George Harrison, la riedizione di "Wonderwall Music"

Dark Horse Records ha affidato a BMG la distribuzione delle riedizioni degli album da solista in studio di George Harrison in formato Zoetrope - una tecnologia che è piuttosto complicato spiegare a voce; eccone un esempio video con l'album "Cracker island" dei Gorillaz:
I primi due album di questa serie di riedizioni sono "Wonderwall Music", uscito nel novembre del 1968, e "Electronic Sound", uscito nel 1969.
Pubblicato il 1° novembre 1968, “Wonderwall Music” fu non solo la prima uscita discografica ufficiale della Apple, ma anche il primo album di un Beatle senza gli altri tre. L’album rappresentò per Harrison la possibilità di amalgamare in musica le due culture musicali, quella occidentale e quella orientale, della cui sintesi era stato una forza trainante sin da quando nel 1965 aveva scoperto la musica indiana attraverso il maestro di sitar Ravi Shankar.
Ricevuta la commissione dal regista Joe Massot, Harrison compose questa colonna sonora includendovi musica indiana e brani in stile rock, con sortite sperimentali, psichedeliche e nella musica d’atmosfera.
Le incisioni furono lunghe e si tennero in momenti e studi separati, producendo un totale di trentasei pezzi, diciannove dei quali inclusi nell’album. Le sessions cominciarono con due giorni di registrazioni (22-23 novembre 1967) ad Abbey Road, dove Harrison incise alcuni pezzi in stile indiano, dei quali apparentemente solo uno (il frammento incorporato in “Dream Scene”) sarebbe stato incluso nell’album: “India” (o “Fool’s Dance”) si ascolta invece nella colonna sonora. Altre incisioni si tennero in date imprecisate ai De Lane Lea Studios a Londra, dove furono incisi i tre brani “Tabla and Pakavaj”, “Gat Kirwani” e “Love Scene” assieme ai musicisti indiani Aashish Khan e Mahapurush Misra. Ancora ad Abbey Road (11, 20, 31 dicembre 1967 e 5 gennaio 1968) furono registrati altri quattordici brani. Dodici furono incisi con l’apporto di un gruppo di Liverpool, i Remo Four, che i Beatles conoscevano bene: fondato nel 1958, aveva avuto anch’esso Brian Epstein come manager. Il quartetto comprendeva Colin Manley (chitarre), Tony Ashton (tastiere), Philip Roger (basso) e Roy Dyke (batteria). Sette pezzi furono inclusi nell’album, mentre altri cinque (“Drilling a Home (version 2)”, (“Drilling a Home (version 3)”, “Commercials”, “Mother” e “In the First Place”) rimasero esclusi: i primi quattro si ascoltano nella colonna sonora, il quinto è stato pubblicato nell’edizione 2014 in cd di “Wonderwall Music”. In altri due pezzi, “Ski-ing” e “Are You in a Hole?” (presente solo nella colonna sonora) fecero un cameo anche Ringo alla batteria e Clapton alla chitarra.
Una parte importante delle sessions ebbe luogo tra il 9 e il 13 gennaio 1968 presso gli HMV Studios di Bombay. Per reclutare i musicisti indiani, il 29 dicembre 1967 Harrison inviò un telegramma a Shambu Das, un allievo di Ravi Shankar, chiedendo di avere in studio due o tre shehnai, tre sitar e un tar shehnai, uno strumento indiano dal suono simile ad un violino. Le sedute si svolsero in condizioni ambientali e tecniche tutt’altro che favorevoli: venne utilizzata una macchina a due tracce e l’acustica degli studi non garantì un perfetto isolamento dai rumori esterni. Le sessions di Bombay produssero tredici brani: sette tracce (“Microbes”, “Fantasy Sequins”, “In the Park”, “Guru Vandana”, “Gat Kirwani”, “On the Bed” e “Singing Om”) furono inserite sull’album, altre cinque si ascoltano nella colonna sonora (“Butterflies”, “Factory Wedding Scene”, “Through the Wall”, “On the Roof” e “Wonderwall”), mentre “Almost Shankara” è stata pubblicata nell’edizione 2014 del disco.
Le registrazioni finali e le sovraincisioni avvennero tra il 30 gennaio e l’11 febbraio, nuovamente ad Abbey Road, con il completamento di “Dream Scene”. In date imprecisate furono invece incisi altri quattro pezzi, cui sono stati attribuiti i titoli “Butterfly Legs”, “Clearing the Wall”, “What Nobody Knows” e “Glass Box/Unit No.5”: anche questi sono presenti nel film. Il risultato del lungo lavoro fu che, a fronte di un budget stimato di 600 sterline, il costo finale raggiunse l’esorbitante somma di 15mila sterline, e Harrison dovette accollarsi la differenza.
L’album si apre in stile indiano. È un raga molto suggestivo, “Microbes”, a dare il via a “Wonderwall Music”. Su un tappeto di sitar, la melodia piangente del brano è affidata al suono dello shehnai, con frasi a risposta. L’atmosfera cambia con “Red Lady Too”, incisa con la partecipazione dei Remo Four. Strumento guida è un pianoforte dal suono metallico, sostenuto da una parte di batteria suonata con le spazzole e dal suono dei flauti del Mellotron.
