Patti Smith ama l'Italia, l'Italia ama Patti Smith
 
                                            "Cosa hai fatto in questi anni?", urlò uno spettatore. "Il bucato!", rispose lei, candida e disarmante, dal palco di Villa Arconati, alle porte di Milano. Era il 1996: Patti Smith era tornata in concerto a meno di due anni dalla morte del marito Fred "Sonic" Smith, dopo una lunga pausa in cui si era dedicata alla famiglia. Non si esibiva in Italia da 17 anni: fino a quel momento, molti tra quelli cresciuti con la sua musica davano per scontato che non l'avrebbero mai vista dal vivo.
Invece, negli anni successivi Patti Smith ha sviluppato un rapporto simbiotico con il nostro paese: ad oggi, setlist.fm lista circa 200 performance in Italia, tra concerti ed esibizioni varie. Ieri sera ha chiuso al Castello Sforzesco un tour italiano da 8 date, di cui 4 negli ultimi 4 giorni, senza soste. Un'artista che ha 75 anni e ha il carisma di sempre. "Non conosce mezze misure", spiega Caryn Rose nel recente libro "Why Patti Smith matters": sì, ancora oggi è importante non solo per la sua storia ma per il suo presente; un esempio di intensità, di dedizione totale alla bellezza (il suo account Instagram è una degli angoli poetici dirò social), alla musica e al suo pubblico. In particolare a quello italiano (l'estate scorsa fu una delle poche artiste internazionali ad esibirsi nel nostro paese). Riesce ad essere elegante anche quando riprende chi chiacchiera: "Scommetto che quelle persone lì di fiano stanno discutendo su dove si può vedere Caravaggio a Milano: io l'ho visto a Napoli".
Lo show è stato un concerto classico, in tutti i sensi: ha messo in fila canzoni come "Redondo beach", "Dancing barefoot", "Ghost dance", "Pissing in a river", una delicata cover di "After the gold rush" di Neil Young. In mezzo, aneddoti sui suoi viaggi italiani, onorificenze dalla città (una pergamena consegnata dall'assessore Tommaso Sacchi), letture di poesie: Allen Ginsberg, e soprattutto Giacomo Leopardi, "L'infinito" (tradotto in inglese, si scusa).
Lo show si chiude con una festa: il pubblico si alza per "Because the night", "Gloria" e "People have the power", con ospite il cestista Gigi Datome alla chitarra. Un po' di inevitabile stanchezza verso la fine ("Ho bisogno del vostro aiuto", dice, facendo cantare "Gloria" al pubblico) e la band che in qualche momento sembra eseguire un compito, più che interpretare. Ma la stupenda "Beneath the southern cross", che si trasforma in una jam tra il figlio Jackson alla chitarra e Tony Shananan sostenuti da Seb Rochford alla batteria, da sola valeva il concerto.
Avrà pure fatto 200 concerti in Italia, ma ogni serata con Patti Smith ti manda a casa in pace con il mondo e con la musica. Continuate a portarla nel nostro paese, per piacere.
