"This is not a drill", la "stravaganza rock” di Roger Waters
Il tour europeo di Roger Waters ha preso il via in Portogallo il 17 e 18 marzo con due spettacoli a Lisbona ed è proseguito in Spagna il 21 marzo a Barcellona e nei giorni 23 e 24 a Madrid. Tutto avviene nel bel mezzo dei festeggiamenti per i 50 anni dall'uscita dell'album “The Dark Side Of The Moon” dei Pink Floyd, che la band ha celebrato con un sontuoso cofanetto arrivato nei negori il 24 marzo 2023.
Ieri sera la nuova “stravaganza rock” di Waters ha esordito al Mediolanum Forum di Milano con la prima data del tour italiano, che si dividerà tra Milano e Bologna. Le successive date milanesi sono previste per 28, 31 marzo e 1 aprile mentre il 21, 28 e 29 aprile Waters si esibirà all'Unipol Arena di Bologna.
Un concerto quello di Waters al centro delle cronache anche perché è in atto il tentativo di vietare le due date previste a maggio nelle città di Monaco (21) e Francoforte (28). Le autorità locali hanno definito Waters “uno degli antisemiti più diffusi al mondo” e premono per la cancellazione dello spettacolo. Questa decisione ha sollevato voci di protesta, compresa quella della comica americana ed esperta politica Katie Halper che di recente ha fatto partire una petizione a sostegno del concerto di Waters, firmata tra gli altri da Brian Eno, Peter Gabriel, Eric Clapton, Nick Mason, Tom Morello e Robert Wyatt. Ovviamente l'artista ha mosso i suoi legali per garantire lo svolgimento dei due spettacoli.
Il concerto
Silenzio. Buio. Preceduto da un avviso sonoro, un annuncio rivolto al pubblico viene mostrato sullo schermo e in contemporanea letto dall'inconfondibile voce di Roger Waters: “Signore e signori, prendete posto. Lo spettacolo sta per iniziare. Prima, due annunci pubblici: In primo luogo, per rispetto agli altri spettatori, siete pregati di spegnere i cellulari. E in secondo luogo, se siete di quelli che "amo i Pink Floyd, ma non sopporto la politica di Roger", fareste bene ad andarvene immediatamente a fanculo al bar. Grazie, grazie, grazie. Per favore, sedetevi e godetevi lo spettacolo”. Roger Waters è questo. Prendere o lasciare: la sua storia, la sua carriera, sono tali che può permettersi anche il lusso di urtare le sensibilità dei suo fan. Può anche rischiare di perderne qualcuno per strada: le sue idee, la sua visione del mondo, sono molto più importanti e da grande lottatore, non si muoverà di un millimetro dalle sue posizioni.
La scaletta si apre con una versione devastante "Comfortably Numb", interpretata in modo opposto rispetto a quella che ascoltiamo da oltre quarant'anni. Adesso è spettrale, fredda, glaciale, quasi funerea e come ha fatto notare un giornalista inglese, la musica è stata de-gilmourizzata ma nel contempo non perde fascino, tensione, intensità.
La band è posizionata su un palco aperto a 360 gradi che segue la forma a croce dell'enorme schermo usato per le proiezioni. Le quattro braccia del palco sono unite tra loro da una sezione quadrata, più bassa, collegata con degli scalini, che Waters percorre per tutta la durata dello show per abbracciare il suo pubblico. Lo schermo di questo nuovo tour, una novità che permette una serie di combinazioni visive di grande impatto, riprende l'idea di due dei recenti spettacoli di Roger Waters: il muro posto sul palco dello show The Wall del 2010-2013 e la Battersea Power Station che si formava al centro della sala davanti gli occhi del pubblico nel precedente tour Us + Them.
L'unione di questi due schermi hanno dato vita a una enorme croce adagiata al centro dell'arena, che prima dello spettacolo appare nera e lugubre davanti agli occhi degli spettatori. Le immagini, proiettate su ognuno dei quattro angoli interni della croce, si dividono su due delle otto facciate della struttura: in questo modo tutti gli spettatori possono visionare l'intero contenuto delle tantissime immagini offerte dall'artista durante il concerto. La grande croce tridimensionale posta sul palco centrale divide lo spazio in quattro settori che dividono al proprio interno i musicisti della band. Quando Waters canta l'ultima strofa di Comfortably Numb, lasciando libere nell'aria le parole pronunciate, quasi lette, con voce roca e tagliente, la grande croce si solleva di alcuni metri e dal fondo del palco sale la batteria: i musicisti possono finalmente comunicare - anche visivamente - tra loro, mostrandosi a tutto il pubblico.
