Avete mai ascoltato la prima versione in italiano di “Beggin’”?

La versione dei Maneskin conta ad oggi 1,4 miliardi - sì, miliardi - di streams complessivi a livello mondiale su Spotify: suonata per la prima volta dal gruppo a X Factor nel 2017 e inclusa in quello stesso anno nell’Ep d’esordio del gruppo “Chosen”, ha spopolato ovunque nel mondo, come noto, in seguito alla vittoria di Damiano David e soci all’Eurovision Song Contest 2021 con “Zitti e buoni”, quando ha cominciato a circolare su TikTok prima come trend e poi come inarrestabile fenomeno globale. Quella dei norvegesi Madcon, che stasera saranno tra gli ospiti di Arena Suzuki dai ’60 ai Duemila (su Rai1), uscita nel 2008, nove anni prima della cover della cover dei Maneskin, in qualche modo ha beneficiato dell’exploit della versione della rock band romana: su Spotify conta 347,2 milioni di ascolti. Quando uscì fu un successo gigantesco nelle classifiche europee, tanto da conquistare un Disco di platino nel Regno Unito (all’epooca, prima dello streaming - sembra un’altra era, e forse lo è - si premiava con il platino i singoli che avessero raggiunto almeno le 600 mila unità vendute) e in Spagna, il Disco d’oro in Francia e Germania. Ha inevitabilmente goduto del boom dei Maneskin anche la versione originale dei Four Seasons, che per primi incisero “Beggin’” nel lontano 1967: su Spotify la versione inclusa nel long playing del 1967 “New gold hits” ha superato i 30 milioni di streams. Merita una menzione anche il remix del 2007 curato di Pilooski, il vero anello di congiunzione tra i Four Seasons e i Madcon: fu dopo aver ascoltato il remix del dj francese, l’unica versione a non aver beneficiato del successo dei Maneskin, che il duo composto da Tshawe Baqwa e Yosef Wolde-Mariam si convinse a incidere una rivisitazione hip hop di “Beggin’”. Ma c’è una versione di “Beggin’” che in pochi conoscono. In Italiano. Uscita esattamente cinquant’anni prima della cover dei Maneskin a X Factor. Non ci credete?
Nel 1967 tra i primi in Europa a reinterpretare la canzone pubblicata quello stesso anno oltreoceano dai Four Seasons di Frankie Valli fu Riki Maiocchi, con “Prega”. Tra gli importatori in Italia del beat, Enrico Maiocchi - questo il vero nome del cantante milanese, che nel 1967 aveva 27 anni - nel 1964 era stato uno dei fondatori dei Camaleonti, di cui fu il frontman nel periodo beat più impegnato, prima di lasciare il posto a Mario Lavezzi (che traghettò la formazione in testa alle classifiche con singoli come “Applausi”, “Io per lei” e “Viso d’angelo”). Dopo la breve esperienza con i Camaleonti, Maiocchi se era volato nel Regno Unito in cerca di nuove ispirazioni e influenze: a Londra Maiocchi aveva incontrato il chitarrista Ritchie Blackmore (non ancora membro dei Deep Purple), il batterista Ian Broad (lo aveva conosciuto a Milano quando quest’ultimo faceva parte del complesso The Bigs), il batterista Arvid Andersen e un secondo chitarrista di nome Billy Gray. In quattro e quattr’otto aveva messo su un nuovo complesso, Maiocchi & The Trip (chissà a quale viaggio alludeva il nome), che dopo le prime esibizioni sui palchi della scena underground londinese - persino insieme a Jimi Hendrix, o almeno così racconta la leggenda - aveva provato a lanciare anche in Italia: l’esperienza si era rivelata un insuccesso totale, perché pochissimi mesi dopo Blackmore se ne era tornato nel Regno Unito, andando a fondare di lì a poco i Deep Purple.
Da solista, all’inizio del 1967, sulla scia del successo del 45 giri “Uno in più/Non buttarmi giù”, un milione di copie vendute, Maiocchi aveva partecipato al Festival di Sanremo - l’edizione segnata dalla tragica morte di Luigi Tenco - in coppia con Marianne Faithfull, che allora era compagna di Mick Jagger (quell’anno sul palco del Casinò della Città dei Fiori, ancora sede della kermesse, arrivarono anche Sonny Bono e Cher e Dionne Warwick, tra gli altri), con “C’è chi spera”. Forse il Festival non era ancora pronto alla rivoluzione beat, che pure aveva cominciato a imporsi già da un paio di anni grazie agli stessi Camaleonti, ai Dik Dik, a Patty Pravo, agli Equipe 84, a Caterina Caselli. “Forse una nuova voce sta cantando per chi spera”, cantava Riki Maiocchi, alludendo alla rivoluzione in corso. Le giurie sanremesi non avevano apprezzato, eliminando il brano senza consentire a Maiocchi di partecipare alla serata finale della kermesse. Fu subito dopo il Festival che il cantante milanese incise “Prega”, riscrittura in italiano del brano firmato da Bob Gaudio e Peggy Farina che oltreoceano Frankie Valli e soci avevano portato ai primi posti della Billboard Hot 100, la classifica relativa ai singoli più venduti negli Stati Uniti. Più o meno contemporaneamente in Spagna la band Duo Inter pubblicò “Ruega”, in Francia Claude François fece uscire invece “Reste”.
A firmare il testo in italiano ci pensò - indovinate un po’ - Mogol, che (re)interpretò a modo suo l’originale di Gaudio. Frankie Valli cantava: “Stendi la tua mano amorevole, piccola, perché ti sto implorando”. Riki Maiocchi, invece, cantava: “Prega, prega tu, tu che ancora credi / prega, prega tu, tu che ancora vedi”. Il brano uscì come lato b del 45 giri “Prendi fra le mani la testa”, scritto da Mogol su musica di Lucio Battisti. Non fu un successo, nonostante la partecipazione del cantante milanese al Festivalbar e al Cantagiro: Battisti a sua volta si ne “riapproprierà” di “Prendi fra le mani la testa” incidendo la canzone nel 1973 per l’album “Il nostro caro angelo”, dandole una nuova vita. La carriera di Riki Maiocchi si arenò poco dopo e il cantante si ritirò a vita privata, salvo poi tornare a mostrarsi al pubblico partecipando negli Anni ’80 a diverse trasmissioni revival degli Anni ’60, da “Bandiera gialla” a “Una rotonda sul mare”. Malato da tempo, Maiocchi è scomparso a soli 63 anni nel 2004.