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Quando Ron partecipa al festival di Sanremo

Il cantautore oggi 69enne è stato otto volte protagonista al festival della città dei fiori
Quando Ron partecipa al festival di Sanremo

Ci sono più chiavi di lettura per ripercorrere la carriera di un artista. Puoi leggerne la storia in modo cronologico, parlare solo dei suoi grandi successi, delle sue collaborazioni, oppure ancora ricordare quanto le sue canzoni possono o meno aver inciso nella vita di ognuno di noi. Quando però provi a farlo per uno che porta sulle spalle oltre 50 anni di carriera – Ron, nella fattispecie, che oggi compie 69 anni - allora il gioco diventa affascinante.

Il filo rosso che abbiamo scelto è stato quello delle sue presenze al Festival di Sanremo. Otto, per l’esattezza. Già, perché basta fermarsi un attimo per accorgersi che le strade di Ron e del Festival si sono incrociate più volte, con il suo esordio che avviene proprio a Sanremo nel 1970, e che nell’edizione targata 2018 Ron era ancora lì, sempre lì, nel mezzo, come direbbe il suo collega emiliano.

Non può essere questa la sede per tracciare un profilo completo del cantautore pavese, ma otto edizioni in gara a Sanremo vorranno pur dire qualcosa. Ci aiutano, per esempio, a conoscere meglio una parte della sua lunga storia musicale, e soprattutto a capire come è cambiato l’approccio di Ron alla partecipazione sanremese, e più in generale alla vita pubblica. Il suo è quello di un artista che sa come e quando allontanarsi dalle scene per scrivere e assimilare al meglio nuove sonorità, ma che sa anche quando e come tornare sotto i riflettori per divulgarne il risultato. A conti fatti Ron è un artista prezioso per la musica italiana, raffinato nei testi così come nella costruzione melodica; e, dote abbastanza rara fra i nostri cantautori, è un polistrumentista dal gusto vincente quando mette mano agli arrangiamenti. E allora buon compleanno, Rosalino: partiamo per un veloce viaggio nella riviera ligure.

Francesco Paracchini (a cura di www.lisolachenoncera.it)

Pa’ diglielo a ma’ (con Nada) – 1970 (7° posto)

Faccia da bravo ragazzo, camicia bianca con pizzo vistosissimo e il caschetto simil Beatles che da qualche anno imperava sulle zucche anche di molti italiani: così si presenta al suo primo Festival di Sanremo Rosalino Cellamare (all’epoca solo con il nome di battesimo). Giunge alla kermesse più importante d’Italia giovanissimo, neanche diciassettenne. e si fa notare subito, complice anche l’altro artista con cui è abbinato in gara. Anzi, è un’artista, anch’essa giovanissima: Nada, livornese doc che già l’anno prima – sempre a Sanremo – aveva impressionato pubblico e giuria con il brano “Ma che freddo fa” (in coppia con i Rokes), un mix di grinta e dolcezza che non l’abbandonerà mai in tutta la sua carriera iniziata a quindici anni. La canzone che i due giovani portano in gara a Sanremo ’70 è “Pa’ diglielo a ma’” scritta da un quintetto di nomi mica male, tra cui Franco Migliacci, Jimmy Fontana e Lilli Greco, che nelle frasi centrali adattano un testo per la versione femminile e uno per quella maschile. La canzone arriva settima, ma conta poco: per questo giovane cantante sarà infatti il battesimo nel mondo dello spettacolo. Da lì a qualche anno inizierà a costruirsi una carriera come autore e cantautore, diventando di fatto uno dei punti di riferimento di quella terra di mezzo che unisce pop e canzone d’autore.