Comincia così, con questa atmosfera surreale ma vicina ai tempi bui che stiamo vivendo, la première di uno dei concerti italiani più attesi del 2023. Una tappa importante quella meneghina del tour This Is Not A Drill di Waters, in quanto Waters ha annunciato qualche giorno fa che queste serate verranno riprese per un probabile film.
Il concerto prosegue: Waters punta in alto il dito verso il pubblico e urla: “You, yes you, stand still laddie”. Siamo ancora in territorio “The Wall”, l'album che apre e chiude questo spettacolo: è l'inizio di "The Happiest Days Of Our Lives", seguita da "Another Brick In The Wall part 2", che rispetto alla versione già nota viene privata dalla sezione con la voce degli alunni. Mentre sullo schermo si susseguono una serie di frasi e parole di grandi dimensioni, la musica marcia implacabile mentre il pubblico batte le mani e solleva in alto i telefonini per raccogliere video o foto del momento, seguendo i movimenti di Roger che comincia a girare intorno al palco per rendersi visibile a tutti. Dal palco esplodono verso il soffitto dell'arena alcuni laser, mentre la mini-suite da “The Wall” viene conclusa dall'aggiunta di Another Brick In The Wall part 3.
Un salto nel passato da solista di Waters che esegue "The Powers That Be", dall'album “Radio KAOS” del 1987: la canzone era già presente nei tour di Waters del 1987 e del 1999 ed è tornata in scaletta nel 2022. Il messaggio del brano è sottolineato dalle immagini proiettate sugli schermi: le forze dell'ordine e la loro violenza che si scaglia, spesso gratuitamente e senza motivo, contro le tante vittime dei loro soprusi. E sullo schermo, implacabile, Waters fa andare in successione alcuni nomi di queste vittime, attivisti o innocenti cittadini che si sono trovato nel posto sbagliato: Sean Rigg, Chris Amyotte, Shireen Abu Akleh, Mahsa Amini, Rashan Charles, Philando Castile, George Floyd, D'Andre Camobell, Breonna Taylor, Colin Roach, Rachel Corrie, Marielle Franco e Blair Peach.
Lo schermo ancora protagonista per la canzone successiva: il faccione e la voce di Ronald Reagan con la scritta "Criminale di Guerra – ha ucciso trentamila persone in Guatemala" accompagna la canzone "The Bravery Of Being Out Of Range", eseguita in una versione più lenta rispetto a quella dell'album “Amused To Death” del 1992. Roger Waters la esegue al pianoforte, al centro del palco. Durante il brano si susseguono i volti di altri presidenti come George Bush Jr, Obama e Biden ma il messaggio è sempre quello: sul loro volto la scritta rimane quella scritta che li inchioda: "Criminale di Guerra". Si prosegue con l'atmosfera intimista e Waters propone una canzone scritta nel periodo del lockdown, intitolata "The Bar", anticipata da una lunga presentazione da parte dell'artista.
