10cc, la storia di "I'm Not in Love"
10CC. – I’m Not in Love
Mercury, 1975
(Eric Stewart, Graham Gouldman)
Geniale canzone d’amore raccontata al contrario. Una di quelle che fanno strage di cuori negando di averne uno. Ancora
oggi "I’m Not in Love" ha un significato raramente espresso nel pop: quello di colui che crede di essere il più forte, ma non riesce ad andare avanti. La ricetta dei 10cc. fu quella di prendere dal rock degli anni Sessanta e dal pop dei Settanta tutto quello che c’era di buono e scartare la contraffazione, la mistificazione, la fesseria. Alla fine restò qualcosa di veramente grande, di assoluto: virtuosismo da laboratorio, cori alla Beach Boys, divagazioni parodiche alla Frank Zappa, melodie mondane, fierezze post Beatles, trovate e arguzie vocali infinite. Un mix che afferrava le canzoni, le animava, le abitava, le viveva e non le lasciava più.
Graham Gouldman, Eric Stewart, Lol Creme e Kevin Godley, tutti di Manchester e tutti parimenti artefici di questo sound da studiare ancora oggi, sono musicisti dall’anima obliqua, ambigua, che diventa a volte parodia dissacrante del pop e ricerca seria della melodia. La storia di questa canzone nacque quando la moglie di Eric Stewart, Gloria, si lamentava del fatto che non gli diceva più di amarla. “Se lo dicessi sempre, perderebbe il suo significato” ribatteva lui. Da qui l’ispirazione di scrivere una canzone d’amore senza dire “ti amo”, evidenziando il conflitto interiore tra sentirsi coinvolto sentimentalmente, evitando comunque quella parola, perché magari chi lo dice con molta facilità a volte non lo pensa affatto. Stewart pensò che fosse un’idea grandiosa e coinvolse Gouldman nella stesura del brano. Il risultato fu "I’m Not In Love", "non sono innamorato", spiegandone poi le ragioni per cui invece era totalmente preso dal sentimento amoroso.
Inizialmente Eric e Graham pensavano a un brano con uno stile ritmico e sfumature bossanova sulla falsariga di "The Girl from
Ipanema" e suonata essenzialmente con delle chitarre. La proposero agli altri due colleghi, ma la registrazione non convinse affatto Kevin Godley che la riteneva mediocre. Stewart comunque notò che il personale degli studi Strawberry (lo studio gestito dalla band), continuava a cantarne la melodia e allora fu convinto a chiedere di nuovo agli altri membri della band di riconsiderarla. Godley era ancora scettico e disse a Stewart che doveva essere completamente reinventata in fase di registrazione: “Facciamo come se nessuno avesse mai registrato una cosa prima. Cerchiamo di non utilizzare gli strumenti.
Proviamo a fare tutto con le voci”. Il disaccordo è stato costruttivo e alla fine il risultato fu eccezionale. Crearono un massiccio appoggio di voci, usate come tastiere per creare un coro etereo, sovraregistrate centinaia di volte con una tecnica sperimentale, per quel tempo di taglio e incollaggio manuale dei nastri.
Spiegò Stewart: “Ho mixato 48 voci di ciascuna nota della scala cromatica dal registratore a 16 tracce trasferendole a quello stereofonico Studer per creare un loop di ciascuna nota separata, e poi le ho riavviate una alla volta in un nuovo pezzo di 16 tracce e le ho tenute in esecuzione per circa sette minuti. Poiché abbiamo avuto voci che cantavano 'Aahhh' per molto tempo,
c’erano lievi discrepanze di accordatura che aggiungevano un sapore delizioso, come si ottiene con un’intera sezione di archi, con molti musicisti che suonano. Alcuni vanno sufficientemente a tempo, altri hanno accordature leggermente diverse, ma musicalmente succede una cosa straordinaria. È un suono meraviglioso. Un suono molto umano, caldo e commovente per tutta la durata del brano”. Un vero muro sonoro di voci che formano il punto focale del brano.
E in linea con l’idea di concentrarsi sulle voci, furono utilizzati pochi strumenti: il piano elettrico Fender Rhodes suonato da Stewart, Gouldman alla chitarra elettrica, Creme al pianoforte usato per il ponte così come il basso di Gouldman e il suono molto morbido di una batteria programmata, simile a un battito cardiaco. Le voci armonizzate, duplicate e duplicate su un multitraccia fino a diventare un coro paradisiaco di 256 voci, accompagnano l’intera canzone e creano un tappeto sonoro che suona ancora come niente nella musica pop. Una trovata sorprendente, da autentici manipolatori del suono per declamare:
“Non sono innamorato quindi non dimenticarlo, è solo una stupida fase che sto attraversando. E solo perché ti chiamo non devi fraintendermi, non pensare di avercela fatta, non sono innamorato…”.
E quando aggiunsero nel mezzo della canzone la voce della segretaria dello studio Kathy Redfern che sussurrava con tono rassicurante: “I ragazzi grandi non piangono, stai zitto, i ragazzi grandi non piangono”, i quattro seppero di avere qualcosa di molto speciale. Dopo averla ascoltato i discografici rimasero colpiti dalla maestosità del brano, ma consigliarono di non farlo uscire come singolo. Una ballata di sei minuti durava troppo per la promozione radiofonica: “Canzone fantastica sì, ma meglio 'Life Is a Minestrone'” che diventò davvero un hit nel Regno Unito. Tuttavia Eric Stewart ricevette centinaia di telegrammi che elogiavano "I’m Not in Love", tra cui quello di Roy Wood, geniale musicista ex leader dei Move, della Electric Light Orchestra e dei Wizzard. La Mercury si oppose fino a quando non furono apportate le modifiche richieste, ovvero un singolo ridotto a
un più appetibile formato di poco più di quattro minuti.
Per gentile concessione dell'editore Arcana e dell'autore (che l'ha scelta personalmente) pubblichiamo questa scheda tratta dal libro di Mauro Ronconi "Canzoni per un mondo senza Beatles".