Il mondo avrà una grande anima – 1988 (22° posto)

Sono diciotto gli anni che passeranno prima che Ron torni nella riviera dei fiori. Ci torna con un notevole bagaglio di esperienza, e non solo musicale, visto che a metà anni Settanta si è avvicinato al cinema (e a qualche fiction di Tv straniere), anche se è la sua attività di autore e cantautore a dare un segno preciso di questi due decenni. Sono ben dieci gli album prodotti che, seppur tra alti e bassi, gli permettono di riempire il suo carniere con successi che parlano da soli (“Il gigante e la bambina”, “Anima”, “Joe Temerario” giusto per citarne alcuni) senza dimenticare la grande esperienza vissuta nel 1979 con il tour ‘Banana Republic’ a fianco di Lucio Dalla e Francesco De Gregori in qualità di arrangiatore e musicista, dove avrà la possibilità di presentare “Una città per cantare”, la cover di “The Road”, brano portato al successo da Jackson Browne (ma scritto da Danny O’Keefe). In questa edizione del Festival targato 1988 Ron si presenta con “Il mondo avrà una grande anima”, brano raffinato ma che non entra nella pelle del pubblico e delle giurie, salvo poi essere riabilitato negli anni a seguire. Si piazzerà al 22° posto su 26 partecipanti, con la vittoria che andrà a quel “Perdere l’amore” di un ritrovato Massimo Ranieri, che da quell’affermazione ripartirà per una nuova fase di popolarità che non ha più avuto flessioni. Per Ron invece cambia poco: la delusione passa in fretta, gli anni Novanta sono alle porte, e il suo percorso, lento ma continuo, di artista capace di assimilare nuove sonorità per costruire nuovi successi, lo terrà per molti anni lontano dal mondo sanremese.

Vorrei incontrarti fra cent’anni (con Tosca) 1996 – Vincitore

Nel 1996 Ron arriva al Festival ligure dopo una parentesi lunga otto anni, e anche questa volta utilizza la kermesse per tentare di aggiungere visibilità ad una carriera che, pur segnata da grande canzoni e sincera stima tra colleghi e addetti ai lavori, ancora non gli ha regalato quella popolarità che invece merita. L’occasione è quella giusta, perché il pezzo è quello giusto. “Vorrei incontrarti fra cent’anni” è uno di quei brani che piace al primo ascolto, e infatti mette d’accordo tutti, portando a casa la vittoria nella 46ª edizione. Qualche polemica macchia la vittoria, quando si parla di un primo posto conquistato da “La terra dei cachi” di Elio e le Storie Tese e “risistemato” a tavolino a favore di Ron, così come di alcuni passaggi del testo di “Vorrei incontrarti fa cent’anni” che risultano presi dai sonetti di Shakespeare. Ma tutto sommato il tema non appassiona gli italiani, e quel che invece rimane nella testa della gente, oltre che il brano stesso, che diventerà uno dei più conosciuti di Ron, è la splendida voce di Tiziana Tosca Donati, in arte solo Tosca. Un’artista a quel tempo ancora poco conosciuta (che però aveva collaborato già con Dalla, Cocciante, Renato Zero….) e che da quel momento avrà modo di far conoscere meglio le sue doti di attrice e di performer, ma anche di autrice e non solo di interprete dalla voce inconfondibile. In un primo tempo il ruolo di Tosca era previsto per Ivana Spagna, che poi invece partecipò come concorrente. Non ce ne voglia la bionda artista veneta se scriviamo, pur non avendone la controprova, che questo brano meglio di così non poteva essere inciso e soprattutto interpretato live sul palco dell’Ariston.

Un porto nel vento – 1998 (8°)

