Blanco: “Mina è il mio idolo, sogno un duetto con Celentano”
Quando Blanco salta sul cornicione di piazzale Michelangelo a Firenze per cantare la struggente “Lacrime di piombo” con lo sguardo verso il vuoto e il corpo che sembra appeso magicamente al cielo, c’è un sussulto generale. Anche la polizia, presente per controllare la ressa dei fan, sgrana gli occhi. Michelangelo, rimasto a terra, forse è davvero lui che anche questa volta gli ha messo le ali, non si scompone e continua a suonare il piano, accompagnandolo nella performance. In quell’equilibrio fra romanticismo, fisicità e pericolo, c’è l’essenza di un ventenne con i numeri di un gigante, oltre 50 dischi di platino e quasi 3 miliardi di stream sulle piattaforme, che ha intitolato il suo nuovo e secondo album “Innamorato”, una lettera a cuore aperto in primis alla vita.
Selvaggio
“Ho registrato delle serenate a sorpresa tra i fan in diverse città italiane che andranno a comporre un docufilm - racconta Blanco sulla poltrona di un hotel fiorentino - si tratta di un progetto particolare che raggruppa tutti questi momenti ad altri passati in Bolivia. Non è il solito docufilm, è un vero viaggio, proprio come il nuovo disco. In Bolivia abbiamo scattato anche la copertina del progetto, talmente sorprendente da sembrare finta (uno scatto di Chilldays nel deserto boliviano Salar de Uyuni, ndr). Siamo stati anche nella giungla. È proprio quello che cercavo: un luogo non globalizzato in cui immergermi per dare il via all’idea di ‘innamorato’, che non si riferisce solo alle relazioni tra le persone. È un concetto più ampio che riguarda anche l’esistenza”.

Le corse in mutande nei boschi, i live tesi e corporali come nella grande tradizione del rock, la rabbia, l’energia: c’è un lato del carattere di Blanco che non è addomesticabile e si riverbera anche nella musica. “Ha sempre fatto parte di me, ma con il successo forse si è amplificato - confida - gli spostamenti, gli hotel a cinque stelle, i concerti, i riflettori, i fan, sono tutti elementi che rischiano di farti restare dentro una bolla. Io abito sul lago di Garda, tutti i giorni ho bisogno di vedere l’acqua e la natura. Andare all’estero ti permette di uscire da quella bolla e di fare una vita più normale, anche perché fuori Italia non mi riconoscono. Posso camminare libero per strada senza che qualcuno mi faccia video da distante o mi chieda a ogni passo una foto. Amo la gente, ma è importante rompere i propri recinti”.
Il duetto con Mina e la musica italiana
L’unica collaborazione del disco è con Mina sul brano “Un briciolo di allegria”. Un duetto chiacchierato, attesissimo e discusso. “Io e Michelangelo avevamo questo pezzo, incompleto, di cui non ero convinto e ho sparato, sognando, il nome di Mina come possibile feat - ricorda Blanco - Paolo Zanotti (A&R di Island Records, ndr) lo ha proposto e lei incredibilmente ha accettato. Non l’ho incontrata e neppure sentita al telefono, lei fa così, si sa. Ho conosciuto il figlio, Massimiliano Pani, abbiamo lavorato con lui. Lei per me è un vero idolo: la sua interpretazione di ‘Capirò’, cover che ha inciso negli anni ’70, è straordinaria”. Innamorato anche della musica italiana, soprattutto di quella più datata, con chi duetterebbe se potesse sognare? “Adriano Celentano. Adoro tantissimo la musica del nostro Paese, in particolare quella degli anni ’60 e ’70 - prosegue - è stata musica capace, con un’identità, di conquistare anche l’estero. Oggi quel processo sembra essersi in larga parte arrestato. I Maneskin sono stati bravissimi a imporsi a livello internazionale con pezzi in inglese, ma poi nei live cantano anche in italiano. E vedere i francesi e gli americani cantare i loro pezzi in italiano è bellissimo. Amo l’arte del nostro Paese, dobbiamo valorizzarla meglio e cercare di esportarla”.
Vada come vada
“Innamorato” è un disco ricco di melodie: diversi brani, se scarnificati, come dimostrano le serenate in giro per le città, non perdono la loro forza. “Il pezzo del disco che mi rappresenta di più? ‘Vada come vada’ - sottolinea Blanco - dentro c’è la mia filosofia di vita. Nell’album parlo di tanti aspetti del mio percorso. Parlo della mia attuale ragazza Martina, ma anche dell’ex Giulia. Non voglio nascondere nulla. Racconto sentimenti veri. Martina, quando ha ascoltato la canzone ‘Giulia’, ha capito. È una persona più matura della sua età. Non è una lettera d’amore, ma il racconto di un capitolo della mia vita. Il passato fa parte di tutti noi, non può e non deve essere nascosto”.

Quel “vada come vada” sembra appiccicarsi anche sul calendario: sul 4 luglio a Roma e sul 20 luglio a Milano, date dei primi due suoi concerti allo stadio. Meno di tre anni fa scriveva le prime canzoni in cameretta. Non è stato tutto troppo veloce? “Bruciare le tappe è sbagliato, ma io arrivo a cantare negli stadi senza l’ansia del sold out. Non riuscirò a riempirli? Non importa, è l’esperienza che per me conta. Voglio vivere situazioni che mi facciano crescere”, schiva i colpi Blanco.
I fiori di Sanremo
La sua partecipazione al Festival di Sanremo, con la distruzione dei fiori sul palco, ha creato una lunga scia di polemiche. Anche su questo il diavoletto di Calvagese della Riviera ci mette la faccia, ma non rinuncia a spiegare il suo punto di vista. “Mi dispiace molto per quello che è accaduto e ho chiesto scusa - dice con calma - durante l’esibizione ho detto più volte che non sentivo in cuffia, ma mi è stato risposto di andare avanti. Anche alle prove avevo segnalato il problema tecnico, ma nessuno l’ha risolto. Vedere, però, poi tutta quella repressione e quell’odio uscire e scagliarsi contro la mia persona, mi ha fatto pensare a quanto l’Italia sia ancora indietro su certe questioni. Si è parlato di ‘Blanco rischia fino a cinque anni’. Ma io non ho ucciso nessuno. Quella performance è stata poi cavalcata per fare ascolti. Uno può fare dieci cose belle e poi una brutta, quella brutta non viene perdonata”. Dai fiori ai biscotti marchiati con l’angioletto e l’anno 2003, quello della sua nascita. Molti artisti di nuova generazione investono su locali o moda, Blanco preferisce l’artigianalità, quella dei suoi luoghi. “L’isola delle rose”, si chiama come la sua canzone, è il nome della sua pasticceria a Brescia. “Mio padre ha sempre avuto questo sogno. La gestisce una cara amica. Ci sono dolcetti per tutti e di tutti i tipi. Mi consigliavano di fare degli investimenti, l’ho fatto”, sorride.