Se gli U2 avessero cantato "Pride", Bono sarebbe morto

Le sue aperte prese di posizione, a favore della pace e non solo, hanno portato nel corso degli anni il cantante degli U2 Bono – e anche i membri della sua famiglia, moglie e figli - a trovarsi nella molto spiacevole situazione di ricevere minacce di morte da più parti: dall'IRA, dall'estrema destra americana e anche dalla malavita della capitale irlandese Dublino.
Di queste minacce il 62enne Paul Hewson - questo il reale nome del musicista irlandese – ne ha parlato nell'autobiografia "Surrender: 40 Songs, One Story" che verrà pubblicata il prossimo 1 novembre. Bono ha ricordato per esempio che quando disse di Gerry Adams, allora leader del partito indipendista irlandese Sinn Fein (di cui l'IRA ne era, semplificando, il braccio armato), che gli "puzzava" si percepì che "l'opposizione degli U2 ai paramilitari (di ogni tipo) era costata all'IRA una preziosa raccolta fondi negli Stati Uniti". Come conseguenza accadde che i servizi segreti gli riportarono come sua moglie fosse entrata nel mirino dell'IRA.
Un'altra grave minaccia nei confronti della famiglia di Bono, di altro genere rispetto a quella di matrice politica portata dall'IRA, arrivò negli anni '90. Quella volta fu il mondo della malavita a mettere in pericolo gli affetti del cantante degli U2 che nel suo libro racconta: "Un famoso leader della malavita a Dublino aveva pianificato di rapire (le sue figlie, ndr), della gente aveva controllato le nostre case per diversi mesi e sviluppato un piano elaborato".
Ma anche fuori dell'Irlanda Bono si attirò delle antipatie. Nel corso di un tour negli Stati Uniti negli anni '80, gli U2 espressero la loro contrarietà al governatore dello stato dell'Arizona che si oppose a una giornata commemorativa in onore di Martin Luther King. Alla band giunse una minaccia di morte, mirata nei confronti di Bono, se il gruppo avesse cantato in concerto in Arizona “Pride”, il loro tributo al leader dei diritti civili afroamericano assassinato a Memphis il 4 aprile 1968.
Parlando al Cheltenham Literature Festival, Bono ha ricordato cosa accadde in quel frangente: "La minaccia nello specifico era che se Bono avesse cantato il verso sull'assassinio di King non sarebbe arrivato alla fine della canzone". Bono ha raccontato quindi che si era mezzo inginocchiato per cantare e dare enfasi a quei versi: “Mi resi conto della gravità della situazione e ho chiuso gli occhi. C'era una piccola possibilità, ma non si può mai sapere". Superata con sollievo quella strofa, quando aprì gli occhi si vide che il bassista Adam Clayton lo aveva protetto per tutto il tempo. "Sono ancora vivo. Bene. Ho alzato lo sguardo e non vedevo il pubblico perché Adam Clayton era in piedi davanti a me ed era stato lì per l'intera strofa".