A risvegliare gli entusiasmi arriva una serie di canzoni dall'album dei Pink Floyd “Wish You Were Here” del 1975. "Have A Cigar", eseguita con vigore dall'ottima band di Waters, propone una serie di foto e di video che scavano nella gloriosa storia dei Pink Floyd, prevalentemente materiale dei primi periodi fino al 1977. A brano concluso, appaiono sullo schermo le parole di Waters che racconta di quando, adolescente, si recò a Londra insieme a Barrett per assistere allo spettacolo di Gene Vincent, evento che fece nascere in loro la voglia di suonare. Nel frattempo Jonathan Wilson introduce con la chitarra acustica le note di "Wish You Were Here", seguito da Dave Kilminster che aggiunge al brano il suo delicato diteggio sulle corde di nylon. Waters, anche lui con la chitarra acustica, la canta quasi sommessamente, sostenuto dal pubblico che fa vibrare in coro le fondamenta dell'arena. Quanto manca Syd Barrett e non solo a Roger Waters, a David Gilmour o a Nick Mason, che nei loro recenti concerti lo omaggiano con le sue geniali canzoni! E vedere il volto di Syd, su maxi schermo, mentre Rog lo ricorda con amore e poesia, è uno dei tributi più profondi mai offerti in un concerto da un ex Pink Floyd. In chiusura di carriera, Waters ricorda con sincera tenerezza il suo vecchio amico e gli anni felici e spensierati della loro adolescenza a Cambridge. Sogni e speranze di due adolescenti, pieni di vita e di sogni di successo che per Waters sono arrivati ma che Barrett ha dovuto pagare duramente.
Il concerto va avanti con una versione rimaneggiata di "Shine On You Crazy Diamond", mentre le scritte sullo schermo raccontano di quando Roger ebbe un esaurimento nervoso negli studi di Abbey Road. Anche in questa occasione vengono mostrate una serie di foto del periodo barrettiano dei Pink Floyd, salutate con calore dal pubblico. Shine On propone le sezioni 6 e 7 e sul finale la 4, concludendo l'esecuzione con il sax di Seamus Blake.
L'atmosfera sognante del brano precedente viene interrotta dal suono di belati, con lo schermo che mostra le immagini di due pecore che volteggiano. Sul palco Waters riproduce con la sua voce quel belare: è il momento di "Sheep", dall'album “Animals” (1977) dei Pink Floyd. Appena Waters inizia a cantare, sullo schermo appaiono dieci, cento, mille infanti in posizione fetale che si muovono nell'aria. Sullo schermo dunque arrivano in successione cani, un tostapane (!), proiettili, un maiale, degli occhi, medicine, il virus del Covid, bottiglie. Quando l'imponente impianto di amplificazione – come da tradizione pinkfloydiana il suono è stato perfetto per tutta la durata del concerto – propone 'intermezzo centrale di Sheep dedicato alla parodia del salmo 23 della Bibbia, dal fondo della sala si rivela una pecora gonfiabile che gira intorno all'arena quasi lambendo le teste del pubblico. Il nuovo gonfiabile floydiano, seguito da un faro luminoso, vola e volteggia su se stesso con Waters che si diverte a “manovrarlo” muovendo nell'aria le sue mani per il divertimento degli spettatori. La pecora appare anche sullo schermo e si moltiplica fino a riempirlo, un vero incubo ovino, seguito da una serie di tweet che riproducono il testo del brano scritto da Waters. A canzone ultimata, sullo schermo appare la scritta “Intermission”, che sancisce la fine del primo tempo del concerto.
Il secondo atto
Un lungo effetto sonoro introduce il secondo set che arriva quando le luci sono ancora accese. L'esplosione sonora è riservata al brano d'apertura di “The Wall”, In the Flesh: intorno allo schermo, dall'alto, scendono giù dei lunghi drappi neri con il logo dei martelli, mentre viene liberato nell'aria Algie, il maiale volante di floydiana memoria che dotato di occhi luminosi rossi e scritta Fuck the poor sul fianco, circola indisturbato illuminato da fari rossi intorno alla Mediolanum Forum di Assago. Immancabile con il cappotto di pelle e gli occhiali scuri arriva sul palco Waters che inveisce nei confronti del pubblico nella classica rappresentazione del dittatore Pink. Alla fine i suoi inservienti uno dei due figuranti che lo seguono vestiti di nero, gli porgono il classico mitra: Waters, che aveva individuato e puntato con il dito la sua vittima, fa partire una sventagliata di colpi sul pubblico. “Are there any paranoids in the arena tonight?”, urla come ai bei tempi Waters aizzando i suoi fan. “This is for you, it's called 'Run Like Hell'” e via con i due chitarristi che lanciano il riff iniziale. Le due coriste Shanay Johnson e Amanda Belair incitano il pubblico a battere le mani al suono della martellante batteria in 4/4 che picchia duro, mentre Waters aizza i presenti: “Follow me. All together now!” e quindi “Enjoy yourself”. Roger la canta con la collaborazione delle due coriste: mentre l'arena si tinge di rosso, arrivano anche le immagini dei famosi martelli che marciano, ereditati dai concerti del 1980-1981, con le enormi scritte Hammer a campeggiare sui maxi schermi. L'esplosione finale che chiude il brano introduce l'intensa "Déjà Vu", in una versione modificata rispetto all'album “Is This The Life We Really Want?” del 2017, con la novità del sassofono che interviene a metà brano: sullo schermo passano sia le immagini in bianco e nero di Waters e la band, sia alcuni slogan firmati dal bassista. Arriva dunque il brano omonimo, sempre dal disco del 2017: "Is This the Life We Really Want?", che Waters sta proponendo a partire dal tour del 2022. Il pezzo viene cantato con voce bassa ed emozionata, una canzone che dal vivo si fa apprezzare toccando note vibranti: Waters è seduto al pianoforte, mima e gesticola le parole che sta pronunciando con intensità, quasi da attore consumato..
