Il grande rispetto di Stephen Malkmus per la sua chitarra

Stephen Malkmus è stato il leader dei Pavement. Lasciato il gruppo ha pubblicato album con altre band senza azzardarsi ad utilizzare unicamente il proprio nome per firmare i dischi. Almeno fino al 2019 quando diede alle stampe quello che è il suo primo album solista vero e proprio, "Groove denied" (leggi qui la recensione). L'anno seguente il musicista statunitense, che oggi compie 58 anni, bissò l'impresa con "Traditional techniques". Da allora più nulla. Per festeggiarne il compleanno vi invitiamo a leggere la recensione che scrisse per noi Daria Croce del suo secondo e (al momento) ultimo album solista.
Ogni volta che penso a Malkmus mi viene in mente la spilletta che da circa 20 anni è fissata alla cinghia della mia chitarra, presa a un concerto del Nostro insieme ai suoi Jicks a inizio Duemila. Quel gadget, con la scritta “Who The Fuck Is Stephen Malkmus?”, rappresenta la vena ironica dell’ex Pavement, la sua voglia di divertirsi e il non prendersi troppo sul serio, nonostante rappresenti una delle figure più iconiche dell’indie anni Novanta.
Non prendersi troppo sul serio non significa non prendere sul serio quello che si fa. Tant’è che Malkmus ha sfornato tre album in un paio di anni, iniziando con “Sparkle Hard” ancora coi Jicks nel 2018, per poi proseguire da solista con “Groove Denied” nel 2019 e ora con “Traditional Techniques”.
Questo album, fortemente acustico, ci accompagna lungo un viaggio nelle radici del folk americano, contaminato da sonorità orientali e arrangiamenti di sitar, a partire dal brano di apertura “ACC Kirtan”. È un viaggio lento come queste giornate di quarantena, ma tranquillo: tra accenni di fingerpicking e slide, si tratta di 11 tracce che ti fanno respirare a pieni polmoni tra gli spazi aperti delle lunghe strade americane, con l’orizzonte a perdita d’occhio - e in questo periodo, non è cosa da poco.
Malkmus si è avvalso della collaborazione di Chris Funk, chitarrista dei Decemberists, Matt Sweeney dei Chavez e del musicista afgano Qais Essar, per pubblicare un album che rende omaggio alla tradizione folk a stelle e strisce, con qualche novità.
Per la prima volta, infatti, Stephen suona una 12 corde e, da quanto ha raccontato a “Rolling Stone” nel corso di un’intervista, pare che tutto sia partito da lì: “Ho una chitarra a 12 corde che ho comprato qui a Portland, l’avrò pagata 700 dollari. Ho cercato di rivenderla in un negozio, ma mi hanno detto: ‘Questa è sfondata, posso darti 300 dollari’. Ho risposto: ‘Non hai rispetto per questa chitarra! Ti dimostrerò cosa può fare’”. E lo ha dimostrato.