Franco Battiato, i suoi tre "album bianchi"

Nel 1974 Karlheinz Stockhausen invitò Franco Battiato a casa sua, a Colonia, per offrirgli una parte nella sua nuova opera “Inori”, e gli presentò un enorme spartito in forma di libro spiegandogli quella che sarebbe dovuta essere la sua parte, e indicandogliene le note. Ma Battiato non conosceva la notazione tradizionale, non aveva mai imparato a leggere uno spartito. Stockhausen spiegò a Battiato che se voleva costruirsi una solida carriera nell'ambito della composizione non poteva esimersi dallo studiare. L'ingaggio in “Inori” sarà un'occasione perduta, ma appena tornato a Milano Battiato iniziò a studiare armonia, composizione e orchestrazione con il maestro Renato Dionisi.
In un paio di anni Franco arrivò a padroneggiare lo spartito: adesso era pronto a diventare un compositore “serio”. Ad agevolare questa nuova impresa trovò la Ricordi che gli offrì un contratto per tre dischi di pura sonorizzazione, nei quali essere libero di spaziare mettendo su spartito, e poi su album, le proprie idee legate alla musica contemporanea.
I dischi escono nel biennio 1977-78 e si intitolano “Franco Battiato” (1977), “Juke Box” (1978, concepito come colonna sonora di un documentario su Filippo Brunelleschi poi rifiutata dalla Rai) e “L'Egitto Prima Delle Sabbie” (1978). Tre dischi con altrettante copertine bianche che riportano litografie realizzate dal pianista di fama Antonio Ballista. È proprio quello del pianoforte il suono-cardine sul quale sono improntati questi album, spesso definiti da Battiato fra i momenti tra i più interessanti della sua carriera.
Per esplorarli al meglio viene in aiuto un libro a cura del pianista, compositore e musicologo Carlo Boccadoro: “Cafè-Table-Musik”, appena pubblicato da La Nave di Teseo. Il volume si focalizza su una descrizione del periodo più ostico nella carriera di Battiato in maniera tanto precisa quanto fruttuosa. Si capisce quanto Boccadoro sia innamorato di questa fase così peculiare e abbia voglia di comunicarlo al fine di aprire uno scrigno di segreti del quale Franco parlava poco e di controvoglia, come tutto quello che oramai era stato fissato su disco e quindi apparteneva al passato.
“Cafè-Table-Musik” parte da “Clic”, affronta “M.lle le «Gladiator»” e poi si immerge nel dettaglio della trilogia Ricordi; Boccadoro è riuscito a mettere mano su alcuni spartiti di questi dischi che si credevano perduti il cui ritrovamento ne ha permesso una disamina certosina.
Composizioni di grande purezza come “Zâ” o “Sud Afternoon” sono basate su lunghissimi minuti con solo un accordo di pianoforte reiterato fino allo sfinimento. Queste composizioni (che richiedono all'ascoltatore un impegno costante) attuano una sorta di ricerca al microscopio tra le particelle della musica per portare a galla universi sonori inaudibili durante un ascolto “normale”. Un autentico tour de force come “Telegrafi”, affidato al solo violino di Giusto Pio, fu definito “straziante” dallo stesso Battiato. Provate però a leggere la disamina di Boccadoro e poi ascoltarlo, capirete che dietro l'apparente tedio c'è un mondo di particolari da scoprire.
Una delle punte di diamante di questo percorso battiatesco all'interno della musica contemporanea è il collage di “Cafè-Table-Musik”, con reminiscenze d'infanzia, profumi di Sicilia e il suo languore melodico (grazie a tre toccanti interludi pianistici). Un’altra è “L'Egitto Prima delle Sabbie”, un quarto d'ora di iridescenti armonici di pianoforte che, come diceva l’autore, purificano l'ambiente e agevolano il raccoglimento nelle sedute di meditazione. Insomma, per chi vuole penetrare una delle mille anime di Battiato l'ascolto e lo studio dei tre album Ricordi è essenziale, meglio se preceduto dalla lettura del libro di Boccadoro.