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Sempre più cantanti annullano tour per problemi di salute mentale

C'entra anche la pandemia (ma non solo): come è stato sdoganato un tema tabu.
Sempre più cantanti annullano tour per problemi di salute mentale

L’ultimo a fare un passo indietro è stato Sam Fender, 28enne astro nascente del rock britannico che ha deciso di chiudere il suo tour negli Stati Uniti prima del previsto, annullando le ultime date e dando appuntamento ai fan, se tutto andrà bene, al prossimo novembre: “Sarebbe ipocrita da parte mia parlare di salute mentale e scrivere canzoni sul tema, se poi non mi prendo del tempo per curare la mia, di salute mentale – ha scritto nelle ultime ore in un post su Twitter che ha colto di sorpresa i fan – mi sono trascurato per più di un anno e non ho affrontato cose che mi hanno turbato profondamente. È estenuante fingere di essere felice per il bene degli affari”. Parole durissime, scritte con un’onestà disarmante. In fondo non così diverse da quelle usate lo scorso luglio da Shawn Mendes, 24enne popstar da oltre 200 milioni di copie vendute tra dischi e singoli nel corso della sua carriera finora, per annunciare la cancellazione del tour mondiale che lo avrebbe tenuto impegnato fino al 2023: “Al momento devo mettere la mia salute in testa a tutto. Questo non significa che smetterò di fare musica. Non vedo l’ora di rivedervi in tour in futuro”, ha promesso il cantautore canadese ai fan. A differenza sua, Demi Lovato è stata tutt’altro che ottimista su un suo ritorno sui palchi. La 30enne ex stellina Disney ha fatto sapere che quello in supporto al nuovo album “Holy fvck” sarà il suo ultimo tour, lasciando intuire che la decisione ha a che fare con l’estenuante vita on the road: “Ho pochissima voce. Punterò il microfono spesso verso il pubblico. Sono malata e non riesco ad alzarmi dal letto”.

Sempre più cantanti stanno annullando i rispettivi tour per problemi di salute mentale. Non è un mistero che il successo delle popstar nasconda un lato oscuro fatto di cedimenti psicologici e depressione: è il prezzo da pagare in cambio della popolarità, che qualcuno ha dovuto saldare anche con la vita (le scomparse di Chris Cornell e Chester Bennington sono ferite ancora aperte, tra i seguaci della scena rock). Lo ha sintetizzato bene Billie Eilish, parlando dei cambiamenti avvenuti nella sua vita in questi primi tre anni trascorsi dal folgorante debutto con “When we all fall asleep, where do we go?”, il disco che nel 2019 la catapultò dalla sua cameretta in testa alle classifiche mondiali: “Prima uscivo e mi piaceva andare in giro a fare cose. Ora non lo faccio da tanto. La vita è un po’ diversa”. Già nel 2018 un’indagine della Music Industry Research Association rivelò che il 50% dei musicisti intervistati stava lottando contro la depressione, mentre in uno studio pubblicato pochi mesi dopo dalla piattaforma di distribuzione digitale svedese Record Union il 73% dei musicisti indipendenti intervistati ammisero di combattere contro stress, ansia e depressione. Nel 2019 Ryley Walker, 33enne star del folk rock statunitense di nuova generazione, comunicò sui social la decisione di cancellare il suo tour a causa dei suoi problemi di depressione e dipendenza, affrontando un tema che fino ad allora sembrava tabu: “La mia salute mentale è al punto più basso di sempre e questo mi ha fatto decidere che è meglio per me cercare aiuto, adesso, invece di andare in tour. Sono sempre andato fiero della mia etica del lavoro e di non aver mai cancellato un concerto. Però rischio la vita. Ho un bisogno disperato di cercare serenità con un aiuto professionale”.

Certo è che la pandemia, per molti musicisti, indipendentemente dal loro successo, ha rappresentato un punto di non ritorno, facendo venire a galla problemi che altrimenti sarebbero rimasti latenti: “All’inizio della pandemia pensavo tipo: ‘Fantastico, posso restare a casa a registrare’. Poi qualcosa è scattato e sono rimasto completamente isolato, diventando antisociale e spaventato dalle persone. Quel tipo di ansia ha portato ad altri problemi, di cui preferisco non parlare”, ha detto Mike Patton dei Faith No More all’edizione statunitense di Rolling Stone, svelando i motivi dietro la cancellazione di alcune recenti date del tour del gruppo. Gli stessi dietro alla decisione di Jimi Goodwin di chiedere ai Doves di annullare lo scorso autunno il tour nel Regno Unito in programma all’inizio dell’anno: “Non ci si dovrebbe mai scusare per avere problemi con la propria salute mentale, ma voglio dire che ‘mi dispiace’ a tutti coloro che hanno acquistato i biglietti”.

C’è chi ha avuto dei veri e propri crolli e li ha mostrati a livello pubblico, come ha fatto Adele quando a gennaio ha comunicato ai fan la cancellazione dei concerti a Las Vegas a causa del Covid. Di salute mentale ha parlato anche Ultimo, sfogandosi sui social quando, sempre a gennaio, le riaperture sembravano lontanissime: “Esiste anche la salute mentale. Esistono bambini che non socializzano da due anni. Esistono ragazzi che non escono più di casa. Esistono settori che rischiano il fallimento. Esistono realtà dove manca il lavoro. Esiste la vita che è fatta di tante cose, ma ormai parlarne sembra quasi una follia”. E c’è chi, invece, ha cantato le crisi vissute in questi anni, come ha fatto Stromae con “L’enfer”, andando pure in tv a raccontare con un colpo di teatro la sua battaglia contro i pensieri suicidi, The Weeknd con “Dawn FM” o, in Italia, Marracash con “Persona” e “Noi. Loro. Gli altri”. “Evitare la sofferenza è una sofferenza. Negare un fallimento è di per sé un fallimento. Nascondere la vergogna, è una forma di vergogna”, dice il rapper in “G.O.A.T.”, simulando anche con lo show nei palasport che ha debuttato ieri al Mediolanum Forum di Assago una seduta dallo psicologo che ruota intorno allo slogan – tratto dalla sua “Qualcosa in cui credere”: “Butta fuori i tuoi pensieri o finiranno per ucciderti”. Per quanto lungo possa essere il tunnel, alla fine c’è sempre un’uscita.

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