Colapesce e Dimartino: "Cantiamo insieme a Ivan Graziani"

“Sono stato espulso dal college per aver copiato ai miei esami di metafisica, avevo sbirciato nell'anima del mio vicino”, dice Woody Allen in “Io e Annie” del 1978. Colapesce e Dimartino, con il loro nuovo e secondo album "Lux Eterna Beach", ascoltabile dal 3 novembre, in tour dal 23 dello stesso mese, fanno lo stesso: creano un mondo sospeso e metafisico fotografato nella copertina e scavano talmente a fondo, indagando su anime diverse, da trovare fili rossi comuni, che vanno dall’emozione alla paura. È così che, con il loro pop d’autore, scorgono il presente. Duettano realmente con Ivan Graziani in “I marinai”, descrivono l’amore con ironia, raccontano storie di personaggi al limite, così simili a noi, tanto da chiederci un po’ stupefatti come abbiano fatto a sbirciarci, per l'appunto, dentro.
Il disco ha tanti riferimenti musicali, da Battiato ai Radiohead, ma anche un suono vostro, che vi contraddistingue. Da dove siete partiti per ottenerlo?
Colapesce: “Noi lavoriamo molto sulle preproduzioni, avevamo tante idee che in qualche modo erano già state sperimentate con Federico Colombo e Giordano Nardelli nella colonna sonora del film ‘La primavera della mia vita’. Oltre al loro lavoro, ci sono anche gli arrangiamenti orchestrali di Davide Rossi. Inoltre suonando tanto live l’affiatamento tra noi è cresciuto e questo ha portato all’idea di dare una maggiore organicità a tutto il progetto. Abbiamo lavorato sulle chitarre, sulle microfonazioni, tutto in modo compatto”.
Dimartino: “Rispetto a ‘I mortali’, il nostro primo disco, questo secondo progetto è molto più omogeneo. È stato tutto scritto nello stesso periodo, ha un sound ‘unico’, nel senso che non ci sono canzoni che non si amalgamano con le altre, pur avendo strutture diverse”.
Questa ricerca di un sound “vostro” è una risposta all’appiattimento di molta musica contemporanea?
Dimartino: “Per noi sì. Da tempo siamo alla ricerca di qualche cosa che ci caratterizzi e che in qualche modo sfugga alle playlist in cui tutte le canzoni di artisti pur diversi, però, si assomigliano”.
Colapesce: “Questa cifra stilistica è anche sui testi: non vogliamo girare intorno ai concetti in modo effimero o essere criptici. Ci interessa il nocciolo della questione. Noi siamo innamorati di quei cantautori che mettono a disagio, che usano parole forti in modo poetico. Piero Ciampi e Luigi Tenco sono due esempi di questo approccio alla scrittura”.
"Lux Eterna Beach" è un luogo sospeso in cui, al di là di quello che siamo o pensiamo, ci mette tutti sullo stesso piano
Dimartino: “La canzone ‘La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d’accordo’ è forse il manifesto questa visione. Quel ‘d’accordo’ non è un caso: c’è un’essenza che ci lega tutti perché tutti siamo esseri umani al di là delle differenze. Al di là dell’intelligenza artificiale, al di là delle proprie credenze politiche, ci commuoviamo per le stesse cose, per una luce che sfiora la spiaggia. È questo il significato del disco”.
A proposito di credenze: “Ragazzo di destra” sembra un pezzo snob, senz’altro pieno di stereotipi. Il suo vero significato è in quel “Sei sul ciglio di una scogliera, come me hai paura ma è una splendida sera”?
Dimartino: “In questo brano il denominatore comune, quello che unisce, è la paura. E infatti cantiamo proprio ‘come me hai paura’. Noi non diciamo ‘sei dalla parte del torto’, ma semplicemente ‘abbiamo paura come te’. Questo perché avere paura può generare odio, posizioni estreme e violente, e può capitare a tutti”.
Colapesce: “Il brano è intriso di stereotipi appositamente, ma le idee che raccontiamo, dal figlio naturale a quella del blocco dell’invasore, sono vere e fanno parte di chi sposa un certo credo. Non ce le siamo inventate. Alcuni definiscono questo pezzo ‘ironico’, ma non lo è”.
E che cos’è allora?
