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John Densmore (Doors): "Non sono in vendita"

Il fondatore e batterista del gruppo continua la sua battaglia solitaria
John Densmore (Doors): "Non sono in vendita"

A 79 anni, in pausa dal disco che sta realizzando con Chuck D dei Public Enemy, l'ex Doors John Desnmore ha presentato “The Doors Unhinged”, sottotitolo ”l’eredità di Jim Morrison va a processo”, libro in cui ripassa la battaglia solitaria stia portando avanti il fondatore e batterista dei Doors: le tappe infernali di anni in causa contro i suoi «fratelli musicali» che volevano svilire il catalogo della band. In pratica, andò in tribunale per impedire lo sfruttamento dei Doors a fini commerciali particolarmente beceri. Il volume del 2013 è stato ristampato, anzi quasi riscritto, con ampie aggiunte sullo stato attuale del music biz, ovvero la corsa dei giganti come Bruce Springsteen e Bob Dylan a vendere (vendersi?) le proprie canzoni, incuranti che possano finire sulla réclame di un deodorante o di assorbentissimi pannolini.

Visto che anche metà del catalogo di Michael Jackson è stato appena venduto, c’è bisogno di fare qualche passo indietro per capire come nasce il punto di vista di Densmore. Primo flashback, un pomeriggio del 1965: lui, Jim Morrison, Ray Manzarek e Robby Krieger, fermano le prove in garage per fare un patto. Stabiliscono che andrà tutto diviso per quattro, compresi i crediti delle canzoni, e ognuno avrà diritto di veto sulle decisioni del gruppo.

Secondo flashback, una mattina del 1967, dopo il successo di “Light My Fire”: Jim Morrison urla «Fanculo! Avete rovinato tutto! Avete venduto l’anima al diavolo». Non ha mai alzato la voce con i suoi amici finora, però, al rientro da un viaggio a Londra, scopre che i tre hanno firmato un contratto per cedere “Light My Fire” alla pubblicità della Buick, in cambio di 75.000 dollari. «Ah sì? Allora sapete che faccio? Sfascio la fottuta Buick sul palco, la riduco in polvere con un martello. Inauguro una nuova parte del concerto, si chiamerà “Fai la Buick in mille pezzi”, poi vediamo se vogliono ancora usare una canzone dei Doors per la loro merdosa macchina sportiva».

Morrison chiama gli avvocati e riesce a cancellare l’accordo. Qualcosa però si è già rotto. Non l’automobile, la fiducia. Tanto che prima di partire per Parigi, dove sarà ritrovato morto in una vasca da bagno come un Marat davidiano, istruisce il manager affinché nessun accordo commerciale venga fatto in sua assenza. Molti milioni di dischi dopo, con Jim sottoterra, i restanti membri della band ricevono un’offerta astronomica (15 milioni di dollari) per dare “Break On Through to the Other Side” allo spot della Cadillac. Densmore è l’unico che si oppone (al posto dei Doors accettano i Led Zeppelin). Di nuovo, nel 2002, Manzarek e Krieger mettono su un tour chiamato “The Doors of the 21st Century”, con tanto di logo ufficiale, a quel punto Densmore li querela. Loro controquerelano, chiedendo 40 milioni di dollari per i danni provocati da Mr.Veto, che non fa che boicottare i loro progetti.  

Lui non arretra, e anche su “Forbes” e al Santa Barbara Museum of Art, qualche giorno fa, ha spiegato la sua posizione: «Senza lo spirito di Jim, “le porte” non si aprono. E lo spirito è incompatibile con il compromesso. Potevano chiamarsi come volevano, ma non suonare in quanto Doors. Poi, riguardo alla cessione dei brani, capisco se sei agli inizi e hai bisogno di monetizzare per pagare l’affitto, ma noi non avevamo problemi economici. Jim era un tipo autodistruttivo, ma non materialista. Nel periodo di maggiore successo noi tre esageravamo, compravamo case e macchinoni, lui no. Viveva in un motel. Devo onorare Jim e le nostre canzoni. Non si possono inquinare così».

Dice di essersi sentito così in colpa per la cifra ingente che Francis Ford Coppola pagò per mettere “The End” nel film “Apocalypse Now”, che da allora devolve il 10% delle sue entrate in beneficenza, soprattutto ad organizzazioni ambientaliste. E quello, tra l’altro, fu un uso artistico benedetto della canzone.

Il tema ricorrente di Densmore è il “greed gene”, il gene dell’avidità, l’accumulo insensato di ricchezza, la mentalità affaristica che ha corrotto gli ideali Sixties. In tribunale, alla fine, ha vinto lui. Chitarrista e tastierista (scomparso dieci anni fa) hanno già venduto le loro quote, perciò Densmore ha scritto un testamento affinchè i suoi eredi non facciano lo stesso. Almeno per una settantina di anni, sarà protetto. Tom Waits nella prefazione del libro scrive: «C’è chi ha ancora principi che non possono essere ceduti. Densmore non è in vendita, e questo è il suo regalo a noi». 

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