I ritmi indiani tornano con “Tabla and Pakavaj”, un interludio di percussioni etniche dal ritmo veloce, suonate su un bordone di strumenti indiani a corda. Il sitar è invece protagonista in “In the Park”, dove si possono ascoltare alcuni rumori di sottofondo causati proprio dall’imperfetta acustica degli studi: sono i taxi della metropoli indiana.
“Drilling a Home” è invece una traccia in stile vaudeville, con pianoforte barrelhouse e una parte di banjo, probabilmente opera di Peter Tork. Ad un certo punto, il brano vede un netto cambio di tonalità, dovuto all’accelerazione accidentale del nastro e il pezzo termina con un effetto loop in stile film comico.
“Guru Vandana” vede protagonista ancora il caratteristico suono dello shennai, qui dai toni molto ritmati e sincopati, quasi in stile jazz. La breve “Greasy Legs” è invece completamente suonata con Mellotron e harmonium, che fornisce il tappeto sonoro del drone, un rimando proprio alla musica indiana.
“Ski-Ing” è il brano rock della raccolta, basato su un incessante riff con la partecipazione di Clapton alla chitarra e di Ringo alla batteria. Oltre al sitar in sottofondo, il pezzo vede la presenza di chitarre distorte, dalle sonorità simili a quelle che sarebbero utilizzate nel “White Album” e in particolare in “Helter Skelter”. Fu lo stesso Clapton a sovraincidere tutte le parti.
Segue “Gat Kirwani”, un altro raga con Aashish Sarod al sarod, sostenuto da sitar e tabla, mentre “Dream Scene” è la traccia più lunga del disco, divisa in tre parti: in pratica, un medley tra musica indiana ed occidentale. La prima sezione è un raga indiano, con sarod, tabla, effetti backwards e alcune voci; la seconda vede la pianoforte (suonato da John Barham) e Mellotron, mentre la terza presenta Tommy Reilly all’armonica, Barham al flicorno, piano ed è piena di effetti sperimentali, con rumori di sottofondo, sirene, campane di chiese, nastri loop e voci sconnesse.
“Party Seacombe” è una traccia di sapore psichedelico, nello stile di “Flying”, incisa ancora con i Remo Four. L’arrangiamento comprende chitarre acustiche flangiate, elettriche con effetto wah-wah, percussioni e una parte di batteria molto sincopata e ricca di fill; potrebbe essere stato proprio Ringo a suonarla.
Un esempio dell’abilità di Harrison nella contaminazione tra i linguaggi musicali orientale e occidentale trovava un’applicazione interessante nell’uso delle sovraincisioni, una novità assoluta per la musica indiana: ad esempio, “Love Scene”, vanta diverse parti di sarod sovrapposte da Aashish Khan, con la tecnica del botta-e-risposta. Nuovamente in stile indiano è “Crying”, brevissimo pezzo, caratterizzato da un suono ipnotico e malinconico: non è certo si tratti dello shenhai oppure dell’esraj. Harrison avrebbe ripreso un estratto della melodia di questo brano per la sua “Save the World”, la canzone di chiusura dell’album “Somewhere in England” (1981).
Altri due brani incisi con i Remo Four sono “Cowboy Music” – in stile Western – e “On the Bed”, basata su una melodia indiana ma con un background rockeggiante che comprende batteria, percussioni e chitarre. Al basso c’è il cameo di Big Jim Sullivan (1941-2012), uno dei session-men più richiesti della scena del rock e del pop britannico. Un raga brevissimo caratterizzato da una parte di sitar insistente a cura di Indril Bhattacharya è “Glass Box”, mentre “Fantasy Sequins”, riprende le sonorità di “Crying”. Il brano forse più evocativo dell’album è “Wonderwall to Be Here”, uno struggente strumentale condotto dal pianoforte “basato su una progressione in modo minore, una specie di variazione alla Liberace su ‘While My Guitar Gently Weeps’”. “Wonderwall Music” si chiude con “Singing Om”, la recitazione a più voci del celebre termine sacro della religione induista (l’Om, appunto) su una base con harmonium e bansuri, un tipico flauto indiano fatto di bambù.
Pubblicato il 1° novembre 1968 in Gran Bretagna e il 2 dicembre negli Stati Uniti, “Wonderwall Music” uscì praticamente a cavallo del “White Album” (22 novembre). La copertina riprendeva la locandina del film: disegnata da Bob Gill, John Kelly e Alan Aldridge, riproduce un disegno con al centro un muro di mattoni: da un lato il protagonista e dall’altro un gruppo di donne e fanciulle in un parco. Una inserzione promozionale a tutta pagina per “Wonderwall Music” apparve su “Billboard” il 14 dicembre 1968: presentava la foto di Harrison inclusa all’interno del “White Album”, contornata da un muro di mattoni.
L’album ottenne una buona risposta di pubblico e riscontri lusinghieri da parte di qualche critico. Il disco raggiunse il n.49 su “Billboard” e la rivista specializzata “Films and Filming” scrisse: “La musica di Harrison rimpiazza i dialoghi quasi come faceva un organista dei tempi del cinema muto.” La recensione di “Record Mirror” apparve il 7 dicembre 1968: “L’album rappresenta appieno il modo in cui la mente di Harrison sta espandendo i propri orizzonti sulla scena musicale.” scrisse la rivista. “Ciononostante, la sua natura ed il suo approccio sono da specialisti. Anche se per un disco che porta il nome di un Beatle.”
Luca Perasi è l'autore di "I Beatles dopo i Beatles", il libro da cui è stato ricavato questo articolo.