The Dark Side of Roger Waters
Quando arriva in chiusura la parola normal, riprodotta sullo schermo con un lettering gigante, ecco che la band si affretta al cambio strumenti e parte una lunga sezione dedicata alla seconda metà dell'album “The Dark Side Of The Moon”. Si inizia con "Money", introdotta dai suoi classici suoni di monete e dal boato del pubblico. Waters si lancia nel celebre riff iniziale col suo basso e il palco prende colorazioni verde-dollaro. La canta Jonathan Wilson che graffia con la sua voce, mentre il sax riporta alla versione di Dick Parry del disco originale. Arriva così il momento per l'assolo, suonato inizialmente dai due chitarristi, uno di fronte all'altro, che è un vero piacere di note e di chiome fluenti, col pubblico che si scatena. L'Hammond di Robert Walter recupera la calda introduzione incisa da Wright nel 1973: è la bellissima "Us and Them", cantata sempre da Wilson mentre sullo schermo passano le immagini del filmato usato dai Floyd negli anni Settanta.
La lunga e strumentale "Any Colour You Like" fa letteralmente andare fuori di testa i presenti, con i giochi di suoni e colori che si susseguono e accavallano come in una infinita giostra cromatica. "Brain Damage" ed "Eclipse" procurano delle emozioni indescrivibili; si tratta forse del più bel finale di un disco rock che sia mai stato scritto e suonato. Il pubblico è in piena trance, molti si muovono a ritmo, altri con gli occhi chiusi o con le braccia alzate verso il cielo, tutti catturati in una dimensione extra-terrena dalla quale non vorresti mai tornare. Quando arrivano i quattro colpi di batteria di Joey Waronker, parte un effetto luci che sorprende e fa urlare di meraviglia tutta l'arena milanese: le luci in sala si spengono e per celebrare la copertina di “Dark Side” appaiono in successione otto enormi triangoli disegnati con i laser tanto grandi da contenere l'enorme struttura dello schermo posto sulle teste dei musicisti. Nel frattempo si muovono le immagini di un fascio luminoso che genera le sei fasce colorate dell'interno della cover; a mano a mano, l'immagine viene completamente coperta dai volti di centinaia di persone, colorati come le sei fasce.
