La “preghiera rumorosa” di Vasco Brondi
Tra apocalisse e rinascita. Tra fine e nuovo inizio. “Distruggevano e ricostruivano e ancora distruggevano e ricostruivano e ancora distruggevano e ricostruivano e ricostruivano e ricostruivano”, canta come fosse un mantra Vasco Brondi in un “Un segno di vita”, nuova canzone che anticipa e dà il titolo al nuovo progetto discografico in uscita a marzo e al tour di dodici date che partirà in aprile. È una delle prime grandi canzoni italiane di questo 2024. Si tratta di un ritorno che arriva a distanza di tre anni da “Paesaggio dopo la battaglia”, il primo album che Brondi aveva pubblicato a suo nome dopo la conclusione del progetto Le Luci Della Centrale Elettrica, uno dei pochi dischi italiani usciti in quel periodo che è stato in grado di riflettere sulle ferite della pandemia, senza iperboli, e allo stesso tempo gettare lo sguardo oltre.
Un disco che ha rappresentato e rappresenta una lunga traversata sulle rovine dell’uomo, a caccia di una nuova luce, attaccati come non mai alla vita. È proprio su quel confine, tra distruzione e ricostruzione, che da tempo, forse da sempre, si muove la poetica di Brondi che anche nei momenti più difficili, ha saputo raccontare la “resistenza” dell’uomo, quasi come fosse la radice di una pianta universale che riemerge dalla terra dopo i bombardamenti. “Un segno di vita” ha tutti gli stilemi musicali e di racconto del cantautore ferrarese, ma c’è anche di più, si percepisce un’evoluzione: è un brano melodico, musicalmente aperto che si sposa molto bene con il modo di cantare di Vasco. La produzione e la composizione sono curate da Federico Dragogna e Federico Nardelli.
Lo spiega così: "'Un segno di vita' è una preghiera rumorosa dedicata a questo presente complesso, ambientata in un paesaggio di bombardamenti e città disastrate per il cambiamento climatico. Scoprire i primi germogli che crescono a Hiroshima dopo la bomba atomica, i fiori che crescono anche nel deserto. Provare a intravedere il futuro, come nelle profezie, la pioggia che fa sparire le strade, la pianura che tornerà un bosco. La cantilena degli esseri umani, costruire e distruggere e poi ricostruire. Come scriveva Calvino 'adesso più che mai è importante cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio'". C’è perfino un richiamo a un canto di chiesa: “Resta con noi che si fa sera resta con noi è quasi primavera”. È il Brondi che tutti conosciamo, sciamanico e spirituale e allo stesso tempo estremamente concreto, capace di gettarci addosso la realtà, risvegliandoci.