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Kurt Cobain: il primo tentativo di suicidio

Kurt Cobain: il primo tentativo di suicidio

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Questo testo è tratto, per gentile concessione dell'editore italiano, da "Montage of heck", tratto (dall'omonimo documentario della Universal Pictures) da Brett Morgen con Richard Bienstock.

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Per l’edizione italiana:
© 2015 RCS Libri S.p.A., Milano
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In una comunità dove le vanterie sessuali sono al centro di ogni  conversazione, io ero un ragazzino immaturo e sottosviluppato che non scopava mai e veniva costantemente preso in giro. Oh, povero piccolo! 
La cosa mi rodeva, soprattutto perché ero sempre arrapato e spesso  dovevo inventarmi storie come: “Quando sono andato in vacanza, ho incontrato una tipa e a letto l’ho fatta impazzire” e bla bla bla. 
Questo problema tipicamente adolescenziale era la mia preoccupazione  principale, insieme a mio padre e alla mia matrigna. La solita vecchia  storia della matrigna cattiva. E così, nell’arco di un solo anno, sono stato ospitato dai nonni materni e paterni e da quattro zii e zie. E in terza media mia madre non ha avuto altra scelta che tenermi con  lei, perché una mattina mio padre ha impacchettato le mie cose e mi ha lasciato davanti a casa sua. Lei non la prese bene e io mi sentii respinto. 

Ma poi un giorno scoprii il grande rimedio: la marijuana. Potevo dimenticare i miei problemi senza correre il rischio di un crollo nervoso. E così diventai amico di Trevor. Lo odiavo, ma era l’unica persona da cui potevo procurarmi l’erba. Era il boss. Trevor, Ace, John, Darren – spazzatura bianca, rifiuti dell’umanità, secondo  gli universitari – dopo la scuola andavano a casa di quella ragazza  e un giorno invitarono anche me. Quando suonammo alla porta, ci aprì una tipa molto grassa che ci fece cenno di entrare. All’inizio non mi accorsi che era un po’ strana, finché qualcuno non mi disse che era in una classe differenziale. Sono sicuro che molti la considererebbero una “ritardata”, ma per me era soltanto un po’ lenta. I ragazzi andavano a trovarla per rubare bottiglie nella sua cantina. Mentre alcuni la distraevano, uno scendeva a far razzia di bottiglie. L’abbiamo fatto ogni giorno, per un mese intero, senza mai farci beccare. E in quel mese gli abusi mentali di mia madre raggiunsero il culmine. Avevo scoperto che la marijuana non mi aiutava più a risolvere i miei problemi e mi divertivo a compiere gesti di ribellione, come rubare bottiglie o spaccare vetrine di negozi. Avevo deciso che entro la fine del mese successivo avrei smesso di sedermi sul tetto meditando di buttarmi e l’avrei fatto davvero. Ma non me ne sarei andato da questo mondo prima di scoprire com’era andare a letto con una donna. 

Così un giorno, dopo la scuola, andai da solo a casa di quella ragazza. Mi offrì dei Twinkies e io mi sedetti in braccio a lei e le dissi: “Scopiamo”. Le palpeggiai il seno e lei andò in camera e si spogliò davanti a me. Mentre la guardavo, mi resi conto che stava per accadere davvero. Cercai di scoparla, ma non sapevo come fare e le chiesi se l’aveva mai fatto prima. “Un sacco di volte” rispose lei, “soprattutto con mio cugino.” Ma la sua vagina e il suo sudore avevano un odore tremendo e non riuscii ad andare fino in fondo. Ne ebbi un tale rimorso che per una settimana non andai a scuola e quando alla fine ci tornai mi beccai una sospensione per le assenze ingiustificate. Come se non bastasse, quel giorno il padre della ragazza entrò a scuola urlando che qualcuno aveva abusato di sua figlia. Così, a pranzo la voce iniziò a girare e all’uscita tutti mi aspettarono per insultarmi e sputarmi addosso, chiamandomi “stupratore di ritardate”. Non sopportavo di essere ridicolizzato in quel modo. Così mi ubriacai, mi feci una canna e mi sdraiai sui binari, con due pesanti blocchi di cemento per bloccarmi il petto e le gambe, aspettando il treno delle  undici. Il treno si avvicinò sempre di più e poi, all’ultimo momento, si azionò lo scambio, e anziché travolgermi lo vidi sfrecciare sul binario accanto. 

La tensione prodotta da questo episodio mi impedì di tornare a scuola. E il treno mi spaventò a tal punto che decisi di seguire una terapia riabilitativa. Gli esercizi con i pesi e il mio rendimento scolastico migliorarono, aiutandomi a vincere un po’ la depressione, ma continuavo a non avere amici perché odiavo tutti  per la loro falsità.

(Trascrizione di una registrazione privata)

 

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