Il finale (con citazione di Bob Dylan)
Waters con l'immancabile chitarra acustica ringrazia i presenti e dopo una lunga introduzione annuncia "Two Suns in the Sunset", il brano conclusivo dell'album “The Final Cut” (1983), l'ultimo disco da lui realizzato con i Pink Floyd, che si avvale di un bellissimo filmato animato apocalittico. Stanco ma mai domo, Roger prende un bicchiere e brinda con la sua band, chiamandoli tutti intorno al pianoforte. Gli occhi sulla tastiera, la voce provata da due ore di spettacolo ed ecco Waters intonare una ripresa di "The Bar", dedicandola a suo fratello John che è venuto a mancare lo scorso anno. Roger racconta anche di essersi ispirato per parte del testo di "The Bar" a "Sad Eyed Lady Of The Lowlands", lunga canzone di Bob Dylan dal doppio album “Blonde On Blonde” del 1966, ringraziandolo per l'ispirazione. Waters riprende così "The Bar", sostenuto dalle coriste e strumentalmente dalla chitarra slide di Kilminster, il sax di Blake, la fisarmonica e gli altri musicisti. Appare sullo schermo la famosa foto di famiglia di Roger infante, ritratto con suo padre, sua madre e suo fratello: di quella famiglia, fotografata in Inghilterra agli inizi del 1944, Waters stringe forte nel cuore emozioni e ricordi, legati indissolubilmente al suo passato, che condivide con orgoglio insieme ai suoi fan. Senza interruzioni, seguendo lo stesso ritmo al pianoforte del brano precedente, Waters introduce "Outside the Wall", brano di chiusura di “The Wall” del 1979 e anche ultimo pezzo dello spettacolo “This Is Not A Drill”. E come nei concerti di “The Wall” dei Pink Floyd, la band continua a suonare con fisarmonica, mandolino, clarinetto e altro e si dirige verso i camerini attraversando la pancia del palco seguiti da una telecamera. Uno alla volta, ripresi sullo schermo con i loro nomi in sovraimpressione, ecco sfilare in successione Amanda Belair, Shanay Johnson, Jon Carin, Gus Seyffert, Seamus Blake, Dave Kilminster, Robert Walter, Jonathan Wilson, Joey Waronker. Ultimo, a raccogliere i meritati applausi, Roger Waters, che saluta e se ne va con il cuore carico d'amore di tutti i suoi fan. In un corridoio sotterraneo dell'arena, ripresi da una telecamera che proietta le immagini sullo schermo, i musicisti si mettono in cerchio e concludono la canzone, condotti dal Comandante Waters, raccogliendo l'applauso finale del pubblico.
Uno spettacolo divisivo
Non è uno spettacolo che mette tutti d'accordo quello proposto ieri sera da Waters a Milano. Roger è un grande artista e come tale spesso è divisivo: esprime il suo pensiero, lo difende con i denti e si racconta con fervore. A volte si dilunga un po' troppo nei suoi lunghi discorsi prima di suonare e non è raro sentire qualche fischio alzarsi tra il pubblico, come è capitato di recente a Barcellona. Lo spettacolo ne risente, specialmente nella prima parte che è piena di messaggi politici che hanno messo a dura prova quei fan arrivati per ascoltare le sue interpretazioni della golden era pinkfloydiana. Il concerto è meno spettacolare rispetto agli standard dei tour precedenti di Waters ma è molto caldo e intimista, si respira quasi aria di casa, di quel bar che sarà il tema del suo prossimo album in studio. Alle soglie dei suoi 80 anni Waters è comunque in forma smagliante, pieno di energia e di voglia di raccontare se stesso e il mondo che lo circonda. Ha voglia di comunicare con il pubblico, parla, sorride, scherza e sa come tenere su uno spettacolo, regalando al suo pubblico suoni e immagini che si inchiodano per sempre nell'anima.
Grazie Roger, il mondo sarà un po' più grigio quando smetterai di regalare la tua arte in giro per il mondo...
SETLIST
Comfortably Numb - Cover di Pink Floyd
The Happiest Days of Our Lives - Cover di Pink Floyd
Another Brick in the Wall, Part 2 - Cover di Pink Floyd
Another Brick in the Wall, Part 3 - Cover di Pink Floyd
The Powers That Be
The Bravery of Being Out of Range
The Bar
Have a Cigar - Cover di Pink Floyd
Wish You Were Here - Cover di Pink Floyd
Shine On You Crazy Diamond (Parts VI-VII, V) - Cover di Pink Floyd
Sheep - Cover di Pink Floyd
Set 2:
In the Flesh - Cover di Pink Floyd
Run Like Hell - Cover di Pink Floyd
Déjà vu
Déjà vu (Reprise)
Is This the Life We Really Want?
Money - Cover di Pink Floyd
Us and Them - Cover di Pink Floyd
Any Colour You Like - Cover di Pink Floyd
Brain Damage - Cover di Pink Floyd
Eclipse - Cover di Pink Floyd
Two Suns in the Sunset - Cover di Pink Floyd
The Bar (Reprise)
Outside the Wall - Cover di Pink Floyd