Nuova avventura sanremese per Ron: la quarta, due anni dopo la grande vittoria. Non è mai una grande idea tornare, dopo averla vinta, alla kermesse così presto: e infatti Ron paga pegno. A onor del vero “Un porto nel vento” è un brano debole, decisamente lontano dall’appeal che poteva avere “Vorrei incontrarti fra cent’anni” e ne salviamo giusto un bell’intro strumentale, qualche passaggio armonico degno di nota, ma poco più. Tra le cose invece da ricordare della sua esibizione ci mettiamo anche che sul palco porta Andrea Mirò alla chitarra acustica, talentuosa polistrumentista (suona molto bene il pianoforte e ancora meglio il violino) che si era già messa in luce come solista a Sanremo Giovani e soprattutto come musicista aggiunta nei live di grandi artisti, tra cui anche Enrico Ruggeri, con cui dividerà anche un bel pezzo di vita. Il brano si piazzerà a metà classifica, un classico né carne né pesce che non accontenta fino in fondo i suoi fan e non crea interesse nel distratto pubblico sanremese; e neanche la critica, in genere molto attenta ai suoi lavori, lo valorizza più di tanto. A dirla tutta quella del 1998 è una delle edizioni meno riuscite degli ultimi anni: la vince Annalisa Minetti davanti ad “Amore lontanissimo” di Antonella Ruggiero (una delle poche canzoni da salvare insieme a “Luce” di Mango, “Sempre” di Lisa, “Dormi e sogna” degli Avion Travel e “Lasciarsi un giorno a Roma” di un giovane ma ormai lanciatissimo Niccolò Fabi). Chiosa, negativa, su questa edizione: l’ultimo posto riservato ad Enzo Jannacci. Che dire: Ron sbaglia proprio momento e brano per il suo ritorno. Gli anni Duemila stanno arrivando, nuovi progetti sono all’orizzonte e non sarà certo questa battuta d’arresto a fermare la sua creatività e le sue molteplici collaborazioni con i più importanti artisti della scena italiana, spesso finalizzate a dare voce e visibilità a progetti sociali in cui Ron si spende in prima persona.

L’uomo delle stelle – 2006 (Non finalista)

Come si diceva scrivendo di Sanremo ‘98, l’uomo Rosalino Cellamare è sempre più attento alle problematiche sociali, e la nuova avventura sul palco dell’Ariston con il brano “L’uomo delle stelle” è da inserire in questa sua sincera e sentita voglia di portare l’attenzione su alcuni progetti “extra musicali” in cui crede. Da un po’ di tempo è infatti legato all’AISLA, l’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica e già l’anno prima aveva dato vita ad un lavoro discografico eterogeneo, chiamando a raccolta ben 14 artisti con cui duettare in un CD il cui intero ricavato era destinato appunto all’AISLA: “Ma quando dici amore”, fra i cui protagonisti troviamo Elisa, Jovanotti, l’amico di sempre Lucio Dalla, Tosca, Claudio Baglioni, Mario Lavezzi, Carmen Consoli, Loredana Berté… insomma, è nutrito il parterre di artisti di peso che Ron riesce a chiamare attorno a sé. E quando arriva l’ok per la sua quinta partecipazione a Sanremo, non si lascia sfuggire l’occasione di una vetrina importante per dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Tiene così sempre viva la sua immagine di artista, ma nello stesso tempo non disdegna di poter parlare con la stampa di musica, certo, ma anche di ‘progetti collaterali’ che aiutino il grande pubblico ad avere una maggiore sensibilità su certe tematiche. Ma tornando al brano in gara a Sanremo 2006, Ron non può certo ambire a qualcosa in più che non sia la forte visibilità garantita, come è ovvio, a tutti quelli che entrano in gara nel carrozzone sanremese, ma anche ‘voluta’, come già detto in precedenza. “L’uomo delle stelle” non entrerà nella fase finale, e musicalmente parlando rimane solo una parentesi minore nella sua discografia. Per Ron è però una nuova occasione per allargare il suo sguardo verso il mondo che non sia solo musicale, e portarci dentro qualche persona in più. In questo senso, l’obiettivo è raggiunto.

