Nel dissing fra Salmo e Luché c’è un vincitore

Sia benedetta la nobile arte del dissing in cui la tecnica conta, certo, ma non è tutto. L’importante, come nella boxe, è incassare e affondare, incassare e schivare, inanellando, colpo su colpo, barra su barra, gli insulti più originali, divertenti e velenosi. Non è un freestyle, è pura creatività quella che porta a schiacciare “rec” attaccando il proprio rivale. L’obiettivo non è dimostrare quanto si sia bravi, ma realizzare un ko tecnico con punchline che spezzano il fiato. E non è un caso che Salmo e Luché, in questo ping-pong spassosissimo, stiano scrivendo alcune delle loro migliori rime degli ultimi anni perché mossi da un fuoco. Dando per buono che non ci sia nulla di artefatto (la loro rivalità è ben nota e storica), questo dissing è una luce che squarcia l’oscurità del rap italiano contemporaneo per due motivi: il primo è per il periodo storico in cui avviene.
In questi anni, al contrario di quando per esempio Vacca e Fibra nel 2014 misero in piedi uno scontro rap epico, i rapper ci hanno abituato a frecciatine nelle canzoni o a lamentose storie Instagram, ma mai, recentemente, hanno trasformato un’antipatia in un prolungato contrasto attaccandosi artisticamente come vorrebbero i codici hip hop. Anzi a volte è capitato di vedere “rivali” arrivare perfino a collaborare al servizio dell’orrida fabbrica dei feat e del marketing. E invece, finalmente, giù le maschere e al bando le ipocrisie: Salmo e Luché la smettono di punzecchiarsi e passano all’azione, alla musica. Il dissing, sin dagli albori, fa parte dell’essenza del rap. Ed è pura adrenalina positiva quando rimane nei giusti confini, ovvero quelli artistici. E qui veniamo al secondo motivo per cui il dissing tra Salmo e Luché, se rimane a questi livelli, è una boccata d’ossigeno: anche grazie alla maturità dei due artisti coinvolti (Salmo nel suo live a Genova, nelle stesse ore in cui veniva dissato da Luché ha chiesto al pubblico di non insultarlo perché non gli piacciono le gogne), ma soprattutto sull’onda dell’amore che i due hanno per la cultura hip hop, la battaglia è solo a livello di rime.
Sì, va bene, si minacciano di beccarsi in strada e di scassarsi di botte, ma sembra più cinema che realtà. E deve rimanere così. Negli ultimi anni abbiamo assistito a delle faide fra giovani (che si definisco "rapper", ma che con il rap hanno poco a che fare) che, a causa di improbabili rivalità fra quartieri, sono sfociate in episodi di violenza fisica, sequestri e rapine. Quella non è musica, non è rap, è solo delinquenza. Salmo e Luché ci ricordano che per innalzare l’amore per questo genere, per sfogarsi e “vincere”, si può e si deve impugnare un microfono, non un'arma. Per le nuove generazioni, che un dissing di un certo spessore, in tempi recenti, in Italia non l’hanno ancora ascoltato, e che spesso sono intossicati da atteggiamenti e immaginari da gangster, tutto questo non è per nulla scontato. È un insegnamento e trasmette passione creativa. Che cosa si dicono i due? Di tutto. Luché schernisce il rivale per la sua partecipazione “imbarazzante” a Sanremo e lo accusa di aver regalato diecimila biglietti per riempire lo stadio di San Siro in occasione di un suo concerto, la voce sarda contrattacca paragonando l’ex Co’Sang alla mala, lo considera un “rosicone”, un “frustrato” che avrebbe chiesto un feat a Vasco, non andato poi a buon fine .
Salmo ha la lingua pesante e tecnicamente è devastante, Luché affonda la lama dove sa che fa più male. Salmo bullizza, Luché scredita. Una sfida tra due big assoluti. Tirano in mezzo familiari, ex ragazze, vecchi concerti, campionamenti e brani: un ottovolante di rime e suoni. In tutto questo è stato sbloccato anche il personaggio segreto: Inoki, fatto salire sul ring da Luché, a sua volta ha dissato il rapper partenopeo in un nuovo pezzo. C’è un vincitore assoluto: il rap game, il rap in generale. Che al contrario di altri generi non deve per forza essere conformista e paraculo e può regalare il grandissimo privilegio di insultarsi in una canzone sfogandosi senza filtri. La possibilità di mandarsi affanculo con arte, tecnica e creatività, senza violenza fisica, è pura libertà.