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La visione artistica di Moby

Oggi è il compleanno del musicista newyorkese
La visione artistica di Moby

Il newyorkese Richard Melville Hall, meglio conosciuto con il nome d'arte Moby, non è un artista qualunque. Moby è DJ, produttore discografico, cantante, cantautore, fotografo, esponente di prima linea del veganismo e della lotta per i diritti degli animali. Sebbene le sue idee e convinzioni fuori dal contesto musicale possono essere più o meno condivise, è innegabile il contributo che Moby ha avuto nello sviluppo della musica elettronica dagli inizi degli anni Novanta ad oggi. Moby ha venduto oltre 20 milioni di dischi in tutto il mondo ed è considerato una delle più importanti figure della musica dance contemporanea, contribuendo a portare quel genere di musica ad un pubblico più ampio sia nel Regno Unito che in America. Nella sua ricca carriera, fatta di una ventina di studio album, tanti remixes e qualche EP, Moby ha toccato uno svariato numero di generi musicali: hardcore techno, breakbeat, elettronica e house music, rock alternativo, elettronica downtempo, ambient e altri ancora.

Il disco simbolo di Moby rimane senza dubbio “Play” del 1999; l'album ha venduto 6.000 copie nella sua prima settimana ed è rientrato nelle classifiche all'inizio del 2000 diventando un successo inaspettato, producendo otto singoli e vendendo oltre 10 milioni di copie in tutto il mondo. Per festeggiare i 58 anni di Moby, abbiamo pensato di proporvi la rilettura della nostra recensione del suo ultimo disco, "Resound NYC", uscito lo scorso mese di maggio.

Nel maggio 2021 Moby pubblicò un disco per la Deutsche Grammophon, storica etichetta di musica classica, un lavoro in cui rivedeva in chiave orchestrale una manciata di brani della sua carriera, accompagnato da ospiti illustri quali Kris Kristofferson, Mark Lanegan, Jim James e Skylar Grey. A due anni di distanza Richard Melville Hall (aka Moby) torna sul progetto e, ancora per quella iconica etichetta, pubblica un ideale seguito di “Reprise” dal titolo “Resound NYC”. Una nuova rilettura, sempre con lo stesso spirito orchestrale, di quindici brani che ha scritto tra il 1994 e il 2010 mentre viveva a New York. Ognuna delle tracce dell'album ha la sua anima strumentale fatta con sintetizzatori analogici e mellotron usati insieme ad archi e ottoni più tradizionali a cui si unisce un ensemble da camera. Il risultato è un affascinante suono, intenso, caldo e corposo che fa del bene alle versioni originali.

Ad accompagnarlo in questo lavoro di “auto cover” ci sono dei preziosi featuring, diversi da quelli delle versioni originali. In “Resound NYC” sono con lui tra gli altri: Gregory Porter, Ricky Wilson (Kaiser Chiefs), Margo Timmins (Cowboy Junkies), Marisha Wallace, Amythyst Kiah, Nicole Scherzinger, Lady Blackbird, Dougy Mandagi (The Temper Trap). Oltre a questi nomi noti Moby ha chiamato anche delle sue “scoperte” come P.T. Banks ascoltata mentre cantava ad una cerimonia nuziale in Texas, a lei si unisce, nella rilettura di “Run On” l'anziano padre dell'affascinante Danielle Ponder.

In realtà delle quindici tracce, quattordici sono del repertorio di Moby, mentre una è una “scheggia impazzita”: la cover di “Helpless” di Neil Young (brano del 1970 contenuto in “Deja Vu” album firmato Crosby, Stills, Nash & Young). In questa nuova versione molto lenta appaiono Margo Timmins e Damien Jurado e il risultato è più vicino al mondo dei Cowboy Junkies più che a quello di Moby.

Nel complesso il lavoro di “rilettura” del suo repertorio presenta delle nuove brillanti versioni, diverse dagli originali, a volte più “piene” altre “più essenziali” ma sempre perfettamente riuscite che donano nuova linfa alle composizioni originali, rendendole contemporanee e meno “urban” rispetto a quelle del passato. La presenza e la perfetta fusione tra la parte orchestrale e quella elettronica aggiungono calore e forza emotiva a queste nuove versioni. Il fatto poi che le registrazioni avvengano decenni dopo si sente anche dal punto di vista sonoro e della sua qualità. Tutto il disco è pervaso dal calore, dalla forza di queste nuove versioni che sono “studiate”, ricercate ma mai fini a se stesse o sterili. È un profondo lavoro di rilettura che tuttavia non “nasconde” gli originali. Il disco si muove tra brani ritmati, a volte esplosivi (“South Side” resa in una solare versione nu jazz), che conservano quello stile tipico di Moby e brani più lenti, qualcuno che ti strappa la pelle di dosso (“Walk With Me” con Lady Blackbird, “Run On” in una versione bluesy minimale o “When It’s Cold I’d Like To Die“).

Le canzoni cambiano in alcuni casi in modo evidente, “Hyenas” ad esempio viene allungata da tre minuti e mezzo a sei minuti, ma anche “South Side” e “Slippin Away” ma niente viene stravolto, i cambiamenti sono sensati, senza nessuna furia “distruttiva” o ricerca forzata del “nuovo”. È un lavoro sottile, artigianale, per quanto evidente, frutto di una grande maturità e visione artistica, figlie di un artista capace di manipolare la musica, dotato di grande creatività, derivante anche dalla lunga esperienza. Da ascoltare godendone ogni singola nota e paragonando le nuove versioni con gli originali per un viaggio nel mondo musicale del newyorkese Moby.

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