Ernia: Mengoni, Gaia e Rkomi sono nel suo nuovo disco
Si avvicina sempre di più la data di uscita di “Io non ho paura”, il quarto album di Ernia, che sarà ascoltabile dal 18 novembre. È uno dei dischi più attesi dell’anno per gli appassionati di rap perché Matteo Professione, questo il suo vero nome, ha dimostrato di poter lasciare un segno nel tempo con uno stile e una tecnica riconoscibili. Sarà interessante capire quale direzione prenderà la carriera dell’artista classe 1993, soprattutto dopo l’esplosione tra le mani di “Superclassico”, una hit pop radiofonica che su Spotify vanta oltre 110 milioni di streams e che ha raccolto sei dischi di platino. Arrivare alla lavorazione di un progetto inedito, il quarto, dopo aver sfondato, senza tattiche e studi a tavolino, le porte del mainstream, “con un brano più famoso di chi l’ha cantato”, ha spiegato Ernia, non è affatto semplice e può far perdere la bussola.
Il processo di concepimento e realizzazione di questo quarto capitolo è raccontato all’interno del documentario “Io non ho paura”, pubblicato da Esse Magazine, in cui Ernia svela diversi aspetti significativi e anticipazioni. Un grande spot per il lancio del disco che di fatto rappresenta una delle sue poche uscite comunicative programmate: Ernia, infatti, per il momento ha deciso di non svelare la tracklist e gli ospiti, puntando tutto sul fattore sorpresa. Negli oltre quaranta minuti di immagini del doc, girate fra l’Italia e l’America, scopriamo alcune delle collaborazioni presenti in “Io non ho paura”: Ernia viene immortalato in studio con Marco Mengoni, con Gaia, con Rkomi, a un certo punto spunta anche Gué, inoltre è stato pubblicato uno spolier di un brano che sembra proprio essere stato realizzato con Geolier, con le sue immancabili barre in napoletano. In un'altra clip spunta il nome di Salmo. Come era immaginabile i feat si muovono fra il rap e il pop. Nel doc ci sono diversi momenti musicali, con alcuni piccoli spoiler delle nuove tracce, e questo dualismo è ben presente: da un lato ci sono frammenti vocali più soft, dall’altro barre più serrate. “Credo che questo sia il disco in cui ho dato il massimo fino a oggi sia sul fronte della profondità, sia su quello dell’animo più cazzone”, ha scritto Ernia sui social rispondendo alla domanda di un fan.
L’ansia del “doversi ripetere” a tutti i costi dopo il successo di “Superclassico”, quasi come se una hit potesse essere scritta a tavolino, è al centro della prima parte del documentario. Ernia, per scrollarsi di dosso pressioni e timori, ha affidato la direzione della produzione musicale a Sixpm e Junior K: soprattutto il primo, come racconta lo stesso rapper milanese, lo ha convinto dal punto di vista lavorativo perché non lo ha spinto a replicare con una formuletta magica la scrittura di un secondo “Superclassico”. L’America, con le sue varie influenze, Milano e una sorta di ritiro spirituale in Toscana, sono stati i luoghi prescelti per la lavorazione: non sappiamo ancora se sarà realmente un concept, ma che il filo rosso della paura attraversi tutto il progetto è chiaro. Il titolo e l’immagine di copertina del nuovo album sono liberamente ispirati al celebre romanzo di Niccolò Ammaniti e al film di Gabriele Salvatores, un omaggio artistico a due personalità di rilievo.
Paura di crescere, paura di sbagliare, paura di non essere compreso, ma anche paure più concrete legate alla realtà di tutti i giorni. Uno dei momenti più profondi del documentario, scandito dalle parole di Federico Cirillo, label director di Island Italia, e di Ciro Buccolieri, ceo di Thaurus, oltre che da quelle dello stesso Ernia, riguarda il concepimento del pezzo “Buonanotte”. Non si affonda, ma si capisce che il brano è legato alla paternità e che rievoca una ferita con cui il rapper milanese ha voluto fare i conti, esorcizzando una paura, appunto, rimasta per troppo tempo nascosta dentro di lui.