Pearl Jam, la storia di "Alive"

La prima canzone che gli U2 hanno scritto è "Out of Control", la prima dei R.E.M. è invece "Radio Free Europe". Ottime canzoni, senza dubbio, ma brani che di certo non tutti gli ascoltatori dei due rispettivi gruppi conoscono.
La prima canzone dei Pearl Jam
La prima canzone dei Pearl Jam, non solo in ordine alfabetico, è invece "Alive", ovvero uno dei più grandi successi di sempre del gruppo, un vero anthem della band conosciuto anche da chi di questa band ha sentito solo qualche canzone, anche solo distrattamente.
Figlio, ha detto lei, ho una storiella per te
Colui che credevi tuo padre non era nient'altro che un...
Mentre te ne stavi a casa da solo all'età di tredici anni
Il tuo vero papà stava morendo
Mi spiace che tu non l'abbia conosciuto
Ma sono contenta che abbiamo parlato
Le origini di "Alive" partono da lontano.
Negli loro ultimi mesi di attività, i Mother Love Bone, il gruppo di Jeff Ament e Stone Gossard attivo dopo la fine della loro prima band, i Green River, iniziano a scrivere nuove idee per il loro secondo album.
In attesa della pubblicazione di "Apple", il disco di debutto dei Love Bone, Stone non se ne sta di certo con le mani in mano e continua a scrivere canzoni. Tra queste ci sono "Dollar Short", "Times of Trouble" e "Agytian Crave" che porta al gruppo e che i Love Bone iniziano a lavorare in studio.
Tempo nemmeno di concentrarsi sui nuovi pezzi che per una stramaledetta overdose muore Andy Wood, il cantante del gruppo. Nel corso dell’estate del 90, Gossard insieme a Ament, il nuovo arrivato Mike McCready, Chris Friel - degli Shadow - e Matt Cameron - dei Soundgarden - incidono diversi demo, tra i quali anche "Dollar Short". Gli ex Mother Love Bone cercando quindi un cantante per cercare di andare avanti, nonostante la morte di Wood.
Grazie a un amico comune, Jack Irons, un tempo nei Chili Peppers e ora impegnato con gli Eleven, consegna la cassetta con questi demo a un giovane ragazzo di San Diego che lavora sia come guardia notturna che come roadie al locale Bacchanal.
Non appena riceve la cassetta, Eddie la ascolta tutta notte e va a fare surf nella spiaggia vicina al suo posto di lavoro. Con ancora i piedi sporchi di sabbia, Eddie scrive un testo - per metà autobiografico, per metà inventato - e registra su un 4 piste la parte vocale di "Alive". Il futuro cantante dei Pearl Jam ancora non lo sa , ma ha appena scritto quello che diventerà uno dei classici per la generazione X.
Musica e testo
La musica di "Alive", scritta totalmente da Stone Gossard, ricorda per la sua alternanza tra suoni più acustici ad altri più hard rock, una delle band preferite dallo stesso chitarrista, ovvero i Led Zeppelin. Non è una novità, Stone ama da sempre quei suoni e un pezzo come "Come Bite the Apple", contenuto nel debutto dei Mother Love Bone, ha più di un punto in comune proprio con "Alive".
Il testo invece, come ho già detto, scritto interamente da Vedder, non è l’esortazione alla vita che tutti credono. Anzi…
La maledizione di Alive
Durante lo show al VH1 Storytellers a cui i Pearl Jam partecipano nel 2006, Vedder parla di quella che per lui è la maledizione di "Alive":
Questa è una piccola storia che mi piace chiamare “La maledizione”. La canzone Alive, che è sul nostro primo disco, è stata la prima che abbiamo scritto come gruppo ed è una canzone che abbiamo suonato centinaia di volte dal vivo. Si è trasformata nel corso degli anni, non tanto negli arrangiamenti o per come la suoniamo, ma nell'interpretazione. La storia originale raccontata nella canzone è quella di un giovane uomo che viene a conoscenza di alcune verità sconvolgenti. Una di queste è che l'uomo con cui è cresciuto e che ha sempre pensato fosse suo padre in realtà non lo è. Come se questo non fosse già abbastanza duro da accettare, la seconda sconvolgente verità è che il vero padre è morto alcuni anni prima. Così, quando la madre rivela queste informazioni sulla morte del padre, il ragazzo non è più molto stabile, a quel punto della sua crescita è confuso.
