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Zucchero: "Del politically correct non me ne frega un cazzo"

"Fabrizio De André poteva dire ‘buco del culo’ e io no?”.
Zucchero: "Del politically correct non me ne frega un cazzo"

Volete vedere un concerto fatto di tanta musica suonata, di canzoni belle e melodiche così come di brani potenti e ballabili, di soul, funk, rock, blues, pop, di allegria e malinconia, di colori e bianco e nero, di vecchia, sana, buona musica suonata che di ‘vecchio’ in realtà non ha un bel niente? Bene, se è così forse è il caso che andiate a vedere il tour di Zucchero, il suo “World Wide Tour” che, ha aperto la sua ‘italian leg’ nel magico e meraviglioso spazio delle Terme di Caracalla a Roma e che porterà in giro Adelmo Fornaciari e la sua super band in tanti luoghi altrettanto belli di tutta Italia.

Diciamolo subito: è un concerto molto divertente, con musicisti di livello altissimo, con un repertorio che farebbe invidia a chiunque visto il perfetto equilibrio tra hit single trascinanti e ballate con un indiscutibile fascino. Ma non è, nonostante le 2 ore e 45 di durata, un semplice ‘best of’: piuttosto un interessante ritratto dell’artista da adulto, che a sessantasei anni non sembra intenzionato a mettere la testa a posto, a tirare i remi in barca, a godersi la pensione, anzi è ancora baldanzoso, emotivamente coinvolto, canta con passione e con gran voce, e si lascia trascinare dalla musica muovendosi sul palco con il suo solito modo svagato e casuale, a seconda di come tira il vento. Il che, francamente, rende lo spettacolo particolarmente gradevole, per tutti i gusti.

E sarebbe ragionevole dire anche ‘per tutte le età’ perché quello che Zucchero propone non è un modo ‘vecchio’ di fare le cose, con tanti musicisti che suonano davvero, pochi, pochissimi, interventi di tecnologia elettronica, ma un modo ‘giusto’ di farle, con una buona quota di calore e comunicativa non solo da parte sua ma anche da parte di tutta la nutritissima e stellare band che lo accompagna. Non ci sono concessioni al gusto corrente, insomma, si tratta di uno show di Zucchero, fatto di carne e sangue, di sudore e lacrime, di blues, soul, funky e rock, di ballate melodiche che sono costruite a puntino per lasciarsi cantare con della sana malinconia, insomma tutto quello che ci deve essere in un concerto di un grande della musica italiana, che è cantautore ma non solo, che è musicista ma non solo, è intrattenitore ma non solo, è interprete ma non solo.

Quello che non è è “divo” o “star”, non ha nessun atteggiamento che lo renda tale, piuttosto è il compagno di classe fortunato che ce l’ha fatta, lo zio ‘strano’ che invece di lavorare in banca è su un palco a suonare ancora, il bluesman di provincia che ha girato il mondo e che è tornato a casa, il brillante amico che sa sempre come dire la cosa giusta, magari anche piacevolmente esagerata o ridanciana, magari terribilmente sentimentale o fantasiosa, e la dice al momento giusto. E’ insomma un gran bel concerto, come del resto sono sempre stati i concerti di Zucchero, uno dei più grandi per quel che riguarda il live nel nostro paese, una spanna più in alto della media, da qualsiasi punto di vista lo si voglia guardare.

Dopo il concerto, il giorno dopo, spazio alle parole, in una affollata conferenza stampa, nella quale Zucchero racconta di come è iniziato l’anno, con la scomparsa dell’amico Jeff Beck, con il quale stava pensando a una collaborazione, con i tour in Scandinavia e Stati Uniti, con l’orchestra e l'altro amico Andrea Bocelli, “una esperienza interessante perché non avevo mai cantato così con un’orchestra”, sottolinea. E poi il giro del mondo, con le tappe italiane ed europee che andranno avanti fino ad agosto concludendosi in Spagna. E’ uno show che, nella generale allegria ed entusiasmo che esprime, tiene in sè anche il fatto che “ci sono forze oscure che aleggiano”, dice Zucchero, “non riesco a pensare al futuro, con le guerre, i conflitti, i disaccordi e le disarmonie che ci sono nel mondo o i disastri come quello della Romagna. Non vedo la primavera, speriamo arrivi presto”. Qualcuno gli chiede se pensa che alcuni suoi testi, che un tempo erano accettabili, oggi potrebbero finire sotto la scure del ‘politically correct’: “Non me ne frega un cazzo”, taglia corto lui, sottolineando, come aveva già fatto dal vivo, che la storia del blues è piena di poesia come di volgarità e che a lui piace così: “E anche se è vero che non sono certo Fabrizio De André, lui poteva dire ‘buco del culo’ e io no?”.

Si parla ovviamente anche dei due concerti ‘speciali’ intitolati “Amore e radici”, che saranno il 9 e 10 giugno prossimi alla RCF Arena di Reggio Emilia, dove, allo stato attuale, ci sarà praticamente soltanto lui, “sono a casa mia, voglio fare un concerto mio”. Un ospite ci sarà, e sarà Salmo, che Zucchero ha ‘scoperto’ essere un suo fan dopo la performance sanremese del rapper: “E’ un musicista preparato, con un grande bagaglio musicale, conosce la mia musica, siamo diventati amici. Altri? Per ora non ne abbiamo bisogno, poi vedremo…”. Gli interessa lavorare con artisti giovani? “Mi chiedono di lavorare con giovani, non ci riesco. Io  concepisco la musica fatta di melodia, di spazi aperti, oggi invece mettono una parola ogni dieci secondi, non riesci a esprimerti. Detto questo, Salmo mi piace, e posso pensare a fare delle cose con lui. Le collaborazioni sono belle ma devono essere motivate e credibili. Ci sarà seguito? Non so neanche cosa farò io. Attualmente non ho nemmeno un contratto discografico, il precedente era molto lungo, ho consegnato l’ultimo album. Nel mercato è cambiato totalmente tutto: l’altro giorno parlavo con il manager di Paul McCartney, non riesce a piazzare Santana, è scaduto il contratto e non lo vogliono. Io non ho ancora parlato di contratti, non so cosa accadrà. Con quelle che un tempo erano le case discografiche non parli più di musica,  fanno solo i conti, e allora io con chi parlo?”

Come ovvio c’è chi gli chiede qualcosa di legato all’attualità e alla politica, c’è chi prova a chiedergli se gli interessa lavorare con un armocromista: “Sono tutte cagate”, taglia corto, “anni fa Armani o Versace mi regalavano delle belle giacche, le ho ancora, ogni tanto le indosso. Ma di base mi vesto come mi pare, non fa parte della mia storia badare al look”.

Il concerto è un bel gioco di contrasti tra atmosfere e passioni: “Io tendenzialmente sono malinconico, anche se sul palco non sembra, sembro uno che tira, che è sicuro, allegro, mattacchione. Invece fondamentalmente sono malinconico da quando son nato, è una condizione bella e creativa, basta che non sia depressione. Tendo a vedere le cose con un velo di malinconia, e lo preferisco all’ “andrà tutto bene”. E se vedo quello che succede in Ucraina penso che la realtà sia preoccupante”. E per quello che riguarda il futuro, magari dell’intelligenza artificiale con la musica, ha le idee chiare: “Lo dice la parola stessa: ‘artificiale’, quindi sarà una musica artificiale, a mille miglia da me. E se invecchiare artisticamente significa fare quello che sento, sarò vecchio come il cucco, invecchieremo io e la mia musica così, ci faremo compagnia”.

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