E invece Ornella vuole vivere e cantare
Era il dicembre del 2022 e Ornella Vanoni stava girando l'Italia con il tour "Le donne e la musica", accompagnata da una band tutta al femminile. Andammo a seguire la data romana, tra gli ultimi appuntamenti dal vivo, prima del ritiro dai palchi del successivo tour, quello del 2024. Assistemmo non tanto a un concerto, ma a un vero e proprio recital su una carriera - e una vita - di un'artista d'altri tempi, una delle ultime dive (insieme a Patty Pravo e a Mina) della grande musica italiana. Riproponiamo la recensione, senza ritocchi, qui sotto, mentre la musica italiana piange la scomparsa della voce de "L'appuntamento".
A sipario ancora chiuso la si sente parlare con qualcuno della sua recente caduta, quella che un mese e mezzo fa le ha procurato – a 88 anni – la rottura del femore e l’ha costretta a sottoporsi a un delicato intervento chirurgico, rimandando di qualche settimana il debutto del tour. Quando le tende del teatro si aprono, Ornella Vanoni è seduta su una poltrona al centro del palco, come se fosse il salotto di casa sua: “Mi dicono di parlare tanto, perché alla gente piace. Uno apre la tv e tutti piangono. Sono tutti malati e lo dicono. Non è possibile, è una vergogna”, esordisce. E subito parte l’ovazione, la prima di una lunga serie, ancor prima che la diva milanese cominci a cantare. Come se l’applauso fosse dovuto – e lo è – a prescindere da quello che succederà sul palco, un applauso non solo alla carriera di un’artista che ha scritto alcune delle pagine più importanti della storia della canzone italiana, ma anche allo stoicismo che a poche settimane dall’operazione la vede presentarsi sul palco senza stampelle. E senza accennare il minimo segno di dolore.
Quello stoicismo, quel rigore, racconta lei, lo ha appreso proprio in teatro, quando a vent’anni si ritrovò a frequentare a Milano la scuola del Piccolo con il grande Giorgio Strehler: “La borghesia medio colta pensava che dietro il sipario succedessero cose terribili, che non si possono nemmeno riferire. Cazzate. Dietro il sipario ci si fa un culo così: chi c’ha tempo di fare sesso?”. “Dietro un sipario quanto lavoro si fa” è anche uno dei versi di “Ornella si nasce”, il numero d’apertura della serata, un ritratto firmato da Renato Zero che la Vanoni ha inciso per il suo ultimo album “Unica”, uscito l’anno scorso: “Prova a farmi mancare i miei capricci, prova a negarmi tutti i vizi miei / non sarò come vuoi / ma non mi cambierai”, canta la diva sul palco dell’Auditorium Conciliazione di Roma, davanti al pubblico delle grandi occasioni, raccontando in pochi versi i suoi vizi e le sue virtù, facendo scorrere idealmente i titoli di testa dello spettacolo. Che è una sorta di recital il cui sottotitolo potrebbe essere “A casa di Ornella”, per il tipo di dialogo che la cantante della mala cerca con gli spettatori: è come se li facesse entrare davvero nel salotto di casa sua, mostrandogli le foto di una vita e di una carriera intera appese alle pareti della stanza, a testimonianza di tutte le esperienze, i sodalizi e le canzoni che le hanno permesso di diventare la leggenda che è oggi.
Ci sono gli incontri con compositori come Franco Califano e Mino Reitano, tra gli autori nel 1969 di uno dei suoi più grandi successi, “Una ragione di più”, o Sergio Bardotti e Vittorio De Scalzi dei New Trolls, che nel 1977 l’affiancarono nel dittico “Io dentro” e “Io fuori”, del quale la cantante fa ascoltare l’irresistibile “Ti voglio”. E poi Bruno Lauzi, autore – tra le altre cose – dell’adattamento in italiano de “Sentado à beira do caminho” di Roberto ed Erasmo Carlos, che nel 1970 diventerà “L’appuntamento”, ma anche Alberto Testa, che invece tre anni prima aveva trasformato in “Tristezza” la canzone samba scritta da Niltinho e Haroldo Lobo. Sono solamente quattro istantanee della collezione dell’interprete milanese che ricordano che c’è stato un tempo, purtroppo lontanissimo, in cui scrivere canzoni e inciderle era un lavoro artigianale, che non aveva niente a che fare con algoritmi e logiche di marketing. Quelle canzoni, oggi, Ornella Vanoni le risuona con una band di jazziste messa in piedi da Paolo Fresu, composta da musiciste – tutte acclamate dalla critica specializzata e dagli appassionati: parlano per loro i rispettivi curricula, che comprendono collaborazioni con Danilo Rea, Fabrizio Bosso, Renzo Arbore, solo per citarne alcuni – come la pianista Sade Mangiaracina, la chitarrista Eleonora Strino, la contrabbassista Federica Michisanti, la batterista Laura Klain e la violoncellista Leila Shirvani. “Non è la quota rosa, è la quota bravura”, sottolinea la cantante.
Su “Mi sono innamorato di te” ricorda le liti con i “discografici dementi” che volevano dissuaderla dall’incidere nel 1969 la sua reinterpretazione della canzone originariamente scritta da Luigi Tenco, scomparso due anni prima: “Cambiai il concetto di ciò che a una donna in amore era consentito e cosa no, imponendo l’idea che anche una donna può pensare e dire certe cose in amore”, rivendica lei. Togliendosi anche qualche sassolino dalla scarpa: “Mi è capitato di essere punita più dalle donne che dagli uomini. Ho imparato a perdonarle. Sapete perché? Perché io sono qui: loro, invece, dove sono?”. E poi di tanto in tanto se ne esce con riflessioni surreali: "Questi ragazzi di oggi sono tutti timidi, insicuri. Non si scopa mai. Ai miei tempi era diverso. Uno si incontrava, si piaceva e via. Sono contenta di aver vissuto in un'epoca diversa". Non c’è spazio per rimpianti e amarezze, durante il concerto. “Samba per Vinicius”, “Io so che ti amerò”, “La voglia, la pazzia”: il senso dello spettacolo sta tutto nella breve parentesi dedicata all’album del ’76 frutto dell’incontro magico con il poeta Vinicius de Moraes e con Toquinho, in quel mix di nostalgia e voglia di ballare di cui la diva ha fatto un’arte. “Passavo le giornate intere davanti allo specchio a piangere. Non smettevo mai. Mi guardavo riflessa nello specchio e mi dicevo: ‘Ma quanto piangi?’. Il fatto è che a me piangere piaceva tantissimo”, racconta. Oggi la tristezza non abita più qui. “C’è tanta gente che ha bisogno di soffrire e che ogni giorno piange un po’”, canta la diva. Invece Ornella vuole vivere e cantare. E alla tristezza dice no.