Lo so perché conosco questo tizio, non bene, ma lo conosco... cioè, quel tizio sono io, ma mi conoscevo appena all’epoca. A dire il vero c’era a malapena qualcosa da conoscere. Quindi il ragazzo prende tutte queste rivelazioni come una maledizione. Ok, mi racconti dei segreti che dovrei perdonare, ma devo trovare un modo per conviverci. Ok, papà è morto ma io sono ancora vivo e devo scendere a patti con questo, quindi per me era una maledizione, “io sono ancora vivo”. Qualche anno dopo, suonavamo davanti a folle sempre più numerose che rispondevano a questa maledizione in un modo che non avrei mai immaginato... ragazzi che saltavano, usando i loro corpi per esprimersi e cantando il ritornello “io sono ancora vivo” in massa. Ogni sera, quando vedevo questo mare di gente reagire con la loro interpretazione positiva, era davvero incredibile. Il pubblico ha cambiato il significato di queste parole e quando cantano “io sono ancora vivo” è come se celebrassero. E il punto è questo: quando hanno cambiato il significato di quelle parole, hanno annullato la maledizione.
Nel gennaio del 1991, il gruppo, ancora chiamato Mookie Blaylock, si reca presso lo studio London Bridge di Seattle e incide alcuni demo. Tra questi c’è "Alive", la quale take sarà proprio quella inserita come terza traccia in "Ten". Ma prima dell’uscita del loro debutto, "Alive" viene pubblicata in una versione leggermente diversa, prima in un sampler per la serie Coca-Cola Pop Music, poi come primo promo in cassetta della band, con "Wash" e "I’Ve Got A Feeling" - una cover dei Beatles - inseriti come lati B e poi ancora come primo singolo ufficiale dei Pearl Jam, con la famosa copertina con l’iconico stockman, disegnato da Jeff Ament.
Le diverse versioni di un classico
Di "Alive" esistono addirittura altre sue versioni, quella remixata da Brendan O’Brien per il best of pubblicato dal gruppo nel 2004 e un ennesimo nuovo mix, sempre curato da O’Brien, è inserito nella legacy edition di "Ten", pubblicata nel 2009.
Alcune curiosità: l’assolo presente nella versione di "Alive" contenuta in "Ten" è stato creato in studio da Tim Palmer durante il mix del disco nel giugno 1991 in Inghilterra utilizzando diversi assoli di chitarra incisi da McCready, che comunque non si dirà mai soddisfatto della take inclusa in "Ten". E pure la take presente nel primo in cassetta è diverso da quello che tutti conoscono…. Proprio di questo assolo, Mike svelerà di essersi totalmente ispirato a quello di Ace Frehley dei Kiss nella loro "She", a sua volta ispirato da quello di Rob Krieger per "Five To One" dei Doors.
Per "Alive" viene anche girato un video, il primo della band, diretto in bianco e nero da Josh Taft, un amico d’infanzia di Stone Gossard. Il gruppo decide di esibirsi dal vivo il 3 agosto 1991 al RockCandy di Seattle e di registrarlo proprio lì, in presa diretta. Ed è questo il segreto del successo di questo video. Si sente che il gruppo suona dal vivo e non recita. Il video di "Alive", con Matt Chamberlain che suona la batteria rispetto alla versione studio dove c’è invece Dave Krusen, viene trasmesso per la prima volta si MTV nel settembre 1991 e si segnala per un’altra curiosità: tra il pubblico del video c’è anche Dave Abbruzzese, che da lì a poco prenderà il posto di batterista dei Pearl Jam al posto di Matt Chamberlain.
Sebbene "Alive" rimanga la seconda canzone più suonata dal vivo dai Pearl Jam e una delle più amate dei fan, è parecchio diversa come intenti dalle canzoni più famose di gruppi come Nirvana e Soundgarden. Se "Smells like Teen Spirit" dei Nirvana guarda al rock alternativo americano, chiaramente ai Pixies, se "Jesus Christ Pose" dei Soundgarden può ricordare qualcosa dei Black Sabbath suonata con la potenza del metal, "Alive" è invece riconducibile al rock più classico, al Classic rock, a quel rock chitarristico che andava davvero forte tanto in America quanto in Inghilterra negli anni 70.
"Alive" è un classico del gruppo, uno di quei pezzi che ci ricorderemo anche tra 50 anni.
Il podcast
Questo racconto è tratto da "Pearl Jam dalla A alla Z", il primo podcast italiano totalmente dedicato al gruppo di Seattle, curato da PearlJamOnline.it.
Nel podcast vengono analizzate in ordine alfabetico tutte le canzoni che i Pearl Jam hanno scritto e inciso nel corso della loro carriera, con pazio anche a speciali monotematici sul gruppo, curiosità e molto altro. Il podcast è su abbonamento (1,99€ al mese), con 2 episodi a settimana da ascoltare su diverse piattaforma streaming (tra cui Spotify, Apple Podcasts, Amazon Music, Google Podcasts oppure Anchor.fm) e prevede anche l'iscrizione un gruppo privato su Facebook per fare richieste sul mondo dei Pearl Jam.