pink Floyd che meritavano di essere riproposte. Peccato per quelli che non c'erano; ma c'è ancora tempo di recuperare già da stasera: si replica a Vicenza, il 20 a Bologna, il 21 a Roma, il 12 a Caserta e il 24 a Roccella Jonica.

SETLIST

Set 1:

Astronomy Domine - Cover di Pink Floyd
Arnold Layne - Cover di Pink Floyd
See Emily Play - Cover di Pink Floyd
Remember Me - Cover di Pink Floyd
Obscured by Clouds - Cover di Pink Floyd
When You're In - Cover di Pink Floyd
Remember a Day - Cover di Pink Floyd
If - Cover di Pink Floyd
Atom Heart Mother - Cover di Pink Floyd
If (Reprise) - Cover di Pink Floyd
The Nile Song - Cover di Pink Floyd
Set the Controls for the Heart of the Sun - Cover di Pink Floyd

Set 2:

The Scarecrow - Cover di Pink Floyd
Fearless - Cover di Pink Floyd
Childhood's End - Cover di Pink Floyd
Lucifer Sam - Cover di Pink Floyd
Echoes - Cover di Pink Floyd

BIS #1

One of These Days - Cover di Pink Floyd
A Saucerful of Secrets - Cover di Pink Floyd
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