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Così “Non sono una signora” ispira serie, film e programmi tv

L’impatto dell’inno femminista di Loredana Berté: da Luca Marinelli alla cover in “Suburræterna”.
Così “Non sono una signora” ispira serie, film e programmi tv
Credits: Netflix

Il primo a omaggiarla fu, nel 2016, Gabriele Mainetti. La scena in cui Luca Marinelli prima cita in romanesco i versi della canzone (“Io me so’ stancato de rimane’ qui, crocifisso ar muro”) e poi comincia a cantare la hit che nel 1982 consacrò Loredana Berté (“È un volo a planaaaare, dentro al peggiore motel… daje regà tutti insieme… Non sono una signora, una con tutte stelle nella vita”) rimane una delle più iconiche di “Lo chiamavano Jeeg Robot”. L’ultimo tributo è quello firmato dai musicisti Ariel Lerner e Elisa Zoot della band alternative rock londinese dei Black Casino and the Ghost, che hanno composto la colonna sonora di “Suburræterna”, lo spin-off di “Suburra” appena arrivato su Netflix: nel sesto e nel settimo episodio della serie tv si ascolta una cover spiazzante di quello che è il successo più rappresentativo di Loredana Berté, tra l’industrial e l’elettronica. Questa versione dark della hit è associata ai personaggi di Angelica e Nadia, interpretate rispettivamente da Carlotta Antonelli Federica Sabatini. In mezzo citazioni in altri film, programmi tv, manifestazioni e cover. Sono le mille vite di “Non sono una signora”, hit per cui il tempo - per citare il ritornello della canzone - non è mai finito.

Nel 2020 Giorgia realizzò una cover di “Non sono una signora” per il progetto I Love My Radio: “Ho scelto ‘Non sono una signora’, scritta da Ivano Fossati nel 1982 per la nostra grande unica e inimitabile Loredana Berté, che lo ha reso un pezzo di storia della nostra musica”, annunciò la cantante romana, che reinterpretò la hit in chiave elettropop. L’anno seguente a celebrare l’impatto sulla cultura pop italiana di “Non sono una signora”, alla vigilia del quarantennale della pubblicazione (la canzone fu pubblicata nell’estate del 1982, vendette oltre mezzo milione di copie, vinse il Festivalbar a pari merito con “Bravi ragazzi” di Miguel Bosé e subito diventò un successo in Sud America grazie alla cover in lingua spagnola della cantante venezuelana Melissa), ci pensò “Addio al nubilato” di Francesco Apolloni, su Prime Video: in una scena del film le quattro protagoniste, Laura Chiatti, Antonia Liskova, Chiara Francini e Jun Ichikawa, erano vestite come Loredana Berté nel videoclip cult del 1982, con l’abito da sposa sotto una giacca rossa. E a sorpresa compariva la stessa cantante, come Guest star, arruolata per un cameo: “Usate bene il tempo, perché non sappiamo quanto ne avremo a disposizione. Io ho settant’anni e ancora non sono una signora”, diceva la Berté alle protagoniste della commedia tutta al femminile su cinque amiche che si danno appuntamento per festeggiare gli ultimi giorni da single di una di loro.

“Anche a distanza di quattro decenni questa canzone continua ad essere il mio manifesto. E se devo dire una cosa, la dico”, sottolineò Loredana Berté lo scorso anno, parlando del quarantennale del brano, diventato un inno all’empowerment femminile, all’emancipazione, al coraggio e alla determinazione delle donne (e non solo: all’inizio dell’anno la hit ha dato anche il titolo al programma di Alba Parietti su Rai2 dedicato alle drag queen). Tematiche attualissime, oggi. E infatti capita spesso di ascoltare “Non sono una signora” dagli altoparlanti delle manifestazioni dei movimenti femministi, che hanno scelto le parole del testo della canzone, firmato da Ivano Fossati, come slogan dei cortei: “Mi rende orgogliosa. Non sono stata una vera e propria militante, ma con la mia musica e con il look ho sempre cercato di abbracciare le idee del movimento, offrendo l'immagine di una donna libera, indipendente, combattiva, selvaggia”, ha commentato Loredana Berté.

Libere, indipendenti e combattive lo sono anche Angelica e Nadia, le due regine della criminalità romana le cui vicende sono romanzate nella serie Netflix ispirata al romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini dal quale già nel 2015 Stefano Sollima trasse un film. La cover di Ariel Lerner e Elisa Zoot, già dietro “Gotham”, “Shameless” e ”Vetro” (Zoot ha anche collaborato con i Calibro 35 alle colonne sonore di “Blanca” e “Blanca 2” e con “Durango Blues”, composta insieme a Michele Braga e contenuta nel film “Benedetta follia” di Carlo Verdone, nel 2018 ha ottenuto una nomination ai Nastri D’Argento), celebra la sorellanza delle ragazze, due per cui la guerra non è mai finita: è una rielaborazione piuttosto audace della hit, che però negli episodi rappresenta bene lo spirito ribelle del brano e ne certifica la forza, l'impatto e la potenza.

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