Colapesce: “È un guardarsi negli occhi tra persone diverse, ma uguali. Con tutte le debite proporzioni, a noi ricorda ‘La guerra di Piero’ di De André, nel significato: a un certo punto questi due militari, con divise diverse, si ritrovano sullo stesso crinale con le stesse inquietudini. De André ci schiaffa in faccia l’orrore della guerra”.
Di chi è la voce femminile in “Forse domani”?
Colapesce e Dimartino: “Joan Thiele”.
In copertina c’è il Gal – il Centro Internazionale per le Scienze Astronomiche di Palermo - e voi siete vestiti come nell’artwork di "E già" di Lucio Battisti del 1982. Che cosa volete trasmettere?
Dimartino: “Volevamo rievocare le opere di Giorgio de Chirico. Il dettaglio più interessante della copertina è la meridiana che punta sull’una e dieci che è il momento esatto in cui è stata scattata la foto. Lo abbiamo fatto per ricordarci che stiamo vivendo qui e ora. Questo disco è molto focalizzato sul presente. Non c’è passato, non c’è nostalgia come ne ‘I mortali’. La metafisica che esprime la copertina non vuole raccontare il domani, bensì l’oggi in un luogo che non esiste che per noi è ‘Lux Eterna Beach’ dove ci sono il ragazzo di destra, una star del porno, Ivan Graziani e altri personaggi che popolano le nostre canzoni e, come ci siamo detti, hanno tutti qualche cosa in comune”.
“I marinai”, per l’appunto, ha al suo interno la voce di Ivan Graziani che canta strofe inedite. È stata la famiglia a fornirvi la registrazione?
Colapesce: “Questo pezzo è stato possibile grazie a due interventi, quello dell’etichetta Numero Uno e quello della famiglia. Filippo, figlio di Ivan, è venuto in studio, abbiamo ascoltato la traccia con lui e ci ha chiesto di intervenire. Noi inizialmente eravamo impauriti. Ci siamo detti: se riusciamo a realizzare qualche cosa di significativo la teniamo, se no facciamo un passo indietro. Dopo diverso lavoro e mantenendo intatto un certo approccio, rifacendoci a dischi come ‘I lupi’ del 1977, l’abbiamo fatta ascoltare a Filippo e alla moglie di Graziani. È piaciuta”.
Dimartino: “Avevamo in mano solo delle strofe inedite di fine anni ’80. Non c’era il ritornello. E così abbiamo chiesto alla famiglia se potessimo scriverlo. Le strofe di Graziani sono incredibili: ‘Mi guadagno il pane come tutti fanno per ogni figlio che è rimasto in mezzo al mare…il cielo, il vento e il mare siamo noi’. Sembrano parole scritte oggi. Noi cantiamo con lui sospesi nel tempo e nello spazio”.
La traccia finale, che offre il titolo al disco, è puramente strumentale. Perché questa scelta?
Dimartino: “Perché dialoga con l’inizio del disco e perché volevamo lasciar parlare la musica, ribaltando completamente l’idea iniziale che era quella di chiudere con un discorso registrato. È un disco già pieno di parole e punti di vista, è giusto che la musica abbia il suo sfogo. Il cantautore corre il rischio di diventare verboso, mentre questa strumentale chiude un cerchio. Ci siamo ispirati ai Cure di ‘Disintegration’, in particolare al brano ‘Plainsong’”.
In Italia un pop accattivante e d’autore ha spazio oggi?
Colapesce: “Sì, si può fare. Noi non ci sentiamo portatori di alcun primato, ma di certo viaggiamo verso questa direzione. Sarebbe bello, però, che ci fosse una vera scena a supporto di questa visione. Mi spiego: ‘Splash’ rimane in classifica tot settimane, bene, ma se quando scende non sale qualche cosa di simile, che ha radici comuni, tutto perde significato. C’è bisogno di una nuova scena, un po’ come quella da cui siamo partiti tanti anni fa e che nel tempo si è dissolta”.
Dimartino: “Io credo in questa terza via. Ovvero inserire dei contenuti in brani leggeri da tre minuti: è la forza della canzone. Si possono dire cose importanti rimanendo orecchiabili, soprattutto in questo momento in Italia, per noi, c’è spazio per questa idea”.