Sing in the rain / Un abbraccio unico – 2014 (13°)

E con questa siamo a sei: tante sono finora le partecipazioni di Ron al Festival. Da quella prima volta nel 1970, a distanza di quarantaquattro anni Ron ha poco da aggiungere e da chiedere ad una manifestazione come Sanremo. Dosa bene la sua presenza nella kermesse dei fiori, nel 2014 ci torna dopo otto anni e trova il nuovo regolamento che obbliga l’artista a presentare due brani, per poi far votare il pubblico la prima sera e farne rimanere in gara uno solo. Porta “Sing in the rain” e “Un abbraccio unico”. Anche se un po’ a sorpresa passerà la prima, decisamente più orecchiabile e dal sapore country, con banjo e tamburello incalzanti e un fischio a fare da collante tra strofe e parte centrale, anche se ci sembra giusto evidenziare come “Un abbraccio unico” sia una canzone più che valida. Buona la melodia, buona l’apertura del ritornello, con musica e arrangiamenti molto curati: insomma, un pezzo che finito Sanremo meritava qualche passaggio radiofonico in più per farlo conoscere meglio. Due brani lontani tra loro (sarà lo stesso Ron a dire di aver voluto portare due proposte palesemente diverse) ma che se ascoltati uno dopo l’altro permettono di focalizzare al meglio il nuovo percorso artistico del cantautore. Già l’anno prima aveva dato alle stampe “Way out”, album di cover in cui proponeva 12 brani di altrettanti cantautori angloamericani e dove iniziava la collaborazione con Mattia Del Forno, giovane artista romano con cui avrà modo di lavorare in seguito. Mondo anglosassone e canzone d’autore che si fondono per un artista che non ha mai scritto “solo” canzoni, ma che nelle sue composizioni ha sempre dato il giusto spazio alla parte musicale, specie agli arrangiamenti, cercando di far entrare l’ascoltatore nella sua poetica non solo attraverso le parole ma anche con suoni che diventano immagini.

L’ottava meraviglia – 2017 (Non finalista)

Passano tre anni e Ron decide di tornare a Sanremo. Usiamo questo verbo perché con quasi 50 anni di carriera crediamo che nessuno possa obbligare nessun artista a far qualcosa che non vuole. E per leggere meglio questa decisione vale la pena tornare indietro di un anno, al 2016, quando Ron dava alle stampe un doppio CD, ancora una volta improntato a dare voce (e contributi) all’AISLA, l’associazione a lui tanto cara. Anche in quella occasione aveva chiamato nel suo quartier generale a Garlasco (Pavia) un gran numero di artisti, tra cui ricordiamo Giuliano Sangiorgi, Francesco Renga, Malika Ayane, Jovanotti, Emma, Marco Mengoni, Elio e Le Storie Tese, Francesco De Gregori, Arisa, Niccolò Fabi, oltre ad inserire due brani in duetto già registrati negli anni precedenti con due cantautori amati e mai dimenticati come Lucio Dalla (“Chissà se lo sai”) e Pino Daniele (“Non abbiam bisogno di parole”). Ron torna a Sanremo e presenta “L’ottava meraviglia”, scritta insieme a Mattia Del Forno del gruppo romano La Scelta: purtroppo non riesce a creare grande attenzione sulla sua nuova performance artistica. Ma forse la stampa questa volta coglie meglio la portata della sua partecipazione, evidenziando il valore umano e culturale che Ron riesce a mettere al centro della sua attività di musicista. E così, tolto qualche strascico polemico dovuto alla sua eliminazione dalla finale, “L’ottava meraviglia” rimane un buon pezzo ma non indimenticabile, il classico lavoro d’esperienza che contiene però una pregevole apertura melodica nel ritornello. Detto questo, nel complesso risulta decisamente più valido degli ultimi due brani portati in gara a Sanremo. Ma la canzone - e la conseguente presenza di Ron sul palco dell’Ariston - assolve alla grande il suo compito principale: far parlare di questo artista per venti giorni su giornali, televisioni e mondo social. Non sappiamo quando Ron ritornerà a calcare quel palco, ma sarà l’ottava, e forse questo titolo poteva tenerlo nel cassetto ancora per un po’...

Almeno pensami – 2018 (4°)

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