U2, la storia di "October"

Un freddo 12 ottobre del 1981 di 41 anni fa viene pubblicato il secondo album degli irlandesi U2. E non è quello che ci si aspettava. L'anno precedente i nostri hanno dato alle stampe l'esordio, “Boy”, un disco pieno di sacro ardore giovanile, secco, arrabbiato, senza compromessi. Una sorta di “Never Mind The Bollocks” in salsa irlandese. Un'opera che sembra esplodere da quanta potenza è compressa al suo interno. Del resto i quattro se la erano sudata. Dal 1976 stanno dietro alla creatura U2, formatasi sui banchi della Mount Temple Comprehensive School di Dublino per opera del batterista Larry Mullen Jr..
Affisso un annuncio nella bacheca scolastica questi si fa carico in breve del reclutamento dei chitarristi David Evans (soprannominatosi da lì a poco The Edge) e di suo fratello maggiore Dik. Al basso arriva il fiero Adam Clayton e davanti al microfono si piazza un giovanissimo arrabbiato col mondo, rabbia che deflagra grazie alla sua voce potente. Si chiama Paul Hewson ma gli amici, latinizzando l'effetto della forza vocale che sprigiona, lo chiamano Bono Vox. In questo primo periodo di vita la band innesta due ulteriori componenti: Ivan McCormick e Peter Martin, destinati a sparire senza lasciare traccia. Per brevissimo tempo (scherzandoci sopra, si narra per non più di 10 minuti) la neonata formazione si fa chiamare The Larry Mullen Band, ma il vero nome arriva da lì a poco: The Feedback.
I giorni sono quelli infuocati del punk e i nostri ci stanno dentro a pennello: non sono provetti musicisti ma hanno tanta passione, idee e voglia di esprimersi, non serve altro. I concerti iniziano a venire fuori, i brani proposti sono soprattutto cover (di Peter Frampton, Rolling Stones, David Bowie...) ma servono a farsi le ossa. Con l'esperienza si decide di cambiare nome: The Feedback pare poco originale, meglio The Hype, che è la rappresentazione di quello che la band vuole creare grazie a un suono punk che si sposa alla perfezione con le doti vocali di Bono. Questi è assai diverso dai frontman che vanno per la maggiore in quel momento, più urlatori di slogan che cantanti. Lui invece ci sa fare, nonostante sia autodidatta è dotato di gusto e tecnica, quando lancia la sua ugola lascia tutti a bocca aperta per la grinta e la capacità melodica.
Questa unione di impeto e melodia sarà una delle carte vincenti degli Hype che da lì a poco, non contenti nemmeno di questo marchio, cambiano definitivamente status in U2, nome dai molteplici riferimenti: l'U2 è stato un aereo-spia americano, può significare you too, "anche tu", (ma anche you two, "voi due") ed è una linea della metropolitana di Berlino, città molto amata dal gruppo. Con il cambio di nome viene registrata anche una defezione, quella di Dik Evans che abbandona per formare gli ombrosi Virgin Prunes, vere stelle della scena dark-gothic.
Ritrovatosi in quattro gli U2 capiscono che quella è la perfetta combinazione per la loro formazione, combinazione che non abbandoneranno mai fino ai giorni nostri, diventando un caso rarissimo di band che dall'esordio discografico non ha mai subito stravolgimenti nella line up nel corso di oltre 40 anni. Da lì il treno dei nostri corre veloce: lasciate da parte le cover cominciano a fioccare le canzoni originali grazie alle quali si piazzano al primo posto in un concorso a Limerick, dove viene offerta loro la possibilità di registrare un demo per la CBS. Poi ci sono l'incontro con il futuro manager Paul McGuinness e la registrazione (a fine 1978) del suddetto demo che impressiona l'etichetta, decisa a pubblicare il primo singolo: un EP, intitolato "U2 Three”, contenente "Out of Control", "Boy-Girl" e "Stories for Boys". Il successo è immediato, le copie vengono esaurite in poche ore e il nome degli U2 finisce sulla bocca di ogni dublinese.
Il manager a quel punto si mette alla caccia delle migliori proposte discografiche riuscendo a strappare un contratto assai vantaggioso, non alla CBS, come ci si aspetterebbe, bensì alla rinomata Island Records, etichetta che negli anni ha promosso artisti di grande pregio: dai Traffic a Bob Marley. Dal 1979 i tour diventano più intensivi, la band si sposta in Inghilterra e viene pubblicato un nuovo singolo: "11 O'Clock Tick Tock". Il brano è foriero di un nuovo incontro, quello con il produttore Steve Lillywhite, che contribuirà a inventare il suono U2 dei primi anni '80.
Quando nell'ottobre 1980 esce “Boy”, l'album d'esordio, la band è già bella rodata e il successo, spinto anche dal singolo "I Will Follow", non manca. La proposta degli U2 è libera, forte e innocente come lo sguardo del bambino che campeggia in copertina (il futuro fotografo Peter Rowen, fratello di Derek “Guggi” Rowen, anche lui componente dei Virgin Prunes). Ma è anche personale e senza compromessi, spinta dal fuoco adolescenziale dei quattro che tramite i testi di Bono raccontano della difficoltà di crescere in un mondo spesso ostile, dell'interfacciarsi con un universo adulto intransigente, dello spezzare le catene, le regole, le consuetudini. A livello musicale il suono è teoricamente scarno, tutto si regge sulla sezione ritmica e sulla chitarra di The Edge, ma sarà proprio quest'ultimo a rivelarsi una grande sorpresa con i suoi effetti di eco e delay (debitori a tratti di certi esperimenti di Robert Fripp e di Steve Howe) a creare un vero mondo sonoro mai udito prima. La chitarra è sferzante, tagliente come la lama di un rasoio, ricca di fascino, decisamente perfetta per quella che è la solidissima macchina ritmica fornita da Larry Mullen Jr. e Adam Clayton, anche loro colmi di furore punk ma con quel quid di tecnica in più che la New Wave ha contribuito a sdoganare. Su tutto il canto di Bono a spiegare melodie ampie e toccanti, a dar voce a dei testi che sono lo specchio esatto del vivere di questi giovani tanto introversi quanto desiderosi di spaccare tutto.
(1